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Sanità | 29 gennaio 2017, 09:25

Recuperi impossibili? Un’alternativa per non perdere denti anche molto “distrutti”

Nelle foto potete vedere un esempio di un caso di questo tipo che ho trattato e risolto con questa tecnica…

Recuperi impossibili? Un’alternativa per non perdere denti anche molto “distrutti”

Cari lettori di Savona News, sto scrivendo questo articolo durante il viaggio di ritorno dal congresso annuale dell’A.I.O.M., cioè l’Accademia Italiana di Odontoiatria Microscopica, di cui mi onoro essere socio attivo.

Tra le numerose relazioni di oggi ce ne è stata una per me particolarmente interessante in quanto, un collega molto in gamba, trattava di una tecnica particolare che anche io utilizzo da tempo e che, talvolta, consente di recuperare denti che sembrerebbero del tutto perduti.

Parliamo di denti che hanno perso tutta la porzione coronale (cioè quella che “spunta fuori” dalla gengiva) ma che hanno ancora una radice abbastanza robusta.

In questi casi una strada per salvarli potrebbe essere quella di farli “uscire un po’ dalla gengiva” usando un apparecchio ortodontico (quelli per “raddrizzare i denti storti”), ma ciò richiede parecchio tempo, diverse sedute e qualche disagio per il paziente. L’alternativa potrebbe essere quella di togliere il dente e rimpiazzarlo con un impianto o con un ponte, ma anche questo richiede tempo ed ha un certo costo. Non tutti i pazienti sono disposti ad affrontare questo tipo di percorso…

A questo punto, se il paziente è d’accordo, si può fare un tentativo diverso: il “salvataggio” consiste nell’estrarre il dente, ma solo “un pochino” (2 - 4 millimetri), cioè quel tanto che basta per poterlo curare e ricostruire in maniera affidabile. Dopo un prima fase di una settimana, in cui lo si “lega” a un dente vicino per “tenerlo al suo posto”, il dente inizia a recuperare la sua stabilità, ma nella nuova posizione. Dopo altre 2 settimane si può iniziare a curarlo e dopo un altro mese si possono completare le cure (quindi molto più velocemente di quanto si potrebbe fare estraendolo completamente per inserire un impianto).

Questo tipo di cura risulta anche più economico, sia in termini di spesa che di biologia e consente di utilizzare denti che erano dati per “persi”, anche per diversi anni, ritardando la necessità di interventi più complessi.

Quali rischi si corrono? Nessuno in particolare, il peggio che potrebbe succedere è che, durante la procedura, quella radice si rompa e si sia costretti ad estrarre il dente ma, dal momento che senza questo tipo di approccio, quell’elemento viene considerato “non recuperabile”… rischiamo solo di dover fare ciò che la gran parte dei dentisti farebbe fin da subito! Se però l’”estrazione parziale” riesce ci troviamo nella condizione di offrire una seconda chance a quel dente… e, a mio modo di vedere, salvare il più a lungo possibile i denti naturali dei pazienti è la “vera missione” di un bravo dentista.

Il mio consiglio quindi è: prima di farvi togliere un dente, anche se molto compromesso, chiedete al vostro dentista di valutare anche questa alternativa.

Nelle foto potete vedere un esempio di un caso di questo tipo che ho trattato e risolto con questa tecnica… Buona domenica a tutti!

Attilio Venerucci

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