Al Direttore - 05 agosto 2016, 15:15

Savona, la tragedia del bunker sul Letimbro: il ricordo di Roberto Nicolick

23 gennaio 1973

 

Brescia e Venezia sono due grandi città del nord ma sono anche i soprannomi dei protagonisti di questa tragedia. Giovanni Franzoni di 44 anni, detto il Brescia dal nome della sua città natale e Giuseppe Cervo di 61 anni, detto Venezia, ma originario di Posina, Vicenza, ufficialmente entrambi sono senza tetto, però da tempo Cervo aveva trovato una precaria abitazione a Savona, in un vecchio bunker dismesso, che si trovava sul greto del torrente Letimbro.

Una sistemazione di fortuna, molto di fortuna, il bunker era sul lato destro del greto, lungo Corso ricci, e si accedeva tramite una passerella malferma di legno in un locale di 5 metri per 3, un vero loculo, con una stufetta a legna, che impediva di gelare d'inverno, c'era anche un tavolo e delle sedie.

Franzoni e Cervo, erano entrambi separati dalle rispettive famiglie e si arrangiavano facendo la raccolta del ferro, dei cartoni e degli stracci, usando per il trasporto un carretto che trainavano per la città.

Si trattava di personaggi solitari, usi a frequentare osterie e a bere vino o birra per trascorrere la serata, Franzoni era già stato internato in un Ospedale Psichiatrico, aveva in passato ricevuto delle denunce per maltrattamenti alla moglie e per aver aggredito sessualmente addirittura la suocera inoltre era stato sorpreso a dirigere il traffico veicolare nel centro di Savona. Cervo faceva lo straccivendolo e non aveva mai dato segni di stravaganza.

I due la sera del 19 gennaio, stanno insieme in una osteria a bere, dalle 21,30 sino alle 23 circa, poi escono e si avviano verso Corso Ricci.

Franzoni che viaggiava in ciclomotore, al momento non dispone di un posto dove dormire e chiede ospitalità a Cervo che gliela concede. Una volta in casa tra i due nasce una violenta lite, generata pare da avance sessuali di uno dei due verso l'altro, Cervo sferra un pugno in un occhio a Franzoni, che colto di sorpresa esce dal bunker seminudo in cerca di aiuto.

Sono le 4 del mattino, fa freddo a Savona quella notte e Franzoni non avendo una meta, a malincuore, riscende nel bunker dove ricomincia a litigare con Cervo.

I due passano ancora a vie di fatto, secondo il racconto di Franzoni, Cervo afferra una vecchia baionetta usata da lui per affettare il pane e tenta di colpire il Franzoni, il quale lottando lo disarma e con quella colpisce ripetutamente Cervo alla testa, all'addome e allo stomaco per una decina di volte.

Mentre la vittima dei fendenti rantolante, cade a terra fra il tavolo e la parete, Franzoni svuotato da ogni energia si getta sul letto e cade in un profondo sonno. Nel frattempo il ferito perde conoscenza e muore dissanguato verso le 6,30. Quando Franzoni si sveglia nota la vittima immobile oramai priva di vita, esce , entra in un bar chiedendo consiglio al barista che gli indica la vicina caserma dei carabinieri.

Ma Franzoni decide invece di andare dalla Polizia, alle 8 entra nel cortile della Questura e si consegna agli agenti, affermando di aver ucciso un uomo, sul momento i poliziotti non gli credono, poi notano alcune chiazze di di sangue sul suo pullover e si fanno condurre sul luogo dell'omicidio. La scena del crimine è devastata dalla lotta tra i due, una sedia è sfasciata, il letto e il pavimento sono sporchi di sangue e il corpo della vittima giace tra il tavolo e il muro. Si tratta di un delitto maturato in un ambiente particolare , privo di stabilità, di valori e basato sulla provvisorietà. Ora la topomomastica della città di Savona è cambiata, il bunker dove avvenne l'omicidio e semper al suo posto, accanto ad un ingresso al centro commerciale Il Gabbiano, ma è semi sommerso dal terriccio e dai detriti portati dalle piene del torrente, si vede solo una feritoia e accanto ad esso sembra di essere nella giungla tanto la vegetazione ha dilagato.

                                                                                Roberto Nicolick