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In Breve

IL PUNTO DI MARIO MOLINARI | 09 febbraio 2012, 18:39

Deiulemar: un colosso in crisi a braccetto con Italiana Coke?

"Ad oggi Deiulemar di Navigazione Spa, fatti salvi i 45 milioni di capitale, appare una scatola vuota..."

Deiulemar: un colosso in crisi a braccetto con Italiana Coke?

Una compagnia di navigazione. Ma non solo. Un gruppo diversificato composto da società armatoriali e immobiliari-alberghiere che “nel 2009 ha prodotto un fatturato superiore a 1,1 miliardi di euro e nel 2010 si è attestato intorno agli 825 milioni di euro”, stando all’ultimo comunicato diramato dall’amministratore unico Maviglia.

Un colosso che tuttavia soffre, e tanto, della crisi dei mercati e della mancanza di liquidità. Al punto da mettere a rischio il pagamento dei noli delle navi charter sparse in giro per il mondo così come il rimborso di certificati obbligazionari contratti sin dal 1984 con piccoli risparmiatori, garantendo tassi di interesse netti fino al 7 per cento.

Deiulemar è questo e altro.

È un coacervo di sigle e di società, con le mani in pasta non solo nel napoletano, dove ha sede (a Torre del Greco) ma in svariati settori, che investono anche le economie e le cronache liguri.

Il gruppo Deiulemar - che fa capo alle famiglie Della Gatta, Iuliano e Lembo – lo si ritrova infatti non solo in mare, ma anche “sotto terra”: basta scorrere l’elenco dei componenti del Cda di Assocarboni, per ritrovarci proprio Giuseppe Lembo tra in consiglieri.

O spulciare la visura della società di capitale Energy Coal, socio di primissimo piano di Italiana Coke con qualche ramo in isole atlantiche, in cui la Deiulemar Holding SpA partecipa al capitale globale di 9 milioni di euro con ben 1.051.932 euro  (pari ad altrettante azioni), con un posto nel Cda (formato da 8 membri) occupato da Leonardo Lembo.

Crisi di liquidità, voci di concordato preventivo e massimo fermento tra gli investitori stanno agitando, come prevedibile, i sonni di numerose famiglie così come di numerose realtà imprenditoriali nostrane.


Una crisi che, a quanto pare, ha radici. Prima dell’acuirsi della crisi mondiale e sull’onda della convinzione che la crescita globale avrebbe spinto in avanti la domanda di trasporto, i prezzi a cui le navi dry-bulk (trasporto di granaglie, minerali, e soprattutto carbone) venivano affittate continuavano a restare alti. 

Accadde così che al picco del ciclo positivo, nel 2008, alcuni armatori stipularono contratti di noleggio di lungo periodo (anche fino al 2016) a valori molto alti, scommettendo sul fatto che sarebbero cresciuti ancora.

Non è stato così: una nave che garantiva 43.300 dollari al giorno nel 2008, nel 2011 ne garantiva solo 11.300, per effetto del mercato depresso che ha contratto sia la domanda che i prezzi del trasporto. 


Deiulemar si sarebbe quindi ritrovata con il classico “cerino in mano”: imbarcazioni affittate a prezzi stellari che non garantivano più adeguati ritorni.

Di qui le richieste agli armatori di rivedere i contratti di affitto stipulati in passato. Ed è a questo punto che i mercati sono entrati in fibrillazione, anche perché molte delle società che sarebbero state contattate dai vertici Deiulemar sono quotate in borsa.

I primi a venire allo scoperto sono stati, il 17 gennaio scorso, i responsabili della società greca Paragon Shipping, tenuti a notificare ai mercati che Deiulemar aveva chiesto la rinegoziazione dei contratti in essere. Notizia rilanciata immediatamente con risalto anche da Bloomberg, con tanto di dichiarazione resa al telefono da un portavoce della Deiulemar, Nicola Gerado, secondo il quale la compagnia sta cercando “una soluzione commerciale” per abbassare i prezzi di affitto, che in certi casi risultano superiori anche di cinque volte a quelli di mercato attuali.


La Paragon Shipping ha però già comunicato di non voler accettare la ricontrattazione dei noli offerta dalla controparte e di volersi riprendere immediatamente la nave riservandosi però di agire in via giudiziale per vedere tutelati i propri diritti economici.


Intanto, la Consob (l’autorità di garanzia per gli investimenti) avrebbe già convocato i vertici della holding proprietaria, la Deiulemar Holding SpA. Top secret il contenuto del confronto ma, secondo indiscrezioni, l’autorità vuole vederci chiaro sulla regolarità delle emissioni obbligazionarie succedutesi dal 1984 ad oggi, partendo dal cosiddetto “sistema dei carati”, un meccanismo di compartecipazione del rischio armatoriale applicato spesso in ambito locale e disciplinato dal codice della navigazione.

Un sistema evolutosi nel tempo con l’emissione di veri e propri prestiti obbligazionari, l’ultimo dei quali è stato lanciato nel 2010 con lo scopo di rastrellare 40 milioni di euro.


Il fatto che il comunicato ufficiale - l’unico - della Deiulemar, datato 6 febbraio, sia stato indirizzato anche alla Consob fa pensare che effettivamente un contatto ci sia stato.


(Continua...)

Mario Molinari

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