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Attualità | 25 marzo 2016, 13:00

Quota 1600 firme contro la Margonara: le riflessioni del geologo Giampietro Filippi sulla costa rocciosa

La raccolta firme cartacea continua a Savona nelle attività che hanno aderito l’iniziativa

Quota 1600 firme contro la Margonara: le riflessioni del geologo Giampietro Filippi sulla costa rocciosa

Quota 1600 firme cartacee e 1.278 adesioni on line nella petizione su Change.org. Sono questi i numeri della raccolta firme contro la realizzazione del porto della Margonara, alla luce della sentenza del Consiglio di Stato che, accogliendo il ricorso di Giovanni Gambardella ha stabilito che l’iter procedurale dovesse essere ripreso dalla Conferenza dei Servizi del 2010. Giovanni Gambardella, il rappresentante legale della “Porticciolo di Savona e Albissola Marina srl”, la società che si era aggiudicata il bando pubblico dell’Autorità Portuale del giugno 1998 per l’elaborazione del progetto preliminare, aveva presentato ricorso dopo che il progetto della Margonara era stato bocciato dalla Regione nel 2011 e, nelle ultime conferenze dei servizi, ha manifestato la ferma volontà di andare avanti con il progetto.

La raccolta firme cartacea continua a Savona nelle attività che hanno aderito l’iniziativa: si potrà dare il proprio contributo presso la Libreria Ubik in Corso Italia, nella Tabaccheria Bertone in Piazza della Consolazione (quartiere Santa Rita), nel negozio di verdura Rinaldo e Adriana in via San Francesco (quartiere Villetta) e nella Tabaccheria in cima a ViaTurati (Valloria). Ad Albisola Superiore si potrà firmare presso la Boutique del pane via XXV aprile (enoteca Berta) e nella Panetteria Garbarini davanti al cinema Don Natale Leone. A lanciare l'iniziativa sono stati i gruppi FB "Salviamo la Madonnetta", "Margonara Forever", "Gruppo Mamme Margonara" e "Bagni S. Cristoforo".

 

Intanto giunge in redazione la riflessione di Giampietro Filippi, geologo, sulla falesia della Margonara:

Nel Quaternario, l’ultima e più recente era della storia geologica della Terra, si ebbero quattro grandi glaciazioni, denominate Gunz, Mindel, Riss e Wurm; nel corso di esse le calotte e le lingue glaciali si estesero moltissimo sul continente europeo. Esse furono intervallate da periodi, detti “interglaciali”, con attenuazione del clima, fusione dei ghiacci, innalzamento del livello del mare che si spinse all’interno del continente, esercitando sulle coste, soprattutto quelle rocciose, “a falesia”, un’intensa azione abrasiva. Al sopravvenire della glaciazione successiva i mari si ritirarono nuovamente: questo avanzare e regredire della linea di costa prende il nome di “trasgressione”. Tra la glaciazione Riss e la glaciazione Wurm, nel corso di  un interglaciale compreso tra circa 100.000  e 80.000 anni fa, si verificò nel Mediterraneo una trasgressione che prende il nome di “trasgressione tirreniana” e che fu particolarmente efficace nelle zone della Liguria, con innalzamento del livello del mare fino a circa 20 m rispetto ai livelli attuali. L’assalto alla costa da parte dell’ondazione marina, si manifestò con progressiva demolizione e crollo della banda di continente ad essa esposta e lasciò tracce evidenti soprattutto in corrispondenza di coste rocciose: le falesie del Malpasso e di Capo Noli ne sono un esempio evidente, con sequenze di piani di abrasione a quote diverse, indicanti fronti in arretramento della parete.

Tuttavia il fenomeno di arretramento della costa non fu sempre omogeneo e lineare: capitò spesso che l’ondazione marina incontrasse ostacoli, costituiti da nuclei rocciosi più resistenti, che l’abrasione non riusciva a demolire: restarono così in evidenza torrioni, pinnacoli, monoliti rocciosi che emergono oggi dalla superficie marina, mentre lateralmente o oltre ad essi, il mare continua nella sua azione di demolizione ed arretramento delle costa. Si hanno cioè i “faraglioni”: Sono i testimoni di una lunga storia della costa, fossili di roccia che ci dicono di una situazione passata che fa parte della memoria del pianeta e che costituisce un prezioso e mirabile indizio dell’evoluzione dei rapporti mare/continente, sempre in mutamento. A tutti sono noti i faraglioni di Capri: così preziosi per la bellezza dell’arcipelago, così necessari di tutela e di preservazione da opere umane che ne nascondano e mortifichino in tutto o in parte il loro svettare da un fondale antico, erigendosi a ricordo di un contesto morfologico che oggi non è più. Anche la costa che va dalla Torretta, a Savona, fino all’abitato di Albissola Marina è rappresentata da un’antica falesia contro la quale ha lavorato l’ondazione marina, in epoche successive, fino alla trasgressione tirreniana. Al di là delle modificazioni effettuate dall’uomo in tempi storici, appare evidente ad esempio dal tratto tra le ex funivie e la galleria di Valloria: E ancor più evidente appare nel tratto successivo laddove un faraglione testimonia con chiarezza di un antico e diverso andamento della linea di costa, con la porzione emersa che si spingeva più a sud. Il mare l’ha progressivamente demolita ad ha fatto arretrare la falesia, ma una traccia della passata morfologia dei luoghi è rimasta ed è quel nucleo roccioso ed aguzzo che sorge dall’acqua: lo scoglio della Madonnetta. Vien da pensare cosa succederebbe a Capri se qualcuno, imprenditore senza scrupoli né cultura, con l’appoggio di amministrazioni compiacenti, si proponesse di inglobare in una qualche struttura i faraglioni; certamente ci sarebbe una sollevazione generale. Alla Margonara siamo in una situazione del tutto identica, con un faraglione la cui valenza si spinge nel passato geologico e geomorfologico del nostro territorio e che è un bene di cui aver cura come si ha cura di un monumento antico. Eppure un’imprenditoria arrogante ed istituzione acquiescenti ne rischiano la mortificazione inglobandolo di fatto in una struttura che gli è estranea e che cancella in gran parte le tracce della sua origine.

Redazione

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