Venerdì 18 novembre presso la Libreria Feltrinelli a Savona Leonardo Palmisano, introdotto dalla professoressa Claudia Palone, ha presentato il suo ultimo libro -"Inchiesta Ghetto Italia", scritto a quattro mani con Ivan Sagnet, recentemente insignito dal presidente Mattarella del riconoscimento di cavaliere della Repubblica. Palmisano, sociologo, scrittore e docente universitario, accompagnato nella mattinata a Savona dagli amici di Find the cure, è collaboratore di Amnesty international, attivo nella Flai Cgil pugliese per la salvaguardia dei diritti dei braccianti, da anni si batte per il rispetto dei diritti umani.
Lo scrittore, che in mattinata ha incontrato un centinaio di alunni dell’Istituto Mazzini Da Vinci con i loro docenti e quelli del Cpia (centro provinciale istruzione per adulti), nel pomeriggio ha svelato alla cittadinanza temi forse ancora troppo poco conosciuti perché volutamente taciuti dai media: il caporalato, le connivenze con la politica e gli enti locali, il giro di affari delle grandi aziende e delle multinazionali che moltiplicano i loro introiti sulla pelle di chi è costretto, per necessità e disperazione, ad accettare condizioni di lavoro e di vita al limite della sopravvivenza, in una parola i ghetti presenti in quasi tutte le nostre regioni, dove migliaia di braccianti, sia italiani che stranieri, vengono sfruttati e schiavizzati.
E non risparmia dure critiche nemmeno alla terra di Liguria l’autore di questa coraggiosa inchiesta a causa della quale ha ricevuto, recentemente, minacce ed intimidazioni. La raccolta di agrumi, pomodori, mele, uva, insalata, olive; il duro lavoro delle schiene chine sotto il sole cocente o sotto il vento sferzante, non risparmia nessun angolo del nostro bel paese: da nord a sud in un crocevia di malaffare organizzato in cui rientrano voci quali prostituzione, affitti in nero, traffici di essere umani, sparizione di minori, spaccio di medicinali antidolorifici per alleviare le fatiche da superlavoro…un girone infernale? No, sono le nostre campagne che nulla più produrrebbero se non ci fosse chi accetta paghe dell’ordine di dodici euro al giorno, senza garanzie previdenziali, senza contratto, senza nessuna ombra di tutela sindacale. La visita a Savona di Leonardo Palmisano, fortemente voluta dalla FLC CGIL e dalle associazioni che fanno capo al gruppo Scuola e Laicità, non è la prima: già in altre occasioni l’autore ha portato il suo contributo di esperienze e progetti grazie al supporto locale di Mario Lugaro, Gianni Cazzola, Giovanna Zunino, Carla Zanasi, Franco Becchino.
Il pubblico attento a dati, numeri, stime e ad un resoconto che poco concede al lirismo e molto al tragico, ha posto diverse domande, una fra tutte: ma noi, nel nostro piccolo, possiamo fare qualcosa? Certo! Pretendere di conoscere la filiera di ogni prodotto, non solo a partire dalla lavorazione bensì dalla raccolta; pretendere elenchi di aziende virtuose, in regola con i contratti, senza abuso di voucher o altri sotterfugi; formare dei GAS per tornare a vedere in faccia chi semina e raccoglie; riappropriarci dei frutti della nostra terra, che non siano frutti di sangue amaro e sudore di schiavi ma il risultato di scelte responsabili, condivise, dalle amministrazioni comunali in primis, supportate dall’associazionismo, diffuse come buona pratica.
La strada è lunga e tortuosa ma non si può temporeggiare oltre visto che le stime del Global Slavery Index ci vedono al secondo posto in Europa per riduzione in condizioni di schiavitù dei braccianti, subito dopo la Polonia, ed al 49° nella classifica mondiale. Gli articoli 1 e 4 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, sottoscritta anche dall’Italia, vengono puntualmente e drammaticamente traditi.
Lasciamo Palmisano, alla fine dell’incontro, con un non so che di amaro in bocca, sarà per via di quei pomodori raccolti 60 centesimi a cassone… ma lui è tenace, convinto, determinato e non teme né minacce né sconfitte. Questo ci fa ben sperare, e mentre aspettiamo l’uscita del suo prossimo libro-inchiesta, ci immergiamo nei meandri delle pagine di Ghetto Italia, sono un pugno nello stomaco, certo, ma ora non abbiamo più scuse per torcere gli occhi da questi slums che sanno difango e terra, di sporco e plastica, di disperazione e speranza.