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Eventi | 12 febbraio 2013, 11:43

"Pillole di Cinema Ungherese" all'auditorium San Carlo di Albenga

"Pillole di Cinema Ungherese" all'auditorium San Carlo di Albenga

In occasione dell' Anno Culturale Italo-Ungherese, indetto dai Ministeri della Cultura Italiano e Ungherese, l'Associazione Culturale Liguria-Ungheria , in collaborazione con la Fondazione Gian Maria Oddi, dedicherà una serata al Cinema Ungherese.

"Pillole di Cinema Ungherese" è il titolo della conversazione che il prof. Erminio Raiteri terrà venerdì 15 febbraio alle ore 17 presso l'auditorium San Carlo di Albenga.

Trama e recensione

Germania, Anni ’30. Hendrick Höfgen è un attore di grande talento che lavora in un teatro di Amburgo, ma sogna di farsi conoscere in tutta la nazione. Dopo aver sposato Barbara Bruckner, una ragazza di elevata posizione sociale, Höfgen si trasferisce a Berlino, riscuotendo un enorme successo grazie al ruolo di Mefistofele nel “Faust” di Goethe e diventando in breve tempo uno degli artisti di punta del regime nazista.

Presentato al Festival di Cannes del 1981, “Mephisto” è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo pubblicato nel 1936 da Klaus Mann (figlio del celebre scrittore Thomas Mann) ed ispirato alla reale vicenda di suo cognato, l’attore Gustaf Gründgens, noto per aver sfruttato la propria adesione al nazismo a fini professionali. Diretto dall’apprezzato regista magiaro István Szabó (“Bizalom”), che ne ha anche firmato la sceneggiatura insieme a Péter Dobai, e con il magistrale apporto della fotografia dai toni cupi di Lajos Koltai, “Mephisto” ha ottenuto un grande successo in tutto il mondo ed ha ricevuto moltissimi riconoscimenti, incluso il premio Oscar come miglior film straniero (la prima ed unica vittoria per una produzione ungherese). La pellicola, inoltre, ha contribuito all’affermazione del popolare attore austriaco Klaus Maria Brandauer, che negli anni seguenti sarà il protagonista di altri due acclamati film di Szabó, “Il colonnello Redl” (1985) e “La notte dei maghi” (1988).

Ambientato in Germania negli anni dell’ascesa al potere di Hitler e del nazionalsocialismo, “Mephisto” mette in scena la parabola del protagonista Hendrick Höfgen (Brandauer), un ambizioso e dotato attore che, pur di fare carriera nel teatro di regime, si scopre disposto a rinnegare le sue idee di sinistra e a scendere a compromessi con la propria coscienza. La storia raccontata nel film di Szabó diventa così un’agghiacciante metafora dell’ambiguo rapporto fra arte e potere, narrata con uno stile lucido ma capace al tempo stesso di rappresentare con vivida energia i demoni che si agitano nell’animo del personaggio. E non a caso Höfgen, approdato a Berlino in cerca di fortuna, otterrà finalmente la sua tanto agognata consacrazione proprio grazie al ruolo di Mefistofele nel “Faust” di Goethe, che gli varrà l’ammirazione incondizionata del pubblico tedesco e la stima degli alti esponenti del nazismo. Höfgen, che ogni sera sul palcoscenico indossa la maschera bianca e spettrale di Mephisto, per ironia della sorte si trova ad incarnare invece la parte di Faust, che vende l’anima al diavolo in cambio del suo trionfo di artista.

Pur attenendosi fedelmente alla fonte letteraria, Szabó attenua i toni satirici e grotteschi del bellissimo romanzo di Mann, per accentuare invece l’aspetto più drammatico nel percorso umano di Höfgen / Gründgens. Il film è arricchito anche da un’interessante galleria di personaggi secondari, come la moglie di Höfgen, Barbara Bruckner (Krystyna Janda), la fascinosa attrice Nicoletta von Niebuhr (Ildikó Bánsági), la sua focosa amante nera Juliette Martens (Karin Boyd) ed il generale Tábornagy (Rolf Hoppe), un pezzo grosso del regime nel quale è possibile intravedere la figura di Göering; ma a brillare più di tutti è l’istrionico Klaus Maria Brandauer, vero e proprio animale da palcoscenico, che si immerge con vibrante forza espressiva nella parte dell’attore destinato a vestire i panni del demonio. Impressionante la sequenza conclusiva, con Höfgen che corre in una vasta arena deserta inseguito dalle luci accecanti dei riflettori, consapevole ormai delle tenebre senza fine in cui si è sprofondato.

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