CGIL Informa - 18 marzo 2012, 13:56

In miniera...

La partita di FAC e OCV: in quale porta tirano i sindacati confederali?

Il presupposto di un imprenditore, nell'avviare un'attività produttiva, è uno e uno soltanto: ricavarne il massimo profitto possibile. Non esiste al mondo altra motivazione, se non quelle di "facciata".

Viceversa quindi, quando un padrone decide di chiudere la fabbrica, indipendentemente dal fatto di volerla riaprire all'estero o fare altro uso dei milioni (o miliardi) di euro guadagnati sulla pelle dei lavoratori, lo fa perchè non ci trae sufficiente profitto, e quindi non vuole spenderci un euro in più perchè da esso ne ricava troppo poco.

Eppure accade che, ad un tratto, OCV, multinazionale americana, sia disposta a chiudere una fabbrica in un paese straniero, l'Italia, ma invece di chiudere e basta decide di sborsare una cifra che va tra i 3 e i 5 milioni di euro, da elargire e dividere tra i propri dipendenti licenziati.

Atto di magnanimità? Quando c'è di mezzo il profitto, è più facile credere agli asini che volano.

Ma allora, qual è la ragione per cui OCV è disposta a regalare ai propri dipendenti, che licenzia, una cifra a sei zeri? Paradossalmente, se lo fa, è perché gli conviene: quella spesa potrebbe evitare a OCV di perderne molti di più.

Ma quale alternativa sarebbe così dispendiosa da portarla a spendere una cifra così significativa e a ritenerla comunque conveniente?

A noi viene in mente una sola: la paura dell'occupazione della fabbrica da parte delle maestranze, del blocco dello smontaggio degli impianti (comprensivo dei metalli preziosi), dell'impedimento di svendere le aree: questo sì che gli farebbe perdere molti più milioni.

E chiaro: i padroni sanno fare bene i loro conti, vedano lontano e sanno, purtroppo meglio dei lavoratori (sicuramente di quelli italiani), quale potere abbiano gli operai e quale danno potrebbero fargli se prendessero un po' di coraggio e lo usassero.

A Vado Ligure (come alla FAC ad Albissola) la partita si gioca tutta qui, attorno al coraggio dei lavoratori di prendere in mano il proprio futuro ed auto-organizzarsi,  opponendosi con ogni mezzo alla "chiusura senza se e senza ma".

Cosa che purtroppo ancora non avviene, e dove i sindacati confederali, ben consapevoli di questo dualismo conflittuale, giocano la partita calciando nella propria porta.

Non hanno avuto difficoltà infatti a rilanciare, facendo salire l'offerta iniziale fino quasi a raddoppiarla, per poi essere accondiscendenti  ad accettare la chiusura del sito e ad assicurare che non ci sarebbe stata opposizione al suo smantellamento (in cambio di una somma in denaro per i lavoratori): non avrebbe senso altrimenti il loro continuo impegno (su facebook e non solo) per frenare gli entusiasmi di ribellione dei lavoratori, dirottandoli squallidamente contro l'amministrazione vadese solo per rilanciare progetti "fuffa" (in termini anche di occupazione) come Tirreno Power e Maersk, di cui ancora non si conoscono gli interessi celati. E magari, attaccando anche i media a loro "non favorevoli".

Insomma: un'altra occasione perduta, altri 200 posti di lavoro svaniti senza alcun tentativo di difenderli, un'altra fetta di economia, rappresentata dall'avanzata tecnologia e dal portafoglio clienti, che prendono il volo verso altri lidi, mentre qui altri 200 lavoratori andranno ad alimentare l'esercito di disoccupati che si sta ingrandendo a vista d'occhio.

I sindacalisti di professione hanno indubbiamente portato a casa un risultato, sicuramente importante nel breve termine per le tasche dei lavoratori (ovviamente escludendo quelli dell'indotto, lavoratori di serie B utili solo per riempire le piazze e far numero i primi giorni, quelli della inevitabile protesta peraltro indirizzata inspiegabilmente contro la giunta municipale ed il sindaco), ma chi ci ha guadagnato davvero in questa operazione?

Sicuramente la multinazionale, che pur pagando un prezzo economico, si garantisce il raggiungimento del proprio progetto.

Ma è questo il modo di difendere l'occupazione?

Ma è questo il modo di difendere l'economia del territorio?

Purtroppo no, ma è la stessa logica per mezzo della quale negli ultimi 10 anni si sono persi nella nostra zona quasi 12.000 posti di lavoro.

Strano paese l'italia: paese che a parole inneggia alla meritocrazia, senza però rendersi conto che se esistesse davvero, soggetti così incapaci di tutelare i beni (l'economia per i padroni, l'occupazione per i sindacati) di cui si ergono costantemente a difensori, sarebbero già stati mandati da un pezzo nel posto che si meritano: in miniera...

Matteo Loschi