"Non c’è più dialogo, ora tutti i ragazzi si fidanzano su Facebook e si lasciano su Whatsapp.Prima il rapporto era basato sugli sguardi, oggi chiedi un’amicizia e poi conosci una persona, prima invece conoscevi una persona e poi magari le chiedevi l’amicizia." Una citazione del noto comico Alessandro Siani (tutti lo ricordiamo nei film “Benvenuti al Sud” e “Benvenuti al Nord”) che ci spinge ad una riflessione un po’ più ampia su quello che sono i rapporti umani e di come questi sono influenzati dalla tecnologia in tutta Italia, ed anche nel nostro ponente ligure.
Ed è proprio la nostra realtà che abbiamo voluto analizzare, questa volta senza partire da dati statistici o valutazioni sociologiche derivanti da studi accademici particolari, ma dalla semplice osservazione di ciò che ci circonda e ponendo alcune domande a ragazzi, genitori, insegnanti e titolari di bar, pub, ristoranti in particolare di Albenga, che ogni giorno vivono ed osservano questa realtà.
Ormai è “cosa di tutti i giorni”, infatti, uscire e trovarsi di fronte a questa scena: un gruppo di giovani, magari intorno al tavolino del locale nel quale si sono dati appuntamento che non parlano, o meglio, non parlano tra loro, ma con la testa china sui loro smartphone chattano con altri.
Ed allora se il noto cantante Gino Paoli si fosse trovato oggi a scrivere una delle sue più note canzoni avrebbe scritto "Eravamo 4 amici al bar, uno sta su facebook, uno gioca a candy crash, uno chatta su whatsup e l'altro fa foto a se stesso (selfi) e al cibo" proprio la veridicità di questa battuta ci ha spinto a fare alcune domande alle persone e, le testimonianze raccolte, hanno evidenziato come questo “fenomeno” sia ormai dilagante.
“Ho notato un vero e proprio cambiamento nelle abitudini specie dei giovani. Una volta i ragazzi venivano qui, ordinavano qualcosa da bere e chiacchieravano tra di loro. Risate e rumore riempivano il locale, ma oggi spesso non è così e non è raro vedere persone che passano gran parte della loro serata in silenzio, a guardare il loro telefono.” Altri addirittura affermano “Una volta da questa parte del bancone non ho potuto fare a meno di notare una coppia, un ragazzo e una ragazza, arrivati mano per la mano, presumibilmente fidanzati, si sono seduti al tavolo, hanno ordinato e pochi secondi dopo sia lei che lui erano avevano tra le mani lo smartphone. Beh … non si sono più rivolti la parola in pratica fino a quando non si sono alzati”.
Secondo altri, naturalmente, il “problema” è più contenuto ed affermano “il dialogo, qui da noi, non si può dire essere completamente finito, tutto sommato le persone chiacchierano ancora tra loro, forse più qui che nelle grandi città, anche se effettivamente, durante la serata, non si può negare che l’occhio cade diverse volte sul telefono.”
Ed i giovani posti di fronte a questa domanda cosa ci dicono? Beh in molti ammettono di essere i primi ad utilizzare il telefono cellulare continuamente o di avere amici che lo fanno. Le applicazioni più utilizzate sembrano essere Facebook (che supera ancora Tweeter) e Whatsup (che supera tutte le altra up di messaggistica on line) e le “giustificazioni” che in molti adducono sono “uso così tanto il telefono e internet per sentire amici lontani” od ancora “è gratis e comodo, per questo mando messaggini e condivido attraverso i post su Facebook molte cose” ma tra coloro, e sono pochi, che limitano l’uso di tale strumento, si percepisce chiaramente il fastidio nell’uscire, magari con l’amica o con l’amico che passa tutto il suo tempo a guardare il telefonino.
Questa la piccola analisi fatta su un campione di cittadini ingauni e, come precisato, senza voler parlare di studi statistici o sociologici, o dei possibili risvolti che l’uso eccessivo della tecnologia può apportare ed in parte ha già apportato alla nostra società, a partire dall’utilizzo del linguaggio fino ad arrivare ai rapporti interpersonali, una domanda appare opportuno porsela : è sempre così indispensabile rimanere “on line”? magari, qualche volta, si potrebbe attraversare la strada e citofonare all’amico e chiedergli di fare due chiacchiere invece che “whatsupparlo”? non si rischia, proseguendo in questa strada di incorrere in una vera e propria dipendenza?
YouGov un ente di ricerca britannico, in effetti, ha già iniziato a parlare di quella che è stata riconosciuta essere una vera e propria sindrome la “nomofobia”, dall’inglese “no-mobile-phone phobia”che genera un vero e proprio stato si ansia e agitazione in chi ne è “affetto” e che rimane anche per poche ore senza telefono perché magari lo perdono, si scarica la batteria o non c’è rete per potersi connettere a internet, telefonare o mandare messaggi.
E forse, senza saperlo, forse già molti di noi ne soffrono, infatti non è forse vero che molti di noi ormai non si spostano senza telefono o che provano un vero e proprio stato di ansia quando lo dimenticano o non prende o che magari, qualche volta, si è scelto di non frequentare più un locale perché magari “là il telefono non ha connessione”?