Il progetto Time Machine nasce nella primavera del 2011 da un’idea di Loredana D'Anghera, cantante jazz spezzina con una solida formazione musicale di impronta classica, e dalla collaborazione con il grande pianista-compositore genovese Massimiliano Damerini, inteprete straordinario in grado di spaziare dalla musica barocca a quella contemporanea.
Time Machine è un esperimento compositivo, vocale e letterario di estremo virtuosismo perchè disegna un percorso, assolutamente non cronologico, nel quale gli interpreti passano senza soluzione di continuità da un’epoca all’altra, da uno stile e un genere musicale e letterario all’altro, da un “falso d’autore” all’altro.
Questi elaboratissimi “falsi d’autore” musicali sono stati “inventati” e composti da Massimiliano Damerini e resi “credibili” grazie alla grande duttilità e versatilità vocale di Loredana D’Anghera che, attraverso la sua “doppia tecnica vocale”, interpreta alternativamente uno o più brani di stile diverso e contrastante.
Le composizioni si basano su testi di Vittorio Caratozzolo, insegnante e coltissimo letterato in grado di imitare i vari stili poetico-letterari e le forme librettistiche del melodramma nelle loro lingue originali, producendo sofisticatissimi “falsi d’autore”, come quello elaborato per Time Machine in sette lingue diverse: dall’italiano al francese, dall’inglese al russo, dal portoghese al tedesco fino a citazioni in greco.
Musica e pianoforte: Massimiliano Damerini, voce: Loredana d'Anghera, testi: Vittorio Caratozzolo.
La Storia: la protagonista, offesa per il mancato appuntamento con il suo "amato" (il pianista), si sfoga irosamente con un finto testo di Ariosto su un recitar cantando alla Monteverdi, che poi si trasforma in un'aria mozartiana.
Persa la speranza, diventa Mina con una canzone alla Lucio Battisti, ma la sua passione si riaccende grazie a un passaggio ironico, quasi come la "Sequenza per voce femminile" di Luciano Berio.
La pace armoniosa ritorna invece grazie a una “cantata” profana di Bach, il cui clavicembalo diventa improvvisamente il bandoneon di Astor Piazzolla a Buenos Ayres, dando luogo a un tango violento cantato da un'immaginaria Milva.
Dall'Argentina passionale, pochi accordi raffinati portano d’incanto alla Parigi di Debussy con finte citazioni di Verlaine e Rimbaud e, senza soluzione di continuità, ad Hollywood dove un “falso” Burt Bacharach propone un “love song”.
A San Pietroburgo, una sintesi musicale tra Rachmaninov, Borodin e Chaikovskji esalta in lingua russa l'eternità delle anime innamorate, che a Rio de Janeiro danzano al ritmo di una poetica sussurrata “bossa nova” in portoghese.
La musica di un finto Mahler e un testo nello stile di Nietsche idealizzano e sublimano invece l'amore, anche se tutti questi “jet lag” musicali e letterari fanno “impazzire” completamente la cantante, che nel delirio mescola insieme frammenti di stili e generi lontanissimi tra loro, in un crescente melting-pot della follia.
Il pianista tenta di starle al passo, ma arranca e arriva sempre con leggero ritardo: l’armonia si ricompone però grazie alla “citazione” del falso Mahler.
Tra tanti "falsi d'autore" non potevano mancare i "falsi finali": il pianista conclude con una raffinata coda in pianissimo, che però lascia perplessa la cantante, che gli fa notare che in questo modo l'applauso non può scattare.
Il pianista propone allora in sequenza una marcia e addirittura un'ironica giga scozzese, stoppate immediatamente dalla cantante.
I due ritrovano però la sintonia su un travolgente finale di valzer viennese alla Johann Strauss. Time Machine ha una durata di 47 minuti.