Ieri il giornale della Diocesi “Il Letimbro”, a ridosso quindi della convocazione della Commissione AIA di lunedì a Roma per l’ampliamento della centrale a carbone di Vado Ligure, non ha mancato di far sentire la sua voce, dedicando due pagine interne e parte della prima pagina sul tema.
“Chi difende il creato?” è il provocatorio titolo riferito alla battaglia su Tirreno Power, che richiama il fatto che proprio a settembre la Chiesa celebrerà la “Giornata della salvaguardia del Creato”, sottolineando “l’importanza delle questioni ambientali per il futuro dell’umanità”.
L’ampio articolo di Debora Geido invita a riflettere sui temi sanitari e ambientali sul nostro territorio, prendendo spunto dalle gravi anomalie emerse in queste settimane nel caso Ilva di Taranto e paragonandole a quelle di Vado Ligure, invitando soprattutto a guardare alle fonti rinnovabili.
Il giornale della Curia savonese ricorda i gravi dati emersi relativi al biomonitoraggio eseguito a cura della stessa centrale 2006, con “valori massimi elevatissimi riscontrati nei licheni per pericolosi inquinanti come arsenico, cadmio, cromo e mercurio in alcuni casi molto più alti di quelli finora riscontrati in Italia”
Il Letimbro auspica una maggiore trasparenza nella gestione della centrale, riferendo che “prima o poi si dovrà rispondere agli interrogativi”, ai dubbi e alle critiche manifestate dalla ‘Rete savonese fermiamo il carbone’ sui livelli di inquinanti e sulle misurazioni autoprodotte dalla stessa centrale, senza un controllo pubblico.
“Nel caso Ilva si è spesso evocato il cosiddetto ‘ricatto occupazionale’, ci auguriamo non si adombri anche qui” prosegue l’articolo. Che termina in modo perentorio e molto significativo, facendo proprie le parole di un magistrato del pool di Taranto: “c’è un equivoco di fondo, e cioè che il diritto al lavoro sia uguale al diritto alla vita. Sbagliato. Tutti i diritti sono moderatamente comprimibili tranne quello alla vita, sostiene la Costituzione. Altrimenti si arriverebbe a una contrattazione folle: mille posti di lavoro, due morti all’anno. Diecimila posti, venti morti. Inaccettabile”.
Già in due diverse occasioni il giornale della Diocesi di Savona si era mostrato critico riguardo alla centrale a carbone; in un appello del settembre 2010 aveva sottolineato come un tale impianto a carbone non possa coesistere con una realtà abitata da decine di migliaia di persone senza dare problemi in termini di salute pubblica.
Nel luglio 2011 apparve un nuovo editoriale piuttosto polemico e interessante, firmato da don Angelo Magnano, riguardo proprio alla scelta politica di Burlando di appoggiare l’ampliamento di potenza della centrale, e intitolato Se il carbone batte la prudenza.
Tra l’altro si poté leggere: “Ha sorpreso la posizione della Regione. Nonostante tutte le rassicurazioni piovute dopo questa decisione, va a contraddire le valutazioni di alcuni partiti in appoggio del governatore Burlando che pure in campagna elettorale avevano detto no al potenziamento.
Un potenziamento che, al netto di tutte le prescrizioni è stato invece concesso, considerato che 460 Mw più 330 Mw, costituiscono una potenza ben più ampia degli attuali gruppi da 330 Mw l’uno”. E non si sapeva ancora che nel frattempo il progetto è ulteriormente peggiorato, non ponendo limiti per la possibile/probabile costruzione di un futuro terzo gruppo.
Non è molto che la Chiesa ha ufficialmente inserito l’inquinamento ambientale nella lista dei nuovi “peccati” moderni da evitare. Su tutti, ricordiamo Karol Wojtyla e il suo pensiero su ambiente e salute: “L’ambiente è diventato spesso una preda a vantaggio di alcuni forti gruppi industriali e a scapito dell’umanità nel suo insieme, con conseguente danno per gli equilibri dell’ecosistema, della salute degli abitanti e delle generazioni future…”
Se si è buoni cattolici… (come siamo certi lo sia il Capo Centrale, D'Elia)