E' in carica da meno di una settimana, Alessandro Parisi, il nuovo comandante dei Carabinieri di Savona, ma si sente già profondamente savonese. "Io mi sento sempre cittadino del posto dove lavoro - racconta - e desidero essere il più possibile inserito nel tessuto sociale della città che mi ospita. Sarò savonese fino all'ultimo giorno, fino a quando non sarò chiamato a sentirmi parte di un'altra comunità".
Sposato, due figli e tre lauree (Giurisprudenza, Scienze Politiche e Scienze della Sicurezza Interna ed Esterna), ha 44 anni ed è originario di Messina. Ma non ditegli che è giovane per fare il Comandante: "Non si dice mai che un comandante dei Carabinieri è giovane", replica con un sorriso.
In un incontro informale si presenta alla stampa, Parisi. E lo fa con il piglio di chi è abituato a piazze più calde. Chiede e offre rispetto, e mette paletti. "Non chiamatela più microcriminalità - chiede ai giornalisti presenti - non è rispettoso verso le vittime. Un crimine 'micro' è meno importante di un crimine 'normale'? Andate a dirlo alla signora Maria, a cui hanno rubato 'solo' 100 euro, ma erano gli ultimi che aveva per arrivare a fine mese. Scrivete che il suo dramma è un dramma 'micro'... oppure parlate con chi ha avuto i ladri in casa, ma non hanno portato via nulla. Spiegate loro che la terribile sensazione che provano, che il loro santuario domestico sia stato irrimediabilmente violato, è solo un 'micro' reato". Ci vuole rispetto per le vittime di ogni reato, dice Parisi, che preferisce usare il termine "criminalità diffusa". Un approccio cordiale ma deciso, a tratti anche duro, quello con i media. A cui chiede collaborazione: "Perchè l'informazione è indispensabile ai cittadini, ma va fatta in modo responsabile".
Una vita nell'Arma, quella del neocomandante. Entrato a 18 anni come allievo sottufficiale, inizia la propria carriera come vicebrigadiere: viaggia tra Calabria, Accademia Militare, Benevento e Barletta, dove ottiene il suo primo importante successo, sgominando la prima associazione a delinquere di stampo mafioso a nord di Bari. Poi tappa a Novara per arrivare quindi al Comando Investigativo di Monreale, nel cuore della mafia, dove combatte due anni tra Corleone e Termini Imerese (era lui a firmare il parere positivo per il 41bis di Totò Riina).
Quindi il trasferimento a Firenze, dove consegue un altro risultato prestigioso, riuscendo a risolvere tutti gli omicidi avvenuti negli anni della sua permanenza e a lui affidati. Una vita di giudiziaria, che prima di portarlo a Savona gli consegna il successo più recente: all'interno di una task force internazionale lavora al fianco delle forze investigative di Francia, Olanda, Svizzera e Albania sgominando un giro di prostituzione e di traffico di stupefacenti che coinvolge mezza Europa.
Ora la nuova avventura. La priorità sarà ambientarsi, conoscere il territorio, dice. E dall'alto dei suoi trascorsi con la mafia si dice convinto che nel savonese non possa essere troppo forte: "L'imperiese è una porta sulla Francia, Genova un portone sul mondo. Logico che alla mafia interessino. Quando hai il controllo di Genova e Imperia, del savonese tutto sommato ti importa poco".
In ogni caso massima attenzione alle infiltrazioni, promette. Con la speranza di proseguire con i successi: "In questi anni ho vissuto gioie e dolori professionali - racconta - ma i dolori pian piano si dimenticano, mentre le gioie rimangono".