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Savona | 29 ottobre 2012, 19:34

Riborgo: la risposta di Francesca

Spettabile Redazione. A voi le impressioni di alcuni cittadini della Valle del Santuario all’indomani della seconda assemblea sul “Progetto Riborgo”. Siamo stufi. Stufi e con lo stomaco rivoltato.

Riborgo: la risposta di Francesca

 Non ce ne frega niente di sentir parlare di “partecipazione”: non quando, dopo un quarto d’ora di “riassunto della puntata precedente” in un italiano ampolloso e sfuggente (un miliardo di parole per non dire assolutamente nulla), si alza uno dei titolari dell’impresa proponente e comincia a insultare senza il minimo pudore chi in questi luoghi, a differenza sua, ci vive, magari da sempre.

E se qualcuno ce l’avesse veramente, la voglia di “mettersi una zappa in spalla e andare a fare il granaio” in quel terreno, come lo ha chiamato lei, cara signora?

Ma se anche non fosse, che cosa vi autorizza a considerarci una mandria di ottusi bifolchi arretrati? Abbiamo scoperto di essere stati immersi nella nebbia dell’oscurantismo contadino fino a ieri, quando sono venute a illuminarci persone che l’esistenza di Riborgo l’hanno scoperta appena vi hanno intravisto un’occasione per far soldi.

Ma almeno ditelo a chiare lettere, che è sgradevole, ma più onesto! Non è uno scandalo cercare il profitto nel proprio lavoro: lo è atteggiarsi a salvatori della patria, quando è chiaro come il sole che, a fronte del guadagno che ne verrebbe ai realizzatori, alla Valle questo progetto non solo non porterebbe alcun beneficio, ma aggraverebbe (come hanno fatto notare in assemblea almeno due autorevoli tecnici) i già serissimi problemi di ordine idrogeologico che noi, che pestiamo questa terra tutti i giorni, ci ritroviamo sulle spalle appena piove a rovesci per qualche ora.

E non venga nessuno, per favore, a cianciare di aumento della popolazione e mantenimento dei servizi: sono anni che, morti i nostri vecchi, questo paese è diventato, con le dovute eccezioni, poco più di un dormitorio. A che servirebbe altra gente che parte al mattino e torna alla sera, non si serve di negozi, farmacia e ufficio postale, manda a malapena i figli all’asilo e a scuola e non partecipa in alcun modo alla vita comunitaria perché, per mille sacrosanti motivi, continua a tutti gli effetti a vivere in città e torna qui solo, appunto, per dormire?
Siamo stufi marci di essere presi in giro.

Sono almeno vent’anni, da dopo l’alluvione del 1992, che continuiamo a chiedere le stesse cose: pulizia del Letimbro e dei rivi confluenti, manutenzione della strada provinciale, messa in sicurezza delle situazioni di pericolo collegate al rischio idrogeologico; e sono vent’anni che, a parlare col muro, otterremmo di più. Adesso arriva un privato che magicamente, con quattro simulazioni al computer, ci mostra la soluzione a tutti i problemi… in cambio di quindici villette in un’area che di per sé non è neppure edificabile!

La sapete una cosa? Noi non vogliamo l’elemosina. Sono venute le crocerossine di turno a farci cadere dal quindicesimo piano, per proprio personale ed esclusivo tornaconto, una sicurezza che tutto sarà meno che tale. Ma se anche lo fosse, abbiamo ancora sufficiente dignità da non essere disposti a comprare un’incolumità che ci spetta di diritto.

E ci spetta da parte di coloro a cui fanno comodo le nostre tasse e i nostri voti: gli stessi a cui a suo tempo è già stata ceduta da un cittadino una parte di terreno per consentire un allargamento all’altezza del civico 36 di Via Riborgo; gli stessi che dovrebbero vergognarsi di permettere a un’impresa privata uno scempio mascherato da beneficenza su questioni che loro stessi non hanno mai saputo o voluto risolvere.

Facciamola un po’ al contrario la “partecipazione”, che dite? Facciamo che, alla prossima nottata di acqua a secchiate, questi signori vengono alle tre di notte a Riborgo, alla luce di una torcia, con l’acqua a mezza gamba, a mettere assi davanti alle porte e a scoperchiare tombini intasati. Almeno scoprono anche loro che cosa significa vivere qui, visto che hanno avuto la delicatezza di venire a insegnarcelo.

Francesca Botta

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