L'Italia uscira' dalla crisi entro i prossimi tre anni, ma in condizioni peggiori di prima, e comunque tra 10 anni saremo piu' poveri. Per cambiare il Paese ci vorrebbero le riforme, ma per una persona su tre l'unico mezzo e' la ''rivoluzione''. Sono i risultati di un sondaggio tra gli italiani, realizzato per le Acli da Ipr Marketing e diffuso alla vigilia del 24/mo Congresso nazionale delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, che prendera' il via domani a Roma.
Dal sondaggio emerge che una spesa imprevista di 100 euro manderebbe in crisi il bilancio familiare per sei italiani su 10; piu' preoccupati sono i cittadini del Sud, le donne e i giovani. Quasi la meta' degli intervistati (47,5%) ha iniziato a percepire in concreto nella vita quotidiana gli effetti della crisi economica tra il 2010 e il 2011; il 14,8% era gia' in una situazione di sofferenza economica prima del 2008. La grande
maggioranza degli italiani (72,4%) non riesce a leggere in questa crisi un'occasione di progresso o cambiamento.
Per uscire dalla crisi, secondo gli italiani non si puo' non puntare su una maggiore equita' (24,9%) e moralita' (22,8%) generale da un lato e dall'altro occorre far leva sulla competenza (18,5%) delle classi dirigenti e sull'innovazione (12,7%). La richiesta di una maggiore equita' sociale emerge anche in relazione all'opinione degli italiani su chi deve pagare la crisi: il 74,8% infatti ritiene che siano i cittadini piu' facoltosi a dover sopportare il carico maggiore della crisi.
Chi ci togliera' dalla crisi? Non importa che sia uomo o donna, sposato o cattolico: il leader futuro sara' giovane (53%) e con competenze professionali all'altezza delle sfide attuali, laureato (49%), se necessario docente universitario (37%). Sul fronte degli interventi da effettuare, per la grande maggioranza degli italiani deve occuparsi prima delle famiglie e poi dei conti dello Stato e tenere conto delle indicazioni delle istituzioni internazionali.
Per cambiare il Paese, per la maggioranza (50,9%) la strada da seguire e' quella riformista, con interventi graduali e condivisi ma anche impopolari. Ma la crisi porta con se' anche atteggiamenti radicali: quasi un terzo del campione (32,%) vede
la ''rivoluzione'' come unico mezzo per trasformare l'Italia; per il 17,2% degli intervistati ''questo Paese non cambiera' mai''.
Per il presidente delle Acli, Andrea Olivero, "il Paese ha bisogno di ripartire ricostruendo il rapporto di fiducia con i cittadini e rianimando il sentimento di speranza, offrendo un modello e un progetto credibile di sviluppo. Il risanamento dei conti non basta. Gli italiani mostrano di aver ben chiare le priorita': lavoro, giustizia e onesta'. La strada da percorrere e' quella delle riforme, per cambiare in meglio questo Paese, senza lasciare altro pericoloso spazio ad astensionismo e
antipolitica".