Attualità - 23 agosto 2012, 15:39

Ilva, quando le leggi del mercato hanno la meglio

L'Ilva di Taranto, una delle fabbriche dei veleni che inquinano da anni il nostro territorio. Le indagini, il riscontro dell'aumento di tumori nella popolazione locale. Poi il sequestro degli stabilimenti e la retorica del ricatto occupazionale. Da Antoine Fratini, presidente dell'Associazione Europea di Psicoanalisi e membro de l'Académie Européenne Interdisciplinaire des Sciences, una lettura psicoanalitica della cultura che contrappone salute e occupazione. di Antoine Fratini

Le leggi del Mercato prevalgono su quelle della Natura
(J.Marc Lévy-Leblond, Eureka N°41 bis, Marzo 1999, p.5)

Da alcune settimane la vicenda legata all’impianto siderurgico Ilva di Taranto è in cima alla lista delle notizie su tutti i media. Gli esperti hanno accertato che la fabbrica rilascia nell’ambiente sostanze inquinanti e pericolose per la salute della popolazione locale. Si parla di un 30% di tumori in più rispetto alla media, un dato altamente significativo dal punto di vista epidemiologico. La magistratura non poteva pertanto che decretare l’arresto dell’attività produttiva dello stabilimento, notizia che ha provocato il panico dei dipendenti che vedono profilarsi lo spettro della cassa integrazione. Sembra addirittura che alcuni dipendenti abbiano nascosto ai medici la loro stessa patologia per paura di subire ritorsioni da parte della ditta. Tutti questi fatti, se confermati, sarebbero ovviamente gravissimi sotto ogni punto di vista. Abbiamo inoltre due ministri dell’ambiente, uno attualmente in carica, l’altro appartenente al precedente governo, che si esprimono come se fossero ministri dell’industria, sminuendo la gravità del problema ambientale e contemporaneamente enfatizzando quello occupazionale ed economico.

Fatto particolarmente significativo è che in questo caso l’intera classe politica, da destra a sinistra, sembra parlare la stessa lingua. Il partito del dio Economia è trasversale. Per Stefano Fassina, per esempio, il sequestro "è un fatto drammatico" perché l'Ilva e il relativo indotto "sono una realtà industriale ed occupazionale imprescindibile per il territorio tarantino, per il Mezzogiorno e per l'Italia". Ancora, per il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera "è necessario avviare e portare avanti, una volta per tutte, il superamento strutturale delle motivazioni che hanno portato al provvedimento di sequestro da parte della magistratura". Qualcuno ha persino affermato che il problema è la magistratura che con il suo provvedimento rischia di mettere in ginocchio l’industria italiana! Insomma, secondo la classe politica italiana il sistema produttivo avrebbe una importanza prioritaria rispetto alla messa a norma ambientale di uno stabilimento inquinante e pericoloso per la salute dei cittadini. Come ho già proposto altrove, questo evidente sballo dei valori dipende solo apparentemente da una valutazione razionale. Per il moderno homo economicus, l’economia è diventata un sistema di credenze inconsapevole che detta i propri valori e impone le sue esigenze sull’etica e sugli altri aspetti della cultura. E fintantoché l’uomo non prenderà coscienza di questo suo stato, che in gergo psicoanalitico va sotto il nome di possessione, situazioni come quella di Taranto saranno destinate a ripetersi. Razionalmente, l’importanza del rispetto per la Natura non pone particolari problemi di comprensione, ma la possessione ad opera di Economia obnubila la mente, quella dei politici in particolare modo. Citerò un ulteriore esempio a sostegno di questa tesi già ampiamente illustrata in precedenti pubblicazioni.

In questo periodo, la carenza di precipitazioni ha fatto scendere il livello del Po sotto i minimi storici. In una recente intervista rilasciata a Rai Med, il sindaco di Polesella, Ornella Astolfi, si è dichiarata seriamente preoccupata, non per l’ecosistema (in quelle zone già messe a durissima prova da industria, cementificazione e agricoltura industriale) - a proposito del quale non spende una sola parola - ma per il turismo, per l’esito della notte bianca, per gli introiti delle “botteghe sul fiume” che dipendono da una corretta navigabilità!

Evidentemente, la Natura oggi viene considerata soltanto come un insieme di risorse da sfruttare in nome dell'Economia. Il rapporto dell’uomo moderno con la Natura è di tipo parassitario, a senso unico, tanto che appare più corretto parlare di non-rapporto. E quando Gaia, la Terra, reagisce, occorre mostrarle chi è più forte. Per esempio, quando parte la corsa alla cementificazione degli argini dei fiumi onde scongiurare i pericoli di esondazioni invernali e per continuare a sfruttare il “territorio”. Non è pertanto esagerato affermare che l’uomo moderno ha ingaggiato un vero e proprio braccio di ferro contro la Natura. Il sistema, imperniato sul precetto religioso della crescita economica infinita, non contempla alternativa. In quel contesto, ogni riduzione prevista o confermata del PIL diventa blasfema e suscita reazioni furiose. Così, operai, sindacati, politici, giornalisti… tutti di concerto intonano l’inno globale di guerra contro la Natura e, quindi, contro l’anima che in essa da sempre si rispecchia e si manifesta. Quel comportamento coatto legato alla distruzione e allo sfregio del territorio è una delle forme più diffuse che riveste oggi la resistenza all’inconscio.

La vicenda giudiziaria dell’Ilva sembra quindi destinata ad acquisire una valenza simbolica decisiva per il nostro modo di intendere l’industria nel prossimo futuro. Altro che green economy.

Il Cambiamento