"Che proprio il giorno in cui si mette in atto la macelleria sociale in Ferrania, con il licenziamento di 198 lavoratori, l’azienda accusi le istituzioni di inadempienza, ricorrendo alla giustizia amministrativa per avere giustizia dei danni subiti, è una questione di decenza. E’ veramente troppo !!". Con queste parole inizia la veemente accusa di Pino Congiu, segretario generale della Uiltec, contro i vertici Ferrania e le istituzioni.
Prosegue: "Vogliamo ricordare, anche oggi, che il 1° Luglio 2005, ancora prima di fare il protocollo d’intesa con tutti i soggetti sottoscrittori e il rogito notarile, gli acquirenti di Ferrania ( Fitra ) hanno preteso la sottoscrizione di un accordo in cui i lavoratori hanno dovuto accettare la modifica del loro inquadramento professionale, subendo una riduzione della retribuzione variabilmente dal 5 al 30% a secondo se si trattava di operai, impiegati o quadri. Tutto questo è stato preteso dalla cordata aggiudicatrice per mantenere l’impegno per tutto il personale di Ferrania Tecnologies, in forza in quel momento, anziché 450 lavoratori come scritto nel rogito dal notaio Firpo, oltre alle favorevoli condizioni del prezzo di acquisto della società, determinato dall’impegno degli acquirenti di dare prospettiva occupazionale a tutti i lavoratori".
Impegni disattesi, secondo il sindacalista: "Oggi 1° Giugno 2013 riscontriamo la reindustrializzazione del sito per neanche 150 e l’avvio della mobilità per 200 lavoratori della grande storica fabbrica . Con questo ultimo atto si manifesta, in modo eclatante, Il risultato fallimentare, dell’azienda e delle Istituzioni, nel rilancio del sito di Ferrania e la conferma, speriamo solo per ora, della incapacità complessiva di rilancio industriale della Valle Bormida. La realtà, ancora oggi, è che alla chiusura delle grandi società industriali, Acna, Agrimont e Ferrania, che hanno segnato l’importanza di Savona nella chimica Italiana per la presenza di primarie società, quali Montedison , Eni o 3M Ferrania e un ruolo nella chimica mondiale, ha corrisposto una logica di abbandono. Il ruolo dell’industria che ha dato occupazione, economia e sviluppo per intere generazioni negli oltre 100 anni della storia della nostra Provincia, non è stato sostituito da nessun altro settore. Le istituzioni hanno tentato di elaborare strategie alternative, considerando il settore industriale come fatto residuale e la scarsa propensione aI rischio dell’imprenditoria locale, che si è sostituita, ha privilegiato la speculazione. La risultante è nei 28000 disoccupati a cui si aggiungono i 198 lavoratori provenienti da Ferrania e, particolarmente, nella profonda sfiducia, non solo dei giovani, sulle prospettive di ripresa".
"La Uil di Savona mai come in questo momento sente forte il bisogno di richiamare tutte le forze politiche, economiche e sociali del territorio ad un unico intento - è l'appello di Congiu - alla situazione economica ed occupazionale a cui siamo arrivati, dopo anni di deindustrializzazione e, particolarmente, a seguito delle decisioni di chiusura di molte aziende per cessata attività nel 2012. Da troppi anni assistiamo al trasferimento coatto, in altre parti del mondo, di giovani laureati e diplomati e al costante invecchiamento della popolazione residente, che ormai è divenuta l’ultima deterrenza indotte dalle proprie pensioni,alla crisi economica e sociale. Non vi è, ormai, una zona della nostra provincia che sia esente da questa realtà. Alla crisi da deindustrializzazione della Valbormida e al post-industriale di Savona, è seguito la profonda perdita dell’occupazione nel vadese e nel levante, fino ad includere nel vortice della crisi anche il porto. Siamo arrivati ad un passo dal baratro e le aspettative riposte nel turismo faticano a mantenere una situazione accettabile nelle località note storicamente, anche nel ponente".
"Dunque, è necessario, impellente, non più procrastinabile, un’azione corale nella quale ognuno faccia fino in fondo la sua parte per il rilancio dell’industria. Noi siamo pronti e disponibili ad un confronto a 360 gradi a partire da un’ intesa quadro con la controparte naturale che è l’unione industriale sull’insieme delle questioni aperte", conclude Congiu.