Le campagne elettorali sempre più striminzite e tirate, il partito dell'astensionismo che si infoltisce, la fatica sempre più pressante per trovare candidati qualificati. La politica locale soffre di tutti i mali di quella nazionale, riflettendone il disorientamento. A un passo dalle amministrative, il centrodestra deve ancora ufficializzare su Savona. Toti e Rixi decidono da via Fieschi. I 5 Stelle sono partiti un po' tardi, mentre con Diaspro avrebbero potuto capitalizzare già da tempo anni di battaglie, di studio certosino delle pratiche e sfruttare meglio l'onda del grillismo, antagonista diretto del Pd.
I renziani portano a casa il risultato delle primarie - ovvero i numeri, prima ancora della benedizione sulla Battaglia. Portare alla consultazione 3000 cittadini e passa è un fatto evidente, che riecheggia a Roma tramite la Pinotti e che premia la linea organica della segreteria provinciale. Di Tullio ha dimostrato che in certe roccaforti il sindacalismo storico ha ancora qualcosa da dire, nonostante il silenziatore impostato sulla Camusso proprio dalla leadership egemonica del centrosinistra. O almeno ci ha provato.
Tutti guardano alle scorse regionali per scrutare modelli, similitudini e - per leghisti-forzisti - ispirazioni. Ma è una cabala inapplicabile in salsa savonese. La lotta all'establishment è materia per le forze che sono fuori dalle poltrone: comitati, associazioni, spontaneismi. Fino a ieri erano forze organizzate ma oggi, dopo i successi della linea no carbone, si sono un po' appannate.
Come al solito latitano i temi e gli spunti programmatici. Manca la vis polemica, e non per senso del gioco leale: per inerzia. Proprio a ridosso della tornata elettorale l'assenza di opposizione, quella che affila le unghie tra le carte, è clamorosa. Ci sono due mesi per rifarsi. Per compattare le basi stanche e disgustate non bastano i diktat dei maggiorenti, le paellate, gli slogan o i santini. Qualche dibattito in più, magari vecchio stile, sarebbe gradito.