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Attualità | 25 novembre 2014, 09:15

Donne vittima di violenza: al San Paolo di Savona un punto di aiuto

Dott.ssa Marina Castelli:"La maggior parte degli accessi al Pronto Soccorso è costituito da italiane, l'84%, contro un 16% di straniere e con un'età media tra i 16 ed i 45 anni"

Donne vittima di violenza: al San Paolo di Savona un punto di aiuto

La maggior parte delle donne vittime di violenza viene al Pronto Soccorso non con l’idea di chiedere aiuto, ma solo per farsi medicare, dichiarando che le lesioni sono procurate da un fatto accidentale, da una caduta dalle scale, ad esempio”. A prendere la parola, come relatrice, al convegno organizzato ieri da Telefono Donna in occasione della Settimana Mondiale contro la violenza sulle donne è stata Marina Castelli, dottore del Pronto Soccorso del San Paolo.

Nel corso dell’evento alla Sala Sibilla il medico ha spiegato infatti come questo, spesso, sia il primo contatto che la donna, vittima di maltrattamenti, ha con un operatore. “Spesso sono intimorite, non sono sole, sono accompagnate da un’altra persona che parla e racconta al posto loro. Sta alla nostra sensibilità capire e cercare di aiutare”.

La maggior parte delle donne vittime di violenza ha un’età media, compresa tra i 16 ed i 45 anni, di cui il 79% tra i 30 ed i 45 anni. Il numero diminuisce con l’avanzare dell’età, ma non si azzera, così come capita anche di confrontarsi con casi di bambine maltrattati.

Non esiste un ritratto tipo di donna-vittima, ha spiegato la dott.ssa Castelli, nell’immaginario collettivo si pensa spesso si tratti di una straniera, senza istruzione, ma la maggior parte degli accessi al Pronto Soccorso per questo tipo di intervento sono italiane, l’84%, contro un 16% di straniere. Forse le connazionali conoscono meglio a chi rivolgersi, ma spesso si tratta di persone con un alto livello di istruzione”.

Nella maggior parte dei casi, il 69%, la donna viene curata per contusioni ed escoriazioni giudicabili guaribili in 10 giorni,nel 15% tra i dieci ed i 19 giorni, ma un 2% hanno una prognosi superiore ai 30%.  In questo caso hanno riportato ferite di grave entità, tra cui fratture e di arma bianca, quali coltello, oppure di pistola.

Ma perché le vittime non lasciano il loro aguzzino?”. E’ questa la domanda che la dott.ssa Castelli ha rivolto al pubblico. “Nella maggior parte dei casi hanno paura, di problemi economici, per i figli, spesso ci sono situazioni estremamente complesse alle spalle”.

Cinzia Gatti

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