Enel torna a minacciare legalmente Greenpeace con una diffida, e annuncia nuove azioni in sede civile e penale. Ancora una volta la multinazionale italiana reagisce alla campagna di informazione di Greenpeace chiedendo di censurarne il sito web. È
l’atteggiamento arrogante di chi non sa rispondere sui contenuti mentre fa profitti utilizzando la fonte più sporca, il carbone, scaricandone i costi ambientali e sanitari sui cittadini.
Motivo della lettera di diffida di Enel è stata la presentazione del cortometraggio “Uno al giorno” (regia di Mimmo Calopresti, con Alessandro Haber, Pino Quartullo, Sandra Ceccarelli, Paolo Briguglia e musiche dei Subsonica), realizzato da Greenpeace per denunciare gli impatti sanitari della produzione elettrica col carbone di Enel. Il cortometraggio evidenzia le “due anime” di Enel: Che produce anche
energia verde, ma fa grandi profitti col carbone, dal quale viene il 41% della sua produzione elettrica in Italia. Dire questo, secondo i vertici di Enel, è calunnia.
Già lo scorso luglio il giudice civile di Roma ha respinto un analogo ricorso di Enel contro il sito di Greenpeace che ha lanciato la campagna nel 2012. Successivamente, con la chiusura del sito (facciamolucesuenel.org) era stato ritirato un secondo ricorso, ma i contenuti essenziali sono sempre stati presenti sul sito di
Greenpeace. Per le brevi, infatti, Greenpeace aveva annunciato che la campagna non era finita. “E questo perché Enel, ‘energia che ti ascolta’, è sorda dinanzi alle nostre denunce, anche quando sono sostenute dal talento di molti artisti”, come dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia: “Non ci sposteremo di un millimetro”, conclude Boraschi.
Enel vuol rimuovere il cortometraggio di Calopresti, perché ritenuto “calunnioso, diffamatorio e lesivo”. Ma i contenuti sono gli stessi del sito del quale era stata chiesta la chiusura a luglio, e che il Tribunale Civile di Roma non aveva invece censurato con motivazioni molto chiare: “il nucleo essenziale della notizia riportata da Greenpeace è conforme a verità…”.
Ricapitoliamo la questione:
1. le emissioni da carbone provocano un impatto sanitario valutabile,
secondo il modello utilizzato dall’Agenzia Ambientale dell’Unione
Europea, in un certo numero di “morti premature”;
2. Greenpeace ha commissionato un rapporto a un istituto indipendente
per valutare l’impatto delle centrali Enel. Il rapporto prima della
pubblicazione è stato presentato a Enel. I risultati sono di oltre 360
casi all’anno sui dati di emissione 2009. Nel frattempo la produzione
da carbone di Enel è aumentata;
3. Enel è il principale produttore di elettricità da carbone in Italia
e vuole costruire altre centrali a carbone. Greenpeace chiede di non
farlo e di prevedere una progressiva riduzione dell’uso di carbone.
“I vertici di Enel, che hanno promosso il nucleare e poi il carbone, andrebbero rimossi”, commenta Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia: “Il futuro non è quello che loro disegnano. Prima se ne accorgono i nostri politici, visto che Enel è ancora pubblica al 31 per cento, meglio è per tutti gli italiani”.