Nei prossimi 50 anni la produzione di elettricita' in Europa e Stati Uniti potrebbe essere pesantemente ridimensionata a causa del riscaldamento globale.
La riduzione della disponibilita' di acqua utilizzabile per il raffreddamento delle centrali termoelettriche potrebbe infatti causare un calo della loro capacita' generativa compreso fra il 4% e il 19% tra il 2031 e il 2060, arrivando perfino a triplicare il rischio di blocco totale della loro attivita'. A lanciare l'allerta e' uno studio finanziato dalla Commissione europea e pubblicato sulla rivista Nature Climate Change.
Per capire la portata di questa previsione, basta considerare che le centrali termoelettriche (alimentate a combustibile fossile o nucleare) forniscono il 78% dell'energia elettrica in Europa e il 91% di quella statunitense. Il loro funzionamento e' legato a doppio filo alla disponibilita' di acqua dolce e 'fresca' per il raffreddamento delle turbine degli impianti. Tutto il sistema potrebbe quindi risentire pesantemente degli effetti dei cambiamenti climatici in atto: la progressiva riduzione della portata dei fiumi e il continuo innalzamento della temperatura delle loro acque, in particolare, potrebbero provocare un calo della capacita' produttiva degli impianti europei compreso fra il 6 e il 19%, e una riduzione del 4-16% per quelli statunitensi nel periodo compreso fra il 2031 e il 2060, triplicando addirittura il rischio di blocco delle loro attivita'.
Questi scenari generano non poche preoccupazioni per la sostenibilita' del sistema energetico e potrebbero causare piu' di un grattacapo per i consumatori, che rischiano di veder aumentare ulteriormente i costi in bolletta.
Gli stessi esperti riconoscono che non e' facile trovare delle soluzioni di immediata applicazione che ci permettano di far fronte ai rapidi cambiamenti climatici in atto. Una strategia da seguire potrebbe essere quella di ridurre la dipendenza di queste centrali dall'acqua dolce sostituendola con l'acqua salata di mare, come propone Pavel Kabat, direttore dell'Istituto Internazionale per l'analisi dei sistemi applicati (Iiasa) di Vienna e co-autore dello studio. Kabat stesso, pero', riconosce che questa non puo' essere una soluzione a breve termine, visto che le centrali termoelettriche 'vivono' circa 50-60 anni e non possono essere trasferite vicino ad altre fonti di acqua. ''Un'altra possibilita' - aggiunge - potrebbe essere quella di passare a nuovi impianti alimentati a gas, che sono piu' efficienti e utilizzano meno acqua rispetto a quelli alimentati a combustibile fossile e nucleare''.
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