La proposta di legge regionale QUI
“La mafia è un antistato. Si distingue dagli altri poteri criminali perché tende ad affermare la propria supremazia su un territorio... Essa è territorio. La 'famiglia' mafiosa non sarebbe tale se non avesse il territorio fra i suoi elementi costitutivi. Sul territorio tende a esercitare le stesse potestà di imperio che ivi legittimamente esercita lo Stato (e gli altri enti pubblici che ne costituiscono l'articolazione territoriale)... Questa sua tendenza è alternativa alle potestà pubbliche esercitate dallo Stato e quindi teoricamente le due istituzioni sono in insanabile conflitto.
Solo che il conflitto non viene normalmente risolto con lo scontro armato. La mafia non dichiara guerra ma tende al condizionamento delle persone fisiche che impersonano le istituzioni perché la loro attività pubblica venga dirottata dal fine del bene comune all'interesse proprio dei gruppi mafiosi. Questa è la normale via attraverso cui la mafia cerca e trova la sua supremazia. Chi non si piega come ultima ratio viene fatto fuori perché non sta al gioco. E' evidente che l'eliminazione e il condizionamento di questo cancro non passa soltanto attraverso la via repressiva...”
Paolo Borsellino
“A differenza delle organizzazioni puramente criminali, o del terrorismo, la mafia ha come sua specificità un rapporto privilegiato con le élites dominanti e le istituzioni, che le permettono una presenza stabile nella struttura stessa dello Stato... Legata al commercio mondiale della droga, ha dilatato la sua ricchezza e la sua forza a tal punto da rappresentare ormai non più un alleato subalterno delle classi dominanti, ma un pericoloso concorrente in grado di battersi per il controllo diretto dello Stato, grazie anche alle collusioni di non pochi rappresentanti delle Istituzioni...”
Antonino Caponnetto
“Siamo ormai tutti d'accordo che il terrorismo è stato vinto in tempi relativamente brevi, per il concorso di tre condizioni: forte partecipazione della società civile..., saldo impegno delle istituzioni, rispetto della legalità. Di fronte alla criminalità organizzata, mafiosa in particolare, l'atteggiamento della società civile, è stato ed è completamente diverso e caratterizzato da una forte emozionalità che passa dagli entusiasmi più sfrenati agli scoramenti più disperati... ... se vogliamo tentare di mettere a punto una seria strategia repressiva contro la mafia, dobbiamo analizzare i comportamenti senza emozionalità e intervenire sistematicamente senza attenderci eclatanti risultati immediati...”
Giovanni Falcone
1. Premessa generale
La proposta di legge di cui all'oggetto è certamente un segno di definitivo superamento della stagione “negazionista” che ha caratterizzato, in generale, l'ambito istituzionale e politico della regione Liguria. Nonostante questo passo avanti, il contenuto della proposta di legge regionale rappresenta un'arma spuntata per un efficace azione di prevenzione e contrasto alla presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso, in particolare nell'ambito dei settori di riciclaggio di denaro sporco, di infiltrazione e condizionamento dell'economia locale e delle pubbliche amministrazioni.
Se da un lato si ammette l'esistenza del problema, e nella relazione di presentazione si toccano molteplici punti significativi, nel disposto della proposta di Legge si prospettano iniziative che se pur, in parte, valide non intaccheranno minimamente la “colonizzazione” che le mafie, a partire dalla 'Ndrangheta e Cosa Nostra, hanno promosso in decenni di complice silenzio sociale ed istituzionale nel territorio delle diverse province liguri.
Con il presente contributo quindi si avanzano alcune osservazioni, considerazioni e proposte, che si auspica siano utili ad ottenere le modifiche necessarie per evitare un'ennesima Legge inutile e inefficace, che rischia di essere soltanto una pura iniziativa mediatica, che alimenta speranze ed aspettative che poi non potranno mai essere soddisfatte.
Nella relazione di presentazione della proposta di Legge regionale si legge “Il tessuto ligure è sostanzialmente sano ed estraneo alle logiche omertose e conniventi tipiche delle regioni dove la presenza criminale affonda in radici storiche lontane”. Tale presupposto è quanto di più errato possa esserci alla base di una legge per il contrasto alle organizzazioni di stampo mafioso in Liguria. Infatti la Liguria non è terra di tentativo di infiltrazione o di semplice radicamento ma, come ad esempio per Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, terra di ormai conclamata “colonizzazione” e questo significa che:
- le organizzazioni mafiose, soprattutto la 'Ndrangheta con i propri “locali” e Cosa Nostra con le “decine”, hanno saputo sfruttare la mimetizzazione dei primi anni di insediamento per promuovere un sempre maggior controllo di territorio (in alcuni casi anche attraverso l'uso delle armi) in molteplici aree del ponente ligure (imperiese e savonese) nonché del capoluogo di regione (sia in ampie aree della città che della provincia, ivi compresi alcuni Comuni del Tigullio);
- le organizzazioni mafiose, a partire da quella calabrese e siciliana, hanno saputo sfruttare ogni ambito di infiltrazione economico-sociale volto al riciclaggio del denaro sporco prodotto dalle attività prettamente illecite (stupefacenti, prostituzione, estorsione, sequestri di persona, traffici illeciti di rifiuti ed armi, gioco d'azzardo), senza trovare argine alcuno nell'ambito del mondo imprenditoriale, politico-amministrativo e sociale, sino a consolidare reti di contiguità, connivenza e complicità tali da soffocare non solo il libero mercato ma anche l'esito della selezione amministrativa e istituzionale in diverse tornate elettorali;
- le organizzazioni mafiose hanno saputo promuovere un'azione tra loro coordinata - a seguito dei conflitti dei primi anni Novanta - volta al salto di qualità che ha prodotto, nella nostra regione, la presenza ed azione dei “due volti” mafiosi: quello prettamente “criminale”, ovvero dedito alle attività tipicamente illecite e quello “pulito” di una mafia che si è fatta impresa e che non necessita di sparare perché compra e corrompe, potendosi servire dei migliori professionisti e potendo offrire servizi a basso costo ad imprese e pubbliche amministrazioni spregiudicate (per ingenuità o altro);
- le organizzazioni mafiose hanno saputo raggiungere in questa regione sia pesanti condizionamenti anche dei settori di controllo (forze dell'ordine e magistratura) sia la conquista di posizioni dominanti e monopolistiche sul mercato (sia attraverso la pratica dell'intimidazione sia, più diffusamente, per la disponibilità di risorse “nere” capaci di stroncare ogni concorrenza, così come di acquisire il “controllo di fatto” di aziende in difficoltà) in molteplici settori, a partire da quello delle bonifiche ambientali, dei movimenti
terra, dell'edilizia, della ristorazione, delle finanziarie;
- le organizzazioni mafiose hanno saputo garantirsi un consenso sociale sia insediandosi in zone dove hanno potuto riprodurre, per la considerevole presenze di conterranei, le stesse dinamiche culturali delle terre d'origine, sia offrendo “favori” attraverso una sempre più ampia rete di radicamento territoriale, prima di tutto attraverso il controllo di ampia parte del “lavoro nero”, nonché con ampia infiltrazione in settori come il commercio, i circoli culturali, in strutture di servizio (patronati, consultori, confederazioni, centri di ascolto/aiuto, ecc).
Questa livello di penetrazione, quale è la “colonizzazione”, può essere raggiunto solo e soltanto, quindi, attraverso le logiche omertose e dalla spregiudicatezza di ampia parte del mondo politico- amministrativo e delle imprese. Negare questo aspetto, come viene fatto nella relazione di presentazione della proposta di Legge regionale, rappresenta un presupposto preoccupante che poi, non a caso, produce nel disposto della proposta di Legge iniziative incapaci di affrontare quella che è la mafia che abbiamo davanti oggi.
1.2 Considerazioni generali
Da anni si è evidenziata a livello nazionale l'esigenza di affrontare il problema della criminalità organizzata di stampo mafioso nella sua globalità e non quindi in una pura questione “etica” o di “sicurezza”. Significativa è la proposta più volte avanzata da molteplici esponenti politici dei diversi schieramenti per realizzare un testo unico sul contrasto alle mafie.
Il problema infatti non è quello di “arginare” una presenza in un particolare settore, bensì quello di contrastare, soprattutto nelle regioni settentrionali, l'azione di riciclaggio che permette alle organizzazioni mafiose di promuovere il consolidamento del proprio patrimonio e, conseguentemente, di condizionamento dell'economia “sana” e della macchina del consenso, ovvero della politica e, quindi, della gestione della cosa pubblica.
Date queste premesse diviene ancora più evidente quanto evidenziato in precedenza e si devono aggiungere due semplici dati:
- non vi sono praticamente denunce di chi subisce estorsioni, così come delle vittime di usura, pur essendo questi reati diffusi in ampi settori ed in tutte le province della regione;
- le segnalazioni delle operazioni sospette da parte dei professionisti (commercialisti, notai, avvocati, bancari) sono irrisorie, se non completamente assenti;
- praticamente la totalità degli Enti locali, così come anche la Regione Liguria e le società partecipate e pubbliche, hanno omesso ed omettono di adottare le misure preventive già possibili e realizzabili in base alle norme vigenti.
A questo occorre aggiungere un ulteriore dato: l'indifferenza e l'ignoranza sul fenomeno, quando non altro (contiguità, connivenze e complicità), da parte delle pubbliche amministrazioni e società partecipate, così come delle grandi imprese, ad esempio delle costruzioni, rispetto al fenomeno ha reso permeabili alle infiltrazioni molteplici settori, da quello delle concessioni e licenze pubbliche a quello degli appalti e subappalti, delle forniture all'elargizione di fondi e contributi pubblici.
Le Pubbliche Amministrazioni infatti hanno sempre omesso la necessaria attenzione rigorosa sul fenomeno, limitandosi a verifiche superficiali quali, ad esempio, il possesso della certificazione antimafia, senza mai andare oltre, soprattutto nell'ambito delle licitazioni private, appalti e subappalti, nonché delle concessioni di licenze commerciali, edilizie e di altra tipologia.
I ritardi con cui, ad esempio, si è giunti anche a sottoscrivere il “protocollo d'intesa” per la Stazione Unica Appaltante” da parte della Regione, della Provincia e del Comune di Genova, rappresenta l'esempio dell'assenza di volontà concreta ad adottare gli strumenti necessari per un efficace contrasto alle organizzazioni mafiosi. E' necessario sottolineare che solo grazie alla determinazione del Prefetto di Genova si è riusciti, nei giorni scorsi, ad arrivare alla firma di un impegno che sarebbe dovuto già essere, da lungo tempo, vista la drammatica situazione ligure, concretizzato.
1.3 Legislazione esistente e relative carenze
Le normative esistenti sarebbero già state, se applicate, sufficienti quanto meno ad arginare in tempo il fenomeno, rendendo quanto meno difficoltoso il passaggio dal “radicamento” alla “colonizzazione”. Il problema principale è quindi stato quello dell'omissione dell'applicazione di rigorose verifiche, spesso nel nome della semplificazione delle procedure, che hanno agevolato in questa regione operazioni di riciclaggio e investimento speculativo che rappresenta la principale attività delle organizzazioni mafiose e della criminalità economico-finanziaria nella nostra regione.
Vi è inoltre da considerare che le Pubbliche Amministrazioni, al fine di agevolare iter autorizzativi per molteplici operazioni (dalla realizzazione di centri commerciali al recupero/riconversione di aree industriali, passando per l'edificazione di aree prima vincolate, la dismissione del patrimonio pubblico, nonché, ad esempio, per le concessioni per porticcioli e parchi per l'energia rinnovabile), hanno allargato le maglie dei controlli già previsti dalla normativa, attuando una sorta di variante continua ai diversi strumenti di pianificazione.
L'assenza di una rigorosa applicazione delle normative sulla trasparenza degli atti e delle procedure, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, nonché delle società pubbliche e/o partecipate con capitale a maggioranza pubblico (o a controllo pubblico), è stato un ulteriore elemento di indebolimento generale pur a fronte di una normativa esistente che, se applicata, avrebbe garantito un'ampia capacità di controllo sia da parte degli organi elettivi (consigli comunali, provinciali e regionale), sia da parte dei cittadini e delle organizzazioni ed associazioni civili e sociali, sia anche dei settori di controllo.
Anche, ad esempio, nell'ambito della gestione dei beni confiscati (siano essi aziende o beni immobili) la normativa esistente avrebbe permesso un efficace azione di riutilizzo a fini sociali effettivi. Nonostante le norme, anche in questo specifico ambito, ci fossero, si è assistito ad una gestione fallimentare del recupero, nonché della gestione stessa, come dimostra il caso eclatante dei beni confiscati a Cosa Nostra in vico delle Mele a Genova.
E' quindi evidente che ancor prima di una nuova Legge regionale sia necessaria l'applicazione piena e rigorosa delle normative esistenti da parte della stessa Regione Liguria, nonché delle Pubbliche Amministrazioni e delle Società pubbliche e partecipate.
Vi è poi, invece, la necessità di intervenire con una riforma complessiva delle Leggi regionali su molteplici settori, come ad esempio anche quello sanitario - altro nuovo caposaldo degli affari delle cosche -. Infatti gli ambiti su cui occorre promuovere un effettiva capacità di prevenzione e contrasto al fenomeno mafioso sono, alla luce dell'evoluzione compiuta dalle mafie, talmente variegati e ampli da imporre un salto di qualità normativo.
A questo occorre aggiungere, per rendere efficaci e rigorosi i controlli preventivi da parte delle stesse pubbliche amministrazioni - alla luce soprattutto delle carenze della normativa nazionale sul riciclaggio, dimostratasi assolutamente inefficace -, la necessità di promuovere interventi normativi su uno dei punti dolenti della gestione della cosa pubblica che rappresenta uno dei fulcri dell'indebolimento generale della corretta gestione da parte delle pubbliche amministrazioni: i conflitti di interessi.
Una Legge regionale che vuole promuovere un efficace azione di prevenzione e contrasto non può quindi eludere questi aspetti e non può, soprattutto, permettersi di rappresentare un semplice atto di intenti, privo di incisività sul complesso delle normative su cui è urgente porre mano.
2. Sullo specifico dispositivo della proposta di Legge
Prima di avanzare una serie di proposte concrete che abbiamo già elaborato rispetto alle necessità di intervento normativo in materia, portiamo un contributo specifico sugli articoli della proposta di Legge in discussione presso l'Assemblea legislativa della Regione Liguria.
Articolo 1 - Oggetto
1. La Regione Liguria, in armonia con la Costituzione, nel rispetto delle competenze dello Stato e in conformità con l'ordinamento comunitario, concorre allo sviluppo dell'ordinata e civile convivenza della comunità regionale attraverso il sostegno ad iniziative di sensibilizzazione della società civile e delle istituzioni pubbliche finalizzate alla promozione dell'educazione alla legalità, alla crescita della coscienza democratica, all'impegno contro la criminalità organizzata e diffusa e contro le infiltrazioni e i condizionamenti di stampo mafioso nel territorio regionale, da considerarsi a tutti gli effetti un danno grave per l'intera comunità regionale.
1. Gli interventi di cui alla presente legge sono promossi, progettati e realizzati dalla stessa Regione, anche in collaborazione con altri enti pubblici e privati, oppure progettati e realizzati da tali enti con il sostegno della Regione. Gli interventi sono attuati in coerenza con quanto previsto dalla legge 24 dicembre 2004, n.28 (Interventi per la promozione di sistemi integrati di sicurezza).
Questo articolo se pur condivisibile necessita di ampliamento che premetta un intervento generale, con un successo articolato normativo, anche sulla vigente normativa regionale. Se infatti lo spirito della Legge restasse solo quello di cui all'art. 1, si sarebbe davanti ad un ennesima Legge inefficace e inadatta allo scopo che ci si prefigge nell'oggetto della Legge stessa, ovvero nella “prevenzione del crimine organizzato e mafioso”.
Articolo 2 - Finalità
La Regione sostiene iniziative per realizzare progetti di interesse regionale in materia di educazione alla legalità e di contrasto alle mafie, con l'obiettivo di:
diffondere la cultura della legalità e della convivenza civile anche attraverso il sistema formativo, con particolare attenzione ai fenomeni di stampo mafioso e comunque riconducibili alla criminalità organizzata;
contribuire all'aggiornamento degli operatori nel settore della sicurezza, dell'assistenza sociale, del volontariato e del personale docente nel sistema della formazione;
ampliare l'informazione, anche ai fini di prevenzione, rivolta agli operatori economici di ogni settore di attività;
svolgere attività di ricerca, documentazione, informazione e comunicazione;
favorire la produzione e lo svolgimento di attività di tipo culturale e di spettacolo;
favorire la valorizzazione della funzione sociale ed educativa, nell'ambito dell'educazione alla legalità, svolta dalla Chiesa cattolica, dagli altri enti di culto e dalle associazioni a carattere religioso.
Il disposto di questo secondo articolo conferma un carattere prettamente “culturale” ed “etico” della normativa, assolutamente inefficace per un'effettiva azione di prevenzione e contrasto al fenomeno mafioso, soprattutto nel suo “volto” imprenditoriale ed alla sua capacità di mimetizzazione e infiltrazione nella Pubblica Amministrazione, nel mondo economico e sociale.
Articolo 3 - Istituzione della Stazione Unica Appaltante
La Regione, di intesa con il Ministro dell'Interno ed in accordo con gli enti locali, concorre alla istituzione in Liguria della Stazione Unica Appaltante, per assicurare trasparenza, regolarità ed economicità dei contratti pubblici e per prevenire la possibilità di infiltrazioni mafiose.
Questo articolo rappresenta un importante elemento ma appare, così come formulato una mera dichiarazione di intenti. Con lo stesso fine della stazione unica appaltante, strumento essenziale per un effettivo contrasto nel settore degli appalti pubblici, dovrebbe essere prevista una radicale riforma degli strumenti già vigenti, per quanto di competenza della Regione Liguria. Inoltre, la proposta della Stazione Unica Appaltante, avanzata dal Prefetto di Genova da lungo tempo, non manleva la Regione Liguria dall'adottare già una serie di accorgimenti in materia, come ad esempio, disporre per ogni società partecipata dalla stessa Regione, così come per ogni attività che preveda l'intervento della FILSE e delle ASL, l'obbligo alla pubblicizzazione degli Atti sul web ed alla trasmissione preventiva delle pratiche ai reparti investigativi preposti quale il Centro Operativo della DIA di Genova.
Vi è inoltre necessità, in attesa dell'attivazione della Stazione Unica Appaltante, di realizzare un apposito registro pubblico – anche sul web – degli appalti pubblici (ivi comprese le trattative private e le licitazioni) con indicazione dettagliata degli eventuali subappalti e di tutte le offerte pervenute e, per quanto concerne le licitazioni, dei criteri adottati per l'invito alla presentazione delle offerte, così come di un registro pubblico delle pratiche in corso e concluse relative al rilascio sia di deroghe/varianti rispetto agli strumenti di pianificazione vigenti, sia di concessioni pubbliche di ogni natura.
Si deve inoltre considerare l'importanza di attuazione, su scala regionale, del “Progetto SCIAMANO” che attraverso la banca dati predisposta dal Prefetto Musolino garantisce un monitoraggio costante dei cantieri, agevolando quindi l'individuazione delle “criticità” e, conseguentemente, una maggiore e tempestiva attività di controllo con gli “accessi” interforze nei cantieri stessi.
Articolo 4 - Protocolli di intesa con organi statali di giustizia e sicurezza
1. Al fine di garantire efficaci ed efficienti forme di monitoraggio del mercato dei pubblici appalti e di prevenzione dei fenomeni criminali, la Regione promuove la stipulazione e la periodica revisione di protocolli di intesa con la Direzione Distrettuale Antimafia, la Direzione Investigativa Antimafia - Centro Operativo di Genova e le altre Forze dell'Ordine.
2. La Giunta regionale presenta periodicamente alla competente commissione consiliare una relazione sull'attuazione di tale Protocollo di Intesa.
Appare del tutto fuori da ogni logica di rispetto dell'autonomia e indipendenza della magistratura l'adozione di protocolli di intesa con la DDA. Infatti tale struttura, per la sua natura, rappresenta “un controllore” anche della stessa Regione Liguria. Appare invece utile la stipula di un Protocollo di Intesa con la DIA ed altri reparti investigativi, anche se dovrebbe essere normale prassi, indipendentemente da qualsivoglia Protocollo di Intesa, la costante collaborazione tra la Regione Liguria, e più in generale le società pubbliche e partecipate, le ASL e gli Enti locali, con i settori investigativi, finalizzati ad un azione di prevenzione e, quindi, di contrasto al fenomeno.
Articolo 5 - Accordi con enti pubblici
Nel perseguimento delle finalità di cui alla presente legge, la Regione promuove e stipula accordi di programma e di collaborazione con enti pubblici, ivi comprese le
amministrazioni statali competenti nelle materie della giustizia e del contrasto alla criminalità.
La Regione, in attuazione degli accordi di cui al comma 1, può concedere contributi per la realizzazione di iniziative e progetti riferiti, in via prioritaria:
ad aree, categorie o gruppi sociali soggetti a rischio di infiltrazione o radicamento di attività criminose di tipo organizzato e mafioso;
alla promozione e alla diffusione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile fra i giovani.Vale per il presente articolo l'osservazione già avanzata rispetto agli articoli 1 e 2.
Articolo 6 - Rapporti con il volontariato e l'associazionismo.
La Regione promuove e stipula convenzioni con le organizzazioni di volontariato di cui alla legge regionale 28 maggio 1992, n. 15 (Disciplina del volontariato) e con le associazioni di promozione sociale di cui alla legge regionale 24 dicembre 2004, n. 30 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale), che operino nel settore dell'educazione alla legalità e del contrasto alla criminalità organizzata e mafiosa.
Le organizzazioni di volontariato e le associazioni che richiedono l'ammissione ai contributi devono:
documentare almeno due anni consecutivi di attività ed iniziative;
prevedere nel loro statuto la finalità di svolgimento di attività di educazione alla legalità, affermazione dei diritti umani e civili, ovvero altri scopi coerenti con le finalità della presente legge; avere già svolto su tali tematiche attività documentabili.
La Regione sostiene mediante contributi i progetti rientranti nelle finalità della presente legge promossi dai soggetti di cui al comma 1.
La Regione promuove altresì la stipula delle convenzioni previste nel comma 1 da parte degli Enti Locali del territorio regionale.
Risulta positivo quanto disposto dal presente articolo, ma, alla luce dell'esperienza svolta, vi è la necessità di prevedere anche il supporto per attività particolarmente delicate e fortemente necessarie quali, ad esempio, quelle svolte per garantire: - assistenza e supporto verso chi è vittima di reati di stampo mafioso (ivi compresi i cd. dei reati satellite);
- assistenza e supporto a testimoni di giustizia e loro familiari, anche alla luce delle conclamante carenze della normativa vigente; - monitoraggio del territorio e del fenomeno, con contestuali segnalazioni e denunce ai settori di controllo (reparti investigativi e magistratura).
Come ampiamente detto, infatti, una normativa che preveda, come unico elemento dell'azione di prevenzione e contrasto, quello della promozione della “cultura della legalità”, risulta altamente insufficiente e inefficace.
Articolo 7 - Misure a sostegno delle scuole e dell'Università per l'educazione alla legalità
La Regione, per contribuire all'educazione alla legalità, allo sviluppo dei valori costituzionali e civici e alla consapevolezza sui rischi legati alla criminalità organizzata, sostiene iniziative finalizzate all'aggiornamento dei docenti e al coinvolgimento degli studenti di ogni ordine e grado.
Le iniziative di cui al comma 1 possono prevedere:
a. la realizzazione, con la collaborazione degli istituti scolastici di ogni ordine e grado e dell'Università, di attività didattiche integrative, laboratori, indagini e ricerche sui temi oggetto della legge;
b. le attività di ricerca, documentazione, informazione e comunicazione, comprese la raccolta e la messa a disposizione di informazioni di carattere bibliografico, iconografico, audiovisivo, documentale e statistico;
c. lapromozionediiniziativefinalizzateallosviluppodellacoscienzacivile, costituzionale e democratica, al rispetto delle diversità, alla lotta contro le mafie;
d. la valorizzazione delle tesi di laurea e di dottorato e delle ricerche documentali effettuate da laureandi e dottorandi sui temi inerenti la lotta alla criminalità organizzata, la storia delle mafie, i progetti per la diffusione della legalità;
e. l'organizzazionediincontriemanifestazionipromossidaentilocali,scuole e dall'Università, da comitati e associazioni volti alla sensibilizzazione della popolazione su tali temi;
f. la promozione di gemellaggi tra diverse scuole al fine di favorire l'incontro tra studenti liguri e di altre regioni d'Italia e di incentivare percorsi di legalità, cittadinanza attiva e antimafia sociale.
L'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea Legislativa concorre alle attività della presente legge mediante la concessione di patrocini e altri interventi con finalità divulgative.
Quanto disposto dal presenta articolo si ritiene opportuno, se inserito in un più articolato disegno normativo.
Articolo 8 - Attività della polizia locale e interventi formativi
La Regione, nel rispetto di quanto previsto dalla legge regionale 1 agosto 2008, n. 31 (Disciplina in materia di polizia locale), valorizza il ruolo della polizia locale nell'attuazione delle politiche di cui della presente legge.
La Regione promuove, avvalendosi della Fondazione "Scuola interregionale di Polizia locale" di cui agli articoli 24 e 25 della legge regionale 1 agosto 2008, n. 31 (Disciplina in materia di polizia locale), la formazione degli operatori di polizia locale, anche in maniera congiunta con gli operatori degli enti locali, delle forze dell'ordine, nonché delle organizzazioni del volontariato e delle associazioni che svolgono attività di carattere sociale sui temi oggetto della presente legge.
Quanto disposto dal presenta articolo si ritiene opportuno, se inserito in un più articolato disegno normativo.
Articolo 9 - Beni confiscati
La Regione contribuisce ad assicurare un proficuo riutilizzo a fini sociali dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e mafiosa ai sensi dell'articolo 2-undecies, comma 2, lett. b) della legge 31 maggio 1965, n. 575 e ss.mm.ii. (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere) attraverso:
l'assistenza agli enti locali assegnatari di tali beni;
la concessione di contributi agli enti locali di cui alla lettera a. per concorrere alla realizzazione di interventi di restauro e risanamento
conservativo, ristrutturazione edilizia, ripristino tipologico nonché arredo degli stessi al fine del recupero dei beni immobili loro assegnati;
la concessione di contributi agli enti locali di cui alla lettera a. per favorire il riutilizzo in funzione sociale dei beni immobili sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e mafiosa, mediante la stipula di accordi di programma con i soggetti assegnatari.
In questo specifico ambito la carenza del disposto dell'articolo è evidente. Prima di tutto non si può prevedere un riutilizzo sociale dei beni “sequestrati” ma solo dei beni “confiscati”. Inoltre non soltanto si elude il problema dei beni confiscati su cui poggiano ipoteche e mutui da riscattare, ma si eludono completamente anche gli aspetti relativi a: - aziende confiscate; - selezione dei beni confiscati ma inutilizzabili che potrebbero tranquillamente essere posti in vendita al fine di reperire risorse, come previsto dalla normativa vigente. Inoltre occorre prevedere: - un coordinamento con l'Agenzia Nazionale; - l'istituzione di un tavolo, presso le Prefetture o altro Ente, per il coordinamento progettuale volto ad un effettivo riutilizzo a fini sociali, capace di coinvolgere ampi soggetti sociali ed evitando di dare spazio alla costituzione di reti clientelari e monopolistiche della “partita” relativa ai beni confiscati. Nello specifico si rimanda alle proposte che si avanziamo in merito nella successiva parte del presente contributo.
Articolo 10 - Politiche a sostegno delle vittime
1. È istituita una voce del Fondo di dotazione della “Fondazione regionale per il sostegno alle vittime dei reati” di cui all'articolo 10 della legge regionale n. 28 del 2004, per il sostegno specifico alle vittime della criminalità mafiosa e organizzata.
2. La Regione interviene a favore delle vittime dei reati del crimine organizzato e mafioso, sulla base dei presupporti, modalità e condizioni previste dal medesimo articolo e dallo Statuto della Fondazione.
3. La Regione, mediante specifici strumenti nell'ambito delle proprie politiche sociali e sanitarie, nell'esercizio delle proprie competenze di programmazione, regolazione e indirizzo, prevede interventi a favore delle vittime di fenomeni di violenza, di dipendenza, di sfruttamento e di tratta connessi al crimine organizzato e mafioso.
In questo articolo occorre inserire la precisazione: “reati del crimine organizzato e mafioso, ovvero dei cosiddetti reati satellite commessi da soggetti su cui gravano gravi indizi se non conclamate evidenze di mafiosità”. Infatti nella maggioranza dei casi, pur se accertata la mafiosità dei soggetti, le condanne specifiche riguardano i cd. reati satellite e non il 416 bis. Se tale precisazione non venisse prevista si promuoverebbe una norma incapace di offrire sostegno a buona parte delle vittime di soggetti legati alle organizzazioni di stampo mafioso.
Articolo 11 - Tavolo della Legalità per la Liguria
È istituito il “Tavolo della Legalità per la Liguria”, così composto:
Un rappresentante delle Giunta regionale, indicato dal Presidente della Regione, che convoca e presiede la prima riunione;
Tre consiglieri regionali, di cui almeno uno in rappresentanza della minoranza consiliare;
Un rappresentante dell'Università degli studi di Genova; Un rappresentante dell'inca ligure;
Un rappresentante dell'UPI ligure;
Un rappresentante delle Autorità Portuali;
Un rappresentante della direzione scolastica regionale;
Un rappresentante delle Camere di Commercio industria e artigianato;
Un rappresentante delle forze sindacali;
Un rappresentante per ciascuna delle associazioni di categoria dell'edilizia, dell'industria, del commercio, dell'artigianato e dell'agricoltura;
Un rappresentante delle associazioni bancarie italiane;
Un rappresentante delle associazioni dei consumatori;
Un rappresentante delle associazioni che hanno convenzioni o protocolli con la Regione Liguria e che siano impegnati in azioni oggettivamente verificabili e documentate a favore della legalità.
Nell'ottica della maggior collaborazione tra le Istituzioni, sono invitati a partecipare alle riunioni del “Tavolo della Legalità per la Liguria” i Prefetti delle province liguri, il Capo della Direzione Distrettuale Antimafia ligure e il Capo della Direzione Investigativa Antimafia ligure.
Il “Tavolo della Legalità per la Liguria” è luogo di analisi e confronto sullo stato della presenza della criminalità organizzata nel territorio regionale, sulle iniziative pubbliche e private intraprese per contrastarle e sulle azioni da intraprendere per rafforzare gli interventi di prevenzioni e contrasto.
L'istituzione di una struttura come quella del Tavolo della Legalità appare l'ennesima realizzazione di un organo elefantiaco privo di efficacia. Inoltre la stessa composizione e funzione dell'organismo proposto non appare di alcuna utilità effettiva per l'azione di prevenzione e contrasto. Tale organismo potrebbe quindi avere una sua funzione se istituto quale “Consulta” di tutte le realtà liguri operanti nel settore, e non quindi attraverso una selezione (dall'alto) su chi vi può partecipare in rappresentanza di molteplici realtà operanti nella regione. Se, quindi, si intende con questa proposta l'istituzione di una sorta di Consulta, questa deve essere aperta non ad “un rappresentante” per ogni categoria ma da un rappresentante per ogni organizzazione/associazione presente ed operante in Liguria, quale “assise” ove sviluppare il confronto sulle analisi e proposte in merito al fenomeno, così da promuovere una effettiva compartecipazione e cooresponsabilità di tutti i soggetti attivi nel territorio.
Tale ipotesi di struttura non può però eludere la necessità di prevedere un organismo “operativo” per rafforzare l'azione di prevenzione e contrasto. Si rimanda quindi, su questo specifico punto, alla successiva proposta di prevedere, invece o inoltre, l'istituzione di un Osservatorio regionale indipendente.
Articolo 12 - Istituzione della “Giornata regionale dell'impegno contro le mafie e in ricordo delle vittime”
1. In memoria delle vittime della criminalità organizzata e mafiosa, la Regione istituisce la "Giornata regionale dell'impegno contro le mafie, in memoria delle loro vittime e per la promozione della cittadinanza responsabile", da celebrarsi ogni anno il ventuno di marzo al fine di promuovere l'educazione, l'informazione e la sensibilizzazione in materia di legalità su tutto il territorio.
Quanto disposto dal presenta articolo si ritiene utile ma non sufficiente. Infatti, come evidenziato, la prevenzione ed il contrasto al fenomeno non può essere ridotto a questione “etica” e “culturale”, anche se lodevole e importante come il ricordo delle vittime delle mafie, ma deve prevedere azioni coerenti ed efficaci sulla gestione della Pubblica Amministrazione.
Articolo 13 - Partecipazione all'associazione “Avviso pubblico”
1. La Regione Liguria aderisce ad “Avviso pubblico”, associazione senza scopo di lucro, liberamente costituita da enti locali e Regioni per promuovere azioni di prevenzione e contrasto all'infiltrazione mafiosa nel governo degli enti locali ed iniziative di formazione civile contro le mafie.
Nulla in contrario a tale adesione, ma appare opportuno stigmatizzare che se tutti gli Enti locali e le Regioni che aderiscono ad “Avviso Pubblico” avessero avuto gestioni coerenti con gli scopi di tale associazione, non si sarebbe oggi in presenza, proprio nei territori da questi Enti amministrati, di un'ampia diffusione del fenomeno.
Articolo 14 - Monitoraggio sull'attuazione della legge
Ogni due anni la Giunta regionale presenta all'Assemblea Legislativa una dettagliata relazione che fornisce informazioni sui seguenti aspetti:
il quadro degli interventi e delle iniziative di prevenzione primaria, secondaria e terziaria posti in essere, coordinati e finanziati dalla Regione ai sensi della presente legge;
l'ammontare delle risorse e la loro ripartizione per il finanziamento delle iniziative e degli interventi previsti dalla legge nonché le modalità di selezione dei soggetti privati coinvolti;
i dati raccolti ed elaborati sui fenomeni di illegalità collegati alla criminalità organizzata di tipo mafioso nelle sue diverse articolazioni, rilevati nel territorio regionale.
Quanto disposto dal presenta articolo si ritiene opportuno, se inserito in un più articolato disegno normativo.
Art. 15 - Costituzione di parte civile della Regione nei processi di mafia
È fatto obbligo alla Regione di costituirsi parte civile in tutti quei procedimenti penali, relativi a fatti commessi nel territorio della regione, in cui sia stato emesso decreto che dispone il giudizio o decreto di citazione a giudizio contenente imputazioni per il delitto di cui all'art. 416 bis del codice penale o per delitti consumati o tentati commessi avvalendosi delle condizioni di cui all'art. 416 bis del codice penale ovvero al fine di agevolare le attività delle associazioni previste dallo stesso articolo.
La Regione, coerentemente alle finalità previste dalla presente legge, ha facoltà di costituirsi parte civile, anche prima dell'emissione del decreto che dispone il giudizio, in tutti quei procedimenti penali, relativi a fatti commessi nel territorio della regione, in cui, nella richiesta di rinvio a giudizio, siano contestate imputazioni per il delitto di cui all'art. 416 bis del codice penale o per delitti consumati o tentati commessi avvalendosi delle condizioni di cui all'art. 416 bis del codice penale ovvero al fine di agevolare le attività delle associazioni previste dallo stesso articolo.
Quanto disposto dal presenta articolo si ritiene opportuno, se inserito in un più articolato disegno normativo.
Art. 16 - Norma finanziaria
1. Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge si provvede per l'esercizio 2011 con lo stanziamento iscritto a bilancio nello stato di previsione della spesa all'U.P.B. 1.102 “Spese per l'attività di governo”.
2. Agli oneri per gli esercizi successivi si provvede con legge di bilancio.
Quanto disposto dal presenta articolo si ritiene opportuno, se inserito in un più articolato disegno normativo.
3. Valutazioni generali di introduzione alle proposte di integrazione alla proposta di Legge
3.1
Rispetto alla “mafia pulita”
Le organizzazioni di stampo mafioso, in parallelo alle attività più prettamente cruente in termini criminali, detengono ormai un tale consolidato patrimonio ed una capacità di “cassa” che costituisce ormai, su scala nazionale, unitamente a quello della criminalità finanziaria, 1/3 del PIL (somma di economia nera–illegale e criminale-mafiosa, il 20% almeno la prima e 10% la seconda).
La organizzazioni mafiose agiscono nell'economia globale e condizionano l'economia nazionale e quindi anche quella della Liguria, così come delle altre regioni settentrionali.
Le organizzazioni mafiose, quindi, non hanno necessità di sparare, bensì comprano e corrompono. Comprano i migliori professionisti disponibili su piazza, si comprano imprese e soci insospettabili, si comprano titoli, master e qualifiche. Corrompono pubblici funzionari ed amministratori di Enti pubblici e delle Società partecipate e/o controllate.
Le cosche sono divenute da un lato un “ammortizzatore sociale”, distribuendo lavoro nero o lavoro in società da queste controllate, in grado di garantire anche “consenso” e quindi “pacchetti di voti”, condizionando il voto e quindi la selezione di coloro che sono chiamati a gestire la cosa pubblica.
La colonizzazione posta in essere, nei decenni passati, nei territori non “tradizionalmente” mafiosi, ha saputo costruire in parallelo ad un efficace insabbiamento anche un “consenso sociale”. Le mafie operano rispondendo alle richieste delle comunità. Offrono cocaina e droghe perché vi è richiesta; offrono prostitute/i perché vi è richiesta; offrono merce contraffatta perché vi è richiesta...
L'evoluzione delle cosche, con l'ingresso degli esponenti delle stesse in settori chiave degli ordini professionali e con una indiscutibile capacità di coordinamento e collaborazione tra diverse mafie, rappresenta senza dubbio un potenziamento senza precedenti della capacità di insinuarsi, in modo quasi invisibile sia nell'ambito del Potere politico, sia economico e finanziario.
Il grande riciclaggio, che avviene nelle regioni più ricche del Paese e che vede la Liguria come “capitale”, si sviluppa in molteplici settori e grazie, fondamentalmente ad alcuni fattori: - le complicità degli istituti bancari che non solo disattendono l'obbligo della segnalazione delle obbligazioni sospette ma addirittura coprono ed agevolano tali operazioni;
- la permeabilità dell'economia nazionale ai flussi finanziari (e quindi anche speculativi) provenienti dai paesi della “black list”, ovvero dai paradisi fiscali; - la disponibilità delle grandi imprese “sane” a diventare “alleati” in cambio di nuovi investimenti (anche se di origine illecita);
- l'acquisizione di piccole e medie imprese che soffocate da un mercato “viziato” o dalla crisi economica non trovano sostegno effettivo dagli istituti di credito; - una gestione della cosa pubblica disattenta e indifferente all'origine dei capitali che muovono iniziative speculative sul territorio.
A questo va aggiunto, doverosamente, il fatto che la legislazione italiana è inefficace: con la normativa antiriciclaggio vigente, dal 1996 al dicembre 2009, sono state 30 le condanne definitive emesse dalla Cassazione. Pensare di colpire la “mafia pulita” sul piano “militare”, ovvero con i semplici arresti, è impensabile. Oggi sarebbe irresponsabile agire senza porre come primo punto l'azione di repressione al riciclaggio, l'aggressione al patrimonio illecito e il contrasto alla rete di “professionisti”, dalla fedina penale pulitissima, così come dei pubblici amministratori (eletti o funzionari).
La Regione e gli Enti Locali possono fare molto in questo senso. La stessa legislazione e regolamentazione, oltre agli strumenti di pianificazione e programmazione (paesaggio, costa, urbanistica, commercio, rifiuti, energia, cave,...), sono un tassello essenziale per promuovere, in modo coerente e deciso l'azione preventiva e di contrasto.
3.2 Rispetto agli aspetti costituenti maggior allarme sociale
Anche le attività che destano maggior allarme sociale si sono evolute con il passare degli anni. Innanzitutto, anche in questo caso, è da considerate un presupposto: le diverse organizzazioni di stampo mafioso hanno acquisito la capacità di coordinarsi e collaborare tra loro, al fine di evitare quella visibilità del fenomeno che deriverebbe da scontri per l'acquisizione di posizioni dominanti in settori o territori specifici.
In questo ambito occorre distinguere le attività criminose su cui occorre una reazione sociale, quindi cultura e di costume, oltre a quella repressiva promossa dallo Stato, e quelle che invece necessitano di una denuncia da parte delle vittime, in quanto passaggio essenziale per permettere un azione repressiva efficace.
Nell'ambito del primo caso siamo davanti alle attività illecite di sfruttamento della prostituzione e del lavoro nero, del traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, del gioco d'azzardo e della contraffazione. Qui le Pubbliche Amministrazioni possono fare molto, innanzitutto promuovendo una seria ed incisiva azione nell'ambito della Scuola e degli ambienti di aggregazione e impegno sociale, oltre che con attività di contrasto preventivo.
Bisogna comprendere che le mafie offrono risposta alla richiesta proveniente dalla comunità. Se non vi fosse “domanda” l'offerta sarebbe inutile... e le mafie sarebbero in ginocchio perché non avrebbero più la fonte primaria del denaro sporco da riciclare. Sfruttamento della prostituzione, contrabbando, droghe, gioco d'azzardo, se private della “richiesta” diventano un business fallimentare per le mafie. Ciò significa che il primo punto di azione sta nel riuscire ad incidere nelle scelte compiute dalle singole persone che costituiscono oggi il bacino di “utenza” di queste attività. In parallelo deve esserci un azione di contrasto preventivo rispetto a quello della Magistratura, su cui azione primaria è svolta dagli Enti Locali che, ad esempio, forniscono le autorizzazioni per aperture di locali di copertura.
Parallelamente a questa occorre un azione da parte delle organizzazioni sociali e di categoria, considerando il fatto, ad esempio, che spesso le strutture preposte allo sfruttamento della prostituzione, così come per il gioco d'azzardo, ed al traffico di stupefacenti, sono cosiddetti “circoli” culturali o ricreativi, club privati o locali di intrattenimento, su cui per primi possono svolgere attività di “controllo” e “contrasto” gli enti di promozione sociale, le associazioni di categoria e, quindi, gli Enti locali (con la polizia annonaria e locale). Anche per quanto concerne il lavoro nero e le irregolarità negli ambienti di lavoro (cantieri, agricoltura,...) occorre prima di tutto un assunzione piena di responsabilità per un monitoraggio volto a segnalazioni immediate alle Autorità preposte da parte dei Sindacati, così come dalle associazioni e confederazioni di categoria.
Nell'ambito del secondo caso occorre superare l'ottica per cui chi paga il pizzo, cede lavori o accetta forniture imposte, su pressioni e intimidazioni da parte di esponenti delle organizzazioni mafiose, sia una “vittima”. Omettendo la denuncia ed accettando le imposizioni si diventa complici perché si permette il consolidamento dell'organizzazione mafiosa. Se è quindi necessario che la magistratura addotti una linea univoca in questo senso, così come sviluppatasi ad esempio con la DDA di Milano, un compito essenziale spetta nuovamente sia alle altre Istituzioni sia alle associazioni di categoria. Se queste ultime devono adottare provvedimenti per cui chi è soggetto ad estorsione ed omette la denuncia all'Autorità Giudiziaria deve essere espulso dall'associazione di appartenenza, così come anche con la costituzione di parte civile nei procedimenti penali, le Istituzioni devono prevedere sia azioni sostegno effettivo per i soggetti che decidono di denunciare, così che non vengano lasciati soli davanti alle eventuali ripercussioni e ritorsioni da parte dell'organizzazione criminale, sia azioni di penalizzazione per l'accesso a contributi, concessioni, incarichi (diretti o indiretti, ovvero da società partecipate o subappalti), per le imprese o cooperative che abbiano omesso di denunciare un attività estorsiva promossa a loro danno.
Per quanto concerne invece le attività di usura occorre procedere ad un effettivo sostegno a chi denuncia da parte delle Istituzioni (anche attraverso la società finanziaria della Regione, oltre che con agevolazioni attraverso i vari Enti locali), ma anche un contrasto agli istituti di credito che hanno offerto copertura agli usurai, ovvero che hanno omesso il dovere di segnalazione di movimenti e conti sospetti.
3.3 Fondamenta di un'azione efficace di contrasto a mafie e riciclaggio
Vi sono alcuni errori devastanti che la politica in generale rischia di commettere, pur dando di sé l'immagine di promozione di un azione antimafia. Tra questi eccone alcuni:
- pensare che con azioni di ulteriore burocratizzazione delle procedure si possa ostacolare l'attività delle organizzazioni mafiose nell'economia locale. Questo perché le mafie hanno a disposizione i migliori professionisti (se li comprano), sono le imprese oneste che hanno difficoltà a permettersi il ricorso a professionisti di primo livello per seguire le diverse e complesse pratiche e procedure;
- pensare che l'infiltrazione mafiosa sia solo in settori “tradizionali” quali edilizia e movimento terra, quando invece i settori dove ormai le organizzazioni mafiose hanno avviato da tempo le proprie infiltrazioni, raggiungendo anche posizioni di consolidato radicamento e posizioni monopolistiche in alcuni settori e territori, sono anche quelli delle bonifiche ambientali, dei trasporti di rifiuti e gestione dello smaltimento, delle discariche e cave, della sanità e della ristorazione, dei servizi (come le riscossioni e le pulizie), energie rinnovabili, commercio di quartiere e nell'ambito di grandi centri commerciali, agricoltura e allevamenti, acquisizione e riconversione di aree post-industriali con finanziamenti pubblici (anche europei) e del patrimonio immobiliare pubblico.
Appare quindi evidente che la normativa (legislativa e regolamentare) di una Regione possa essere determinante solo se interviene su tutti i settori e non solo su alcuni di questi, parzialmente. Per questa ragione il progetto di legge, così come formulato, non è assolutamente adatto allo scopo indicato nelle finalità espresse dalla stessa Giunta Regionale nella relazione illustrativa. Allo stesso modo non sono assolutamente adatte ad affrontare seriamente la questione le diverse leggi regionali e deliberazioni della Giunta sin qui adottate.
Vi sono infatti due punti cardine di una corretta azione di contrasto alle mafie, un presupposto ineludibile ed un irrinunciabile pratica, da cui occorre partire per l'adozione di provvedimenti legislativi che si vogliano efficaci.
Il presupposto è che l'attuale normativa nazionale sulla certificazione antimafia è gravemente inefficace. Infatti questa prevede che la certificazione antimafia possa essere ritirata dall'autorità prefettizia solo nel caso gli amministratori, direttori e soci di un impresa rientrino nelle cause ostative previste dalla Legge nazionale.
Basta quindi che vengano messi nelle compagine societarie ed amministrative dei prestanome che la norma non consente alcun provvedimento, se non a seguito di un accertata riconducibilità di fatto della titolarità e/o gestione della società stessa ad esponenti di organizzazione di stampo mafioso. Fatto questo che necessità dell'intervento dell'autorità giudiziaria e della predisposizione da parte di questa di una complessa attività di indagine che, attraverso l'operato della polizia giudiziaria, permetta l'adozione di provvedimenti preventivi personali o sulle società.
I due punti cardine su cui, come si è già evidenziato, deve caratterizzarsi l'azione di contrasto sono invece le seguenti:
- concentrare in centrali uniche appaltanti (su scala regionale e provinciale) la gestione delle gare di appalto così da evitare che vi siano, sul medesimo territorio, molteplici soggetti che gestiscono (e quindi elargiscono) direttamente i fondi pubblici. Infatti sul territorio di una Provincia operano nell'assegnazione di appalti pubblici la Provincia stessa, i Comuni, le ASL, le società pubbliche e/o partecipate, oltre che la Regione stessa. Un sistema così disarticolato è permeabile alle infiltrazioni mafiose, così come al proliferare del fenomeno della corruzione e dei conflitti di interessi ed è un sistema perverso in cui una constatata assenza di trasparenza da parte degli Enti Pubblici fa da contraltare ad una inefficace azione di controllo sui subappalti e sulle forniture.
A questo poi andrebbe anche aggiunto che sempre più spesso gli Enti Locali procedono, su medesimi opere (vedesi ad esempio la realizzazione di rotatorie stradali) con il frazionamento di
dette assegnazioni, portandole ad un livello di sotto-soglia per cui è ancora più semplice l'aggiudicazione da parte di imprese condizionate o direttamente riconducibili ad organizzazioni mafiose. Inoltre le scatole cinesi delle società pubbliche o partecipate, costituite come società “a diritto privato”, agendo in deroga alle rigorose norme sulle procedure di appalto proprie degli enti pubblici.
- fermare la pratica della “deroga” costante agli strumenti di pianificazione in quanto è proprio dietro alle costanti deroghe che si sviluppano i principali fenomeni speculativi che coinvolgono capitali di illecita provenienza (finanziaria o mafiosa). Si prendano gli strumenti urbanistici, così come i piani di bacino o di tutela paesaggistica, così come quelli per l'energia, i rifiuti, le cave, il commercio, l'edilizia abitativa sociale, sino alla programmazione e pianificazione nel campo sanitario. Questi vengono approvati, valutati e quindi adottati per poi subire costantemente modificazioni “a richiesta”, con procedure essenzialmente semplificate che eludono, ad esempio, gli obblighi di informazione e partecipazione derivanti dalle normative europee e nazionali. Detta pratica devastante viene inoltre adottata, ad esempio, quasi sistematicamente anche per procedure quali VIA e VAS, così sottraendo ulteriormente al controllo democratico grandi interventi (pubblici o privati) sul territorio, con, spesso, ricadute negative sul tessuto economico-commerciale esistente o sulla stessa tutela del suolo.
Inoltre si impone una seria valutazione della deregulation devastante in materia di alienazione dei patrimoni pubblici e dei project financing. Infatti nella cessione a privati di beni o dell'uso di beni e/o aree pubbliche, per durate temporali di circa un secolo, non esiste, ad oggi, alcuno strumento di controllo sulla effettiva tenuta economia dei soggetti proponenti, ovvero dell'utilizzo di capitali di illecita provenienza per tali operazioni. Su questo specifico ambito, occorre promuovere una seria normativa, anche a livello regionale, per prevenire infiltrazioni.
Vi è poi un altro punto fondamentale: gli investimenti provenienti da paradisi fiscali e le coperture delle proprietà societarie effettive attraverso fiduciarie.
- rispetto al primo punto non si può eludere il fatto che la vicinanza fisica della nostra Regione a Montecarlo ha rappresentato e rappresenta un elemento di forte interesse per la criminalità organizzata (mafiosa e finanziaria). E' inoltre conclamato che alcuni dei principali soggetti economici operanti nella nostra Regione, anche in rapporto (ed in alcuni casi in società) con il Pubblico, hanno la propria “base” in società anonime in Lussemburgo, quando non direttamente in Paesi ancora iscritti nella “black list”.
- sempre rispetto al primo punto occorre promuovere una maggiore attenzione, per adottare quei provvedimenti che, dal punto di vista legislativo e regolamentare regionale, possono rafforzare quanto già stabilito dalla normativa nazionale, così come aggiornata con la L. 78/2009, in vigore dal 1 luglio 2009 e contenente “Disposizioni urgenti per fronteggiare la crisi economica,il sostegno alle famiglie, la semplificazione e la stabilizzazione della finanza pubblica, nonché proroga dei termini previsti da disposizioni legislative e della partecipazione italiana a missioni internazionali”. Infatti il divieto per Enti pubblici di avere rapporti con società che, direttamente o indirettamente, hanno capitali e soci con sedi in Paesi compresi nella “black list” in quanto paradisi fiscali.
L'irrinunciabile pratica per una concreta azione di prevenzione e contrasto all'illegalità ed alle infiltrazioni mafiose, che però viene sistematicamente (con accurata dovizia) evitata dalle Pubbliche Amministrazioni, è la trasparenza degli atti e delle procedure.
Come di prassi in Italia si è assistito all'ennesima pratica del “fatta la Legge, trovato l'inganno”, così il principio cardine e le disposizioni pratiche della normativa sulla trasparenza e correttezza dell'azione amministrativa sono finiti al macero.
Prima di tutto perché logica avrebbe voluto che davanti alla necessità di garantire ai cittadini l'accesso agli atti, si assumesse la pratica di scrivere in modo comprensibile al cittadino ogni provvedimento e poi perché si sono adottati Regolamenti che di fatto limitavano (sino a rendere vano) l'accesso agli Atti.
Se vigesse una effettiva accessibilità degli Atti e la trasparenza sulle procedure, ogni provvedimento sarebbe posto al controllo dei cittadini e questo, per intenderci, significherebbe che molteplici conflitti di interesse, clientele, irregolarità, agevolazioni improprie e fenomeni di corruttela, ovvero ogni pratica di mancato perseguimento dell'interesse pubblico generale, basato sul principio della buona amministrazione, si sarebbe affermato con maggiore facilità, rispetto ad un dilagare di gestioni pubbliche piegate ad interessi privati quando non anche criminali.
Inoltre da una completa accessibilità degli Atti e delle procedure, ad esempio, attraverso alla rete internet, e quindi realizzabile a costi zero per le P.A., si sarebbe potuto (e si potrebbe) agevolare anche l'azione di prevenzione e contrasto da parte dei reparti investigativi e della magistratura.
Purtroppo a parte le Delibere e le liste, spesso parziali, delle consulenze esterne e delle nomine, ed ancor più raramente dei bandi ed esiti di gara, ogni atto relativo alle procedure (come i verbali di gara con le singole offerte e valutazioni), nonché ogni concessione di licenze, concessioni edilizie, pratiche di sanatoria/condono, erogazione di contributi e finanziamenti pubblici, sino ad ogni informazione sui richiedenti le varianti che vengono avanzate agli strumenti di pianificazione, nonché alle liste delle società accreditate per trasporti di rifiuti, sono sistematicamente “nascosti” ai cittadini e quindi sottratti al loro controllo.
Se a questo si somma la creazione di un numero sempre maggiore di società a capitale pubblico e/o misto, costituite come società “a diritto privato”, a cui le P.A. e la Regione hanno delegato la gestione di servizi pubblici, nonché la gestione di patrimonio e capitali pubblici, sottraendoli al controllo degli organi consiglieri elettivi, la cancellazione “di fatto” della trasparenza degli Atti e delle procedure, è divenuta pressoché assoluta. Non è infatti consuetudine di alcuna delle società pubbliche e/o miste la pubblicazione di lista dei fornitori, incarichi di consulenza, esternalizzazioni di servizi, gare ed incarichi, elargizione di fondi ed acquisizione di quote e/o accordi con società terze, in alcuni cosi con soci protetti da segreto fiduciario quando non addirittura con sedi in paradisi fiscali.
Su questo specifico punto, in attesa della costituzione effettiva della Stazione Unica Appaltante, basterebbe che gli Enti Locali e le municipalizzate, così come anche la Regione Liguria e società a queste collegate, adotassero le procedure più rigorose già previste dalla normativa vigente. Infatti, secondo il Regolamento degli Appalti pubblici è, per fare alcuni esempi, prevedere nei bandi la nullità della gara in caso partecipi un unico soggetto; prevedere l'adozione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggosa e non quello del prezzo più basso. Tali strumenti già previsti dalla norma vigente se applicati, parallelamente ad un attenta valutazione delle soglie di anomalia, rappresenta già uno strumento di contrasto alle infiltrazioni delle organizzazioni mafiose negli appalti pubblici per lavori e forniture.
Inoltre sarebbe buona usanza che la Pubblica Amministrazione, a partire dagli Enti Locali, così come le società da questi partecipati e/o controllati, non adottassero la pratica dei “frazionamenti” dei lavori pubblici che si procede ad assegnazione (spesso con licitazioni private e senza pubblicazione di bando pubblico), in quanto tali frazionamenti determinano l'abbassamento del valore dell'incarico assegnato sotto la soglia che fa scattare più accurati controlli antimafia.
IN MERITO ALLE GARE D'APPALTO
3.4. Considerazioni specifiche su “Protocolli di Intesa” vigenti
In Liguria, come altre Regioni, sono stati ad esempio sottoscritti protocolli di intesa in materia, come ad esempio quello richiamato nella proposta di Legge tra Industriali, Prefetture e Ministero dell'Interno.
L'efficacia di tali strumenti è, ad oggi, a dir poco devastante e proprio l'esempio ligure è su questo altamente significativo: Confindustria imperiese sottoscrive il “Protocollo per la Legalità” ed al contempo non procede ad allontanare uno dei principali soggetti economici di quel territorio, a cui fa capo il cd. “Gruppo Parodi” che, vittima di un atto di chiara intimidazione di stampo mafioso, ha omesso ogni sorta di denuncia all'autorità giudiziaria.
In merito a questo specifico aspetto, non essendo prettamente inerente alla proposta di legge in esame si rimanda ad un articolato di proposte avanzate a Confindustria e rimasto senza alcun riscontro: www.casadellalegalita.org/index.php
4.Considerazioni specifiche sulla necessità di intervento su legislazione e normativa regionale per una efficace azione di contrasto alle mafie
Oltre a quanto già evidenziato nei precedenti capitoli, appaiono evidenti le lacune sul complessivo impianto legislativo e normativo della Regione in materia di contrasto alle infiltrazioni mafiose, in particolare rispetto a:
- bonifiche ambientali; - sanità pubblica, forniture e convenzioni; - controlli ambientali e analisi chimiche; - commercio e grande distribuzione; - ristorazione; - urbanistica; - rifiuti e discariche; - trasporti; - cave; - energie rinnovabili; - elargizione contributi e finanziamenti propri ed europei; - incarichi di fornitura e per prestazioni di servizi; - volontariato; - concessioni di aree e strutture (come ad esempio stabilimenti balneari o project financing); - partecipazione societarie in società miste; - nomine e organizzazione uffici; - assegnazione sussidi sociali e case popolari e/o alloggi di edilizia convenzionata; - trasparenza ed accesso agli atti ed alle procedure.
Inoltre manca in assoluto un'integrazione normativa regionale alla Legislazione nazionale rispetto al contrasto di fenomeni quali le infiltrazioni in settori come le scommesse e l'attivazione di punti di gioco con macchinette automatiche.
Per fare solo alcuni esempi concreti, si pensi alla capacità delle mafie di infiltrarsi:
- nel settore degli Ortomercati, ovvero il controllo che le stesse hanno di mezzi di trasporto con cui possono trasportare qualunque genere di materiali e sostanze illecite (dalle armi alle droghe), nonché di inserimento sul mercato di prodotti non conformi, al controllo del caporalato sino alla gestione di una rete ampia di commercio abusivo. La normativa regionale e quella dei Comuni deve quindi recepire la necessità di attivare controlli costanti nell'ambito degli Ortomercati e di repressione della rete abusiva di vendita;
- nel settore delle sale giochi, delle scommesse, delle slot e news-slot.
Le mafie hanno da sempre avuto una dirompente capacità di mimetizzazione, assumendo posizioni dominanti e condizionanti il mercato. Tali attività necessitano di un forte monitoraggio da parte della Pubbliche Amministrazioni, anche attraverso l'operato della Polizia Locale, così da poter promuovere segnalazioni tempestive all'A.G.. Inoltre appare necessario che la Regione si adoperi per l'adozione, da parte dei Comuni, di regolamentazioni che prevedano screening adeguati per il rilascio di licenze, così come per impedire che la collocazione di videopoker e news-slot sia prevista, ad esempio, in luoghi aperti a minori e circoli culturali;
- la contraffazione rappresenta un settore in espansione per le organizzazioni mafiose e si sviluppa attraverso reti di esercizi commerciali e sin dentro a grandi centri commerciali (tipo outlet). Anche in questo caso occorre procedere ad uno specifico intervento della Regione e dei Comuni al fine di garantire, soprattutto attraverso l'ausilio della Polizia Locale, un azione di monitoraggio del territorio, in quanto iniziativa indispensabile di tutela del tessuto commerciale sano;
- nel ciclo dei rifiuti la capacità di condizionamento e di infiltrazione è ormai un dato acquisito ed è derivante dal business che questo particolare settore rappresenta in quanto interamente sovvenzionato dalle casse pubbliche e dalle tariffe/imposte sui cittadini ed attività economiche. Inoltre l'attivazione di impianti per l'incenerimento dei rifiuti, oltre al comportare un aggravio dei costi sulla collettività e ricadute pesantissime sull'ambiente (e quindi anche sull'economia locale di settori quali allevamenti, agricoltura, floricoltura) e sulla salute, rappresenta l'occasione d'oro per lo smaltimento illecito di rifiuti pericolosi a bassi costi. Soltanto uscendo dal ciclo integrato, ovvero optando per il riciclo-totale, sul modello del Centro Riciclo di Vedelago (recupero e riciclo di oltre il 93%), che permette di ridurre le spese (sugli Enti locali e sui cittadini), garantire introiti dalla vendita della “materia” recuperata, promuovere un più alto livello occupazionale per la gestione della raccolta porta a porta del differenziato, offerta di compost di qualità ed a basso costo per l'agricoltura, eliminazione dei rischi per ambiente e salute;
- gli impianti per le energie rinnovabili, per impedire che si disperdano risorse pubbliche (nazionali ed europee) a vantaggio di privati e senza adeguata ricaduta sulla rete di distribuzione, devono essere realizzati su piccola scala e con contestuale rete di distribuzione che garantisca l'utilizzo effettivo dell'energia pulita prodotta, ad esempio, per le strutture pubbliche, l'illuminazione pubblica, e, se la quantità di energia prodotta lo consente, dei centri abitati.
Anche rispetto alla legge e normativa elettorale regionale occorrerebbero alcune modifiche. Prima di tutto vi è la necessità di recepire il Codice deontologico promosso dalla Commissione Parlamentare Antimafia, ed approvato trasversalmente, che prevede alcune cause di ineleggibilità e candidabilità. Inoltre bisogna rendere efficace il principio di trasparenza in merito ai candidati ed alle liste. Nel merito la proposta di modifica della Legge Regionale deve prevedere la pubblicazione online, sul sito internet della Regione, dell'elenco dettagliato dei contributi e donazioni elettorali (con indicazione del sottoscrittore sia se persona sia se società o soggetto collettivo) ricevuti dai Candidati (sia eletti, sia non eletti), dai Comitati Elettorali o dai Partiti, nonché dalle associazioni/fondazioni a questi collegate.
E' ormai evidente che prima ancora delle norme di Legge dovrebbe essere adottata dalla politica una pratica “quotidiana” di prevenzione e contrasto. Proprio in Liguria si è evidenziata la capacità della criminalità organizzata di stringere “patti” politico-mafiosi in modo assolutamente trasversale. Si sono evidenziati, al di là dell'aspetto penale, episodi di contiguità pesanti con esponenti noti, anche di primo piano, delle cosche della 'Ndrangheta e di Cosa Nostra, che hanno visto protagonisti politici di partiti, nonché eletti ed amministratori pubblici, sia del centrodestra che del centrosinistra. In nessuno dei casi conclamati è stato adottato alcun provvedimento di ammonizione, sospensione o espulsione da parte gli organi di garanzia dei rispettivi partiti, facendo sì che la pratica del “voto di scambio” e del patto “politico-mafioso” siano stati completamente ignorati.
Inoltre, in aggiunta a quanto si vedrà nel capitolo sulla trasparenza degli Atti e delle procedure, occorre indicare da subito che, sulla base del modello del Bollettino del mercato pubblico che in Francia funziona da oltre 60 anni, andrebbe pubblicato nel Bollettino regionale anche la lista degli acquisti di beni e servizi con relative gare d'appalto e ditte fornitrici, incarichi, consulenze, appalti dei lavori pubblici.
Anche sull'aspetto delle nomine e delle funzioni assegnate all'interno dell'Organizzazione degli Uffici della Regione occorre procedere ad un intervento normativo.
Prima di tutto deve essere posta al centro la necessità di una selezione nella massima trasparenza basata sul merito e sulle competenze. Allo stesso modo è indispensabile garantire un'adeguata formazione del personale, a partire dai ruoli direttivi, e dei soggetti che vengono nominati alla guida delle società pubbliche e/o partecipate.
Infatti il problema delle infiltrazioni mafiose non è solo quello derivante dalle complicità o fenomeni di corruzione, ma anche dall'ignoranza della materia. Altresì deve essere prevista la possibilità di rimozione dal ruolo assegnato (sia in caso di nomina in società pubblica e/o partecipata, sia nel caso del personale) quando si ripetano situazioni di anomalie decisionali e comportamenti che minano la corretta gestione della cosa pubblica.
La Regione, per fare ancora un esempio concreto, dovrebbe prevedere anche una serie di sostegni concreti per i soggetti che avviano la collaborazione con lo Stato (collaboratori e testimoni di giustizia) in quanto, dall'avvio delle verbalizzazioni con la DDA all'inserimento nel sistema di protezione da parte della Commissione Centrale presso il Ministero dell'Interno, possono trascorrere molti mesi. In questo lasso di tempo il soggetto verbalizzante non ha alcun sostegno da parte dello Stato (né casa, né lavoro) ed appare fortemente vulnerabile.
Pertanto, se la Regione Liguria vuole effettivamente procedere all'adozione di una seria normativa regionale di contrasto alle mafie, necessitano provvedimenti complessivi sui diversi campi in cui, come si è ormai evidenziato in modo consolidato, la capacità di infiltrazione, condizionamento e radicamento delle organizzazioni mafiose è elevata.
5. Un'azione concreta, immediata e a costo zero per un'effettiva attività di prevenzione e contrasto
La Regione Liguria dovrebbe attuare direttamente e prevedere apposita normativa per gli Enti locali, per le società con capitale (anche parziale) pubblico ed eventuali collegate/controllate, affinché venga pubblicato su internet, in modo accessibile a chiunque:
1) lista dei fornitori (con indicazione del valore economico e della tipologia), con indicazione della compagine societaria storica degli stessi ed eventuali partecipazioni in altre Società;
2) lista delle offerte (da quella "vincitrice" a tutte le altre, con indicazione della compagine societaria storica delle stesse) per trattative private e gare d'appalto, con Verbali e Determinazioni di assegnazione, descrizione del capitolato, eventuali subappalti e liste dei fornitori ed eventuali varianti in corso d'opera (con indicazione di variazioni di costo);
3) tutti gli incarichi diretti che vengono assegnati con indicazioni di tipologia e costo (non solo per le consulenze, ma anche per i servizi e lavori), ed indicazione del curriculum vitae dell'incaricato con assegnazione di eventuali altri incarichi per il medesimo settore, sia pubblici che privati, del passato e del presente; se si tratta di incarichi a società, anche qui, con indicazione della compagine societaria storica degli stessi ed eventuali Società o Consorzi collegati;
4) tutte le indicazioni sui progettisti, partner finanziari e subappalti (con le rispettive indicazioni delle compagini societarie storiche);
5) la lista di tutti i contributi (finalizzati o a fondo perso) e finanziamenti pubblici (ed agevolazioni) che vengono assegnati e riconosciuti dagli Enti locali (dai Comuni alla Regione passando per le Società Partecipate, Enti controllati e UE) a società ed associazioni di imprese o associazioni di ogni genere, con indicazione dei soci delle stesse;
6) la lista dei dirigenti e funzionari responsabili, oltre che degli assessori e consiglieri, e di quanti vengono nominati dagli Enti in Cda o Comitati di Gestione, con l'indicazione non solo del reddito e stato patrimoniale attuale degli stessi, ma anche delle eventuali partecipazioni in società private degli stessi e dei parenti e congiunti (sino al 2° grado), oltre all'eventuale dipendenza (anche in forma di "consulenza") degli stessi - così come dei parenti e congiunti sino al 2° grado - per società in rapporti con Società pubbliche o partecipate e/o che operino con appalti e incarichi (diretti o indiretti) derivanti dall'azione dell'Ente pubblico stesso o Società partecipata (o collegata) per concessioni/convenzioni.
Prevedere che i Comuni pubblichino online sui propri siti:
1) la lista delle domande e concessioni di licenze commerciali (comprese le autorizzazioni per i cosiddetti "circoli") con nominativi dei titolari e responsabili (in caso di Società anche i dati della visura storica della stessa);
2) la lista delle concessioni edilizie che vengono richieste e quelle rilasciate, con indicazione delle ditte incaricate dei lavori, dei progettisti e delle proprietà (e degli eventuali passaggi di proprietà avvenuti nell'arco dell'ultimo anno), oltre alle eventuali varianti in corso d'opera;
E' inoltre necessario che vengano resi noti sui rispettivi siti internet:
1) le Società (pubbliche e private) che conferiscono rifiuti in discariche o impianti collocati nel proprio territorio o di proprietà di società partecipate;
2) i provvedimenti di sanzione per reati ambientali adottati nell'ambito del proprio territorio;
3) le Società che operano in movimenti terra e/o che hanno incarichi di bonifica (con indicazione della tipologia e sito specifico di partenza, stoccaggio e deposito) nell'ambito del proprio territorio;
4) la lista degli autotrasportatori che operano nei mercati generali (fiori, pesci, carne, ortofrutta) siti nel territorio di competenza che siano assegnati a gestione di terzi o direttamente gestiti da Società pubbliche o miste;
5) le concessioni di variazione di destinazione ad uso di aree, palazzi, impianti industriali, strutture ricettive e di culto, con indicazione anche del gestore/proprietario o del soggetto a cui viene assegnata la concessione;
6) la graduatoria per le assegnazioni di immobili comunali e delle case popolari, ivi comprese quelle costruite da privati per l'edilizia convenzionata, oltre a quelle relative agli immobili (abitativi o commerciali) di competenza di società pubbliche; inoltre, per ogni provvedimento adottato in "deroga" alle graduatorie, l'indicazione della motivazione e del beneficiario;
7) le eventuali stipule di convenzioni con Società private (come, ad esempio, per macchinette di distribuzione bevande/alimenti, ticket ristorazione, servizi mensa,...) stipulate dall'ente, con l'indicazione delle altre offerte pervenute e rigettate, oltre alle relative informazioni da Visura camerale riferite al soggetto prescelto ed agli esclusi.
Inoltre, Regione e Province devono pubblicare sul proprio sito internet tutte le autorizzazioni inerenti:
1) i movimenti terra e i materiali da cava; 2) le società che effettuano movimentazioni di rifiuti e rifiuti speciali; 3) le pratiche inerenti concessioni di deroghe per i vincoli esistenti; 4) i provvedimenti di sanzione per reati ambientali adottati nell'ambito del proprio territorio; 5) le Società che operano movimenti terra e/o che hanno incarichi di bonifica (con indicazione tipologia e sito specifico di partenza, stoccaggio e deposito) nell'ambito del territorio di propria competenza;
6) le eventuali stipule di convenzioni con Società private (come ad esempio per macchinette di distribuzione bevande/alimenti, ticket ristorazione, servizi mensa,...) stipulate dall'ente, con l'indicazione delle altre offerte pervenute e rigettate, e relative informazioni da Visura camerale riferite al soggetto prescelto ed agli esclusi.
E' indispensabile che la Regione, le Provincie ed i Comuni inseriscano online tutte le pratiche e i pareri di VAS, VIA, screening, le prescrizioni (anche relative ai materiali) ed ogni variante agli strumenti di Pianificazione (PUC, Piani di Bacino, PTCT, Piano delle Cave,...) con l'indicazione del richiedente (e se si tratta di Società o più Società indicando anche le compagini societarie storiche delle stesse ed eventuali società collegate), oltre alle eventuali osservazioni giunte in merito ed i provvedimenti adottati dagli Enti e dalle Conferenze di Servizio (con pubblicazione dei relativi verbali, indicanti i partecipanti ed i voti espressi).
E' inoltre opportuno, anche che gli Enti Locali, così come la Regione Liguria, pubblichino con adeguato anticipo sui propri site internet, ovvero inoltrino ai Prefetti territorialmente competenti, le rose dei nominativi alla base delle valutazioni per nomine in Enti e Società partecipate e/o controllate. Tale trasparenza seppur non prevista dalla normativa nazionale, permetterebbe di raccogliere in via preventiva gli eventuali rilievi rispetto a soggetti “attenzionati”, quando non “indagati”, evitando così di procedere a nomine non opportune.
6. Necessità di monitoraggio, pubblicizzazione Atti, raccordo tra Enti
e Osservatorio indipendente
Come si è cercato di evidenziare, il problema delle infiltrazioni mafiose e del riciclaggio riguarda molteplici settori ed ha una capacità di “mimetizzazione” elevatissima, grazie alle complicità di professionisti insospettabili e reti di prestanome. E' quindi nell'azione di monitoraggio e di pubblicizzazione di atti e procedure, oltre che di raccordo collaborativo preventivo con i reparti investigativi e l'Autorità Giudiziaria, che passa una seria, coerente e concreta, azione di contrasto.
Per questi motivi la Regione, se vuole seriamente costruire una effettiva ed efficace lotta alla criminalità organizzata ed al riciclaggio, deve saper promuovere iniziative decise e capaci di guardare a 360°.
Due sono le prime azioni concrete, oltre alle innovazioni legislative e normative, che possono e devono essere realizzate:
a) la stipulazione di un Protocollo d'intesa con le Camere di Commercio, l'Agenzia delle Entrate, il Catasto e l'Ufficio del Registro, l'Ispettorato del Lavoro e le Prefetture, con la conseguente realizzazione di un'attività di monitoraggio;
b) la costituzione di un Osservatorio indipendente della Regione Liguria su conflitti di interessi, economia criminale e mafiosa.
(a) Rispetto all'attività di monitoraggio occorre prendere ad esempio quanto realizzato dalla Camera di Commercio di Reggio Emilia. Bisogna attivare un database, accessibile ai reparti investigativi ed all'Autorità Giudiziaria, in cui siano indicate costantemente le operazioni sospette, dalle Società che nascono dal nulla con disponibilità di ingenti capitali, ai trasferimenti di rami di azienda ed apertura di unità locali di Società "lontane", dalle quote ed incarichi societari di persone già note agli Uffici, così come le coperture fiduciarie e le proprietà estere e nei paradisi fiscali; ma anche le eventuali assenze di certificazione antimafia sulla base delle indicazioni degli Uffici prefettizi competenti, e gli aumenti di capitali o di unità locali e/o di mezzi e patrimoni non giustificati dalle entrate a Bilancio. Per fare questo serve costituire un pool di funzionari appositamente incaricati, che passino in rassegna e verifichino le anomalie da segnalare rispetto ai diversi settori, a partire da quelli del movimento terra, degli autotrasporti, dell'edilizia e delle bonifiche ambientali, delle energie rinnovabili e dell'ambito sanitario.
Per l'attuazione di questo Ufficio della Regione serve un protocollo d'intesa che permetta un coordinamento che consente verifiche incrociate immediate tra i soggetti già indicati, per permettere l'accesso e la consultazione alle diverse banche dati.
(b) Rispetto all'attivazione dell'Osservatorio si tratta di attivare uno strumento oggettivamente efficace e quindi indipendente. Non si tratta di una “commissione” di natura “politica”, bensì di un nucleo costituito da soggetti esterni alla struttura della Regione. L'Osservatorio deve essere composto da 7 o 9 persone che operano gratuitamente (senza alcun gettone di presenza) e con il solo rimborso delle spese viaggio reali, con uno spazio attrezzato presso gli Uffici della Regione e strumenti messi a disposizione dalla stessa struttura della Regione.
4 membri, tra cui il presidente, devono essere individuati tra esperti, sulla base di un bando pubblico. Non devono ricoprire incarichi pubblici o in soggetti operanti con le Pubbliche Amministrazioni, non devono essere iscritti o essere dirigenti di partiti, sindacati, associazioni di categoria o altre organizzazioni di massa. Devono comprovare la propria esperienza nel settore con curriculum pubblico. La selezione sarà effettuata dal Consiglio Regionale.
3 o 5 membri, tra cui il vice presidente, devono essere individuati sulla base di un bando pubblico, quali rappresentanti di associazioni, reti di associazioni e onlus indipendenti (che non ricevano contributi dalle Pubbliche Amministrazioni della Regione, dalla Regione stessa o da soggetti economici operanti nella Regione e che non siano legate a partiti politici o sponsorizzate- sovvenzionate da imprese con posizioni influenti nell'economia della regione) operanti nel territorio della regione (con attività documentabile di almeno 2 anni). Devono comprovare la propria
esperienza e attività nel settore con curriculum pubblico dell'associazione, rete di associazione o onlus. La selezione sarà effettuata dal Consiglio Regionale che sceglierà i soggetti da inserire nell'Osservatorio ed ogni singolo soggetto - entro 5 giorni dalla comunicazione da parte della Regione - indicherà il proprio rappresentante, in caso sia difforme dal rappresentante legale.
L'Osservatorio dovrà ricevere dagli Enti Locali e dagli Uffici della Regione ogni documentazione che sarà richiesta dallo stesso. Inoltre la Regione dovrà effettuare un' apposita convenzione con le CCIAA e gli Uffici del Catasto al fine di poter permettere alla Commissione l'accesso alle rispettive banche dati.
L'Osservatorio potrà effettuare audizioni ed avrà il compito di inviare alle competenti DDA, Prefetture ed ai reparti investigativi dello Stato le informative sulle risultanze del proprio operato. Inoltre ogni anno dovrà redigere una doppia Relazione. Una pubblica, che sarà pubblicata sul sito della Regione ed una dettagliata, riepilogativa delle informative sviluppate durante l'anno, da inviare alla Commissione Parlamentare d'Inchiesta Antimafia, alla Procura Nazionale Antimafia, alle DDA e Prefetture competenti, ai Reparti investigativi dello Stato.
L'Osservatorio dura in carica sino alla decadenza dell'Assemblea Regionale e dovrà essere ricostituito ad avvenuto rinnovo dell'Assemblea. Il materiale ed i verbali dei lavori dell'Osservatorio non saranno accessibili ai componenti di Giunta e dell'Assemblea Regionale, così come non saranno accessibili le informative e la relazione annuale dettagliata. L'unico soggetto ad avere accesso agli atti dell'Osservatorio, per effettuare il potere di controllo, con l'obbligo a non diffonderne copia o contenuti, anche parziali, è il Responsabile dell'Ufficio Legislativo della Regione.
La Regione Liguria dovrà dotare l'Osservatorio dell'accesso ad internet e di linee telefoniche dedicate, delle attrezzature (computer, stampanti, fotocopiatrici, scanner, registratore e videocamera digitale), e di un budget per le missioni nelle diverse province della Regione per eventuali sopralluoghi.
L'Osservatorio ha quindi una pura funzione tecnica e non possiede alcun potere di rappresentanza della Regione; si doterà di un proprio regolamento per garantire il corretto ed efficace espletamento dei propri compiti .
L'Ufficio incaricato dell'attività di monitoraggio (di cui al punto a) dovrà fornire ogni informazione richiesta all'Osservatorio, così come l'Osservatorio dovrà fornire input all'Ufficio della Regione incaricato di effettuare l'attività di monitoraggio, in modo tale da ottimizzare ed approfondire ogni informazione utile.
7. Iniziativa culturale, civile e di informazione
Per combattere un nemico occorre conoscerlo. Per combatterlo adeguatamente vi è necessità di conoscerlo bene, non attraverso semplificazioni o retorica. In altre parole: se non si ha e non si promuove una diagnosi seria non si può adottare nessuna cura realmente efficace!
Per questo è indispensabile promuovere sia una corretta informazione, sia un'azione culturale, a partire dalle nuove generazioni. Infatti la questione è molto semplice: la comunità deve svolgere un ruolo determinante, quotidiano, nell'azione di contrasto all'illegalità ed alle mafie, così come è auspicabile far venir meno quel consenso sociale che le mafie necessitano e si garantiscono nei territori di origine ed in quelli scelti per la colonizzazione.
Se da un lato vi è quindi la necessità di coinvolgere in questa azione il sistema dell'informazione locale, affinché costituisca un tassello per diffondere la conoscenza del fenomeno e degli strumenti con cui è possibile colpirlo, dall'altro lato diventa fondamentale l'attivazione di iniziative serie nell'ambito della scuola, dell'università e del territorio.
Vi è però un punto che deve essere focalizzato e chiarito dal principio: sia l'azione dell'informazione sia quella culturale deve essere epurata da ogni logica di parzialità e di retorica.
In Italia, ed anche in Liguria, si parla spesso di mafia, così come a livello nazionale il sistema dell'informazione offre quasi quotidianamente frammenti di notizie su arresti, sequestri, indagini; così come molteplici realtà politiche ed associative promuovono essenzialmente un intervento di “memoria” sui morti ammazzati e sul volto delle mafie che produce maggior allarme sociale (droga, prostituzione, estorsione). In entrambi i casi non si dice tutto, ci si limita ad affrontare una porzione di verità, ovvero un frammento del problema.
Spesso l'azione politico-sociale e dell'informazione sulle mafie viene prodotta e perpetuata in una sorta di strumentalizzazione dei fatti e di una “epurazione” dei rilievi “scomodi” ad una parte (politica e/o economica), così producendo una deformazione della “realtà” favorevole alla propria “parte” piuttosto che sfavorevole all'altra.
Questo modo di “piegare” l'azione culturale,sociale e di informazione produce effetti devastanti e pericolosi perché rende “strabici” e non serve ad individuare, indicare e colpire il fenomeno. Se il “silenzio” e la negazione della presenza ed attività delle organizzazioni mafiose è da sempre il miglior alleato delle mafie perché, nei fatti, alimenta la ricerca di “invisibilità” perseguita dalle stesse, la distorsione dei fatti e la proposizione parziale della verità non permette di vedere , conoscere e colpire le mafie nel loro complesso spettro di attività e nella loro trasversalità e profondità di infiltrazione e radicamento.
Antonino Caponnetto ci insegnò che i mafiosi temono molto più l'attenzione dell'ergastolo, perché l'attenzione posta sui loro uomini, sulle collusioni e contiguità, sulle loro attività, indebolisce la tenuta dell'organizzazione e delle sue alleanze.
Per questa ragione una delle iniziative che la Regione deve promuovere è proprio quella di incentivare l'informazione e l'intervento culturale e civile.
A questo fine, serve che questa venga promossa in modo indipendente e corretto, ovvero che non taccia parti di verità e che non pieghi la verità ad interessi altri (politici ed economici). E' quindi necessario che l'azione produca la consapevolezza dei Diritti di ciascun cittadino e della capacità critica degli stessi, facendo sì che ognuno divenga “sentinella” di legalità nel proprio ambito di vita sociale e quindi corresponsabile delle azioni di contrasto ai fenomeni di illegalità che lo circondano.
Evidente diventa quindi che tale iniziativa deve coinvolgere i singoli Comuni e le singole scuole (partendo dalle scuole secondarie superiori) e le facoltà universitarie, con incontri in ciascuna di queste realtà, attraverso l'azione dell'Osservatorio della Regione (di cui al capitolo precedente) che, come si è proposto di costituirlo, rappresenta uno strumento “tecnico” di esperti e realtà libere e indipendenti, non uno strumento “politico” di parte e tanto meno una struttura condizionata o condizionabile da gruppi economici.
La Regione deve quindi affidare all'Osservatorio anche questa funzione di iniziativa concreta sul territorio, nelle scuole e nelle università, dotandolo degli strumenti necessari per l'espletamento dell'incarico stesso, nonché dando supporto, attraverso gli Assessorati competenti, per la calendarizzazione degli incontri stessi, che devono svolgersi annualmente e non occasionalmente.
I componenti dell'Osservatorio forniranno il proprio operato in forma completamente gratuita anche in questo ambito e con il solo rimborso spese per gli spostamenti. Inoltre il materiale che l'Osservatorio fornirà alle singole realtà sarà realizzato su supporto informatico e messo a disposizione su un' apposita sezione (dedicata all'Osservatorio regionale) del sito della Regione.
La Regione Liguria inoltre, attraverso l'Osservatorio, deve anche assumersi il compito di coordinare con le Province, eventuali progetti di promozione della Legalità, fornendo il supporto, eventualmente anche finanziario oltre a quello di consulenza, che le singole scuole intenderanno promuovere.
8. Necessità di monitoraggio settore finanziarie/fidejussioni
Le organizzazioni di stampo mafioso, nella loro evoluzione, hanno acquisito una significativa capacità di acquisizione del controllo di imprese in difficoltà attraverso società finanziarie e per il rilascio di fidejussioni.
Queste, affiancate da strutture “associative” di presunto sostegno a soggetti ed imprese in difficoltà, entrano in contatto con imprese e imprenditori con problemi finanziari e difficoltà di accesso al credito presso gli Istituti bancari. Il meccanismo di acquisizione messo in atto, sostanzialmente si sviluppa attraverso pratiche che comportano la cessione formale delle aziende per l'impossibilità di far fronte alla restituzione del prestito (a tassi d'usura) oppure con una cessione “di fatto” attraverso rilascio di delega alla gestione/riorganizzazione aziendale, così che formalmente i nominativi dei titolari/amministratori dell'azienda risultanti alla CCIAA siano gli originari titolari/amministratori, mentre nella pratica la gestione passa a soggetti legati alle cosche.
Tale pratica non solo è elemento di pericoloso inquinamento dell'economia legale e strumento di riciclaggio, ma consegna alle organizzazioni mafiose uno strumento essenziale per il controllo degli appalti pubblici e delle forniture, nonché per l'acquisizione di concessioni, contributi e licenze.
Si palesa quindi, se la Regione vuole adottare una norma legislativa di prevenzione e contrasto effettivo al fenomeno, la necessità di prevedere, in stretto raccordo sia con le CCIAA che con la Banca d'Italia, un monitoraggio del settore.
In parallelo medesimi soggetti legati alla criminalità organizzata perseguono, attraverso apposite società intestate a professionisti “insospettabili”, operano nell'ambito del rilascio di fidejussioni per società operanti con il settore Pubblico. Già molteplici inchieste hanno evidenziato che tali società, appositamente costituite o acquisite, sono state utilizzate per il rilascio di fidejussioni ad Enti Pubblici senza però che tali fidejussioni avessero copertura, con conseguente grave danno per l'impossibilità degli Enti pubblici di andare ad incasso delle stesse. Grazie alle lacune della normativa societaria, ben sfruttate dalla criminalità finanziaria e mafiosa, venivano “svuotate” di ogni bene e intestate a soggetti terzi, spesso stranieri, senza quindi possibilità di perseguire i reali responsabili che, nel frattempo, attivavano nuove imprese con cui riproducevano l'identico meccanismo di truffa.
Anche in questo ambito, quindi, occorre attivare un monitoraggio delle aziende che rilasciano fidejussioni agli Enti Pubblici, al fine di poter individuare e segnalare tempestivamente all'A.G. ed ai reparti investigativi quelle situazioni di anomalia così da permettere interventi preventivi ed evitare il perpetuarsi di truffe ai danni degli Enti pubblici, ovvero della collettività.
La necessità di coordinamento con le CCIAA, la Banca d'Italia e l'ISVAP (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private di interesse collettivo), su questo specifico ambito, deriva dalla necessità di poter monitorare costantemente nomine di procuratori, passaggi di quote e di cambi di cariche societarie, nonché la verifica costante degli operatori accreditati presso gli Albi della Banca d'Italia nonché degli operatori del campo assicurativo.
Sul punto ci riserviamo, anche alla luce delle inchieste che ci risultano in corso in merito, di fornire ulteriori elementi e proposte specifiche in merito.
9. Alcuni aspetti relativi ad altri settori sensibili da monitorare
Sulla base delle informazioni acquisite oltre alla necessità di garantire una efficace azione preventiva e di contrasto da parte dei settori preposti dello Stato (organi investigativi e magistratura) sarebbe ulteriormente utile che la Regione procedesse, con apposita integrazione della proposta di legge in questione, ad attivare monitoraggi di alcuni dei settore più sensibili.
Oltre a quanto già evidenziato nei punti precedenti, si ritiene opportuno segnalare la necessità di redigere appositi registri online, quindi senza alcun costo, relativi a:
- elenco delle sale gioco e dei punti scommesse autorizzati dai Comuni e dalla Questure, con relativo titolare della concessione (con eventuali altri soci proprietari e cariche societarie delle imprese). Tale banca dati deve anche rendere noti, con le stesse informazioni, le richieste di apertura;
- elenco delle società (con relativi titolari di quote, procure ed altre cariche societarie amministratori) incaricate dei servizi di sicurezza e guardianaggio di stabilimenti balneari, porticcioli e locali notturni, essendosi evidenziato, anche in questo ambito, una capacità di infiltrazione da parte delle organizzazioni mafiose. Tale banca dati deve anche rendere noti, con le stesse informazioni, le richieste di apertura;
- elenco delle società (con relativi titolari di quote, procure ed altre cariche societarie) autorizzate all'apertura di punti vendita automatizzati, nonché titolari di appalti pubblici per la collocazione di macchinette automatiche di distribuzione bevande ed alimenti presso strutture pubbliche di qualsiasi natura (scuole, uffici pubblici, asl,...). Tale banca dati deve anche rendere noti, con le stesse informazioni, le richieste di apertura;
- elenco delle società (con relativi titolari di quote, procure ed altre cariche societarie) autorizzate all'apertura di attività di compra-oro e preziosi in genere. Tale banca dati deve anche rendere noti, con le stesse informazioni, le richieste di apertura.
Tale attività deve prevedere la collaborazione da parte dei Comuni nonché un coordinamento con le CCIAA al fine di verificare la titolarità di quote e cariche societarie, nonché eventuali provvedimenti adottati a carico di tali società da parte dell'A.G.
La Regione Liguria dovrebbe inoltre prevedere la pubblicazione completa dei Circoli culturali/ricreativi/sportivi che vengono attivati sul territorio di propria competenza a seguito del rilascio delle affiliazione da Enti di Promozione Sociale e Sportiva. E' infatti ineludibile attivare una seria ed urgente azione di contrasto alla capacità di mimetizzazione che le organizzazioni di stampo mafioso hanno promosso e promuovono attraverso l'apertura e gestione di circoli culturali/ricreativi/sportivi quali coperture per gioco d'azzardo, spaccio di sostanze stupefacenti e sfruttamento della prostituzione.
A questo fine la Regione Liguria deve assumere un ruolo deciso nei confronti degli Enti di Promozione Sociale e Sportiva che, rilasciando le affiliazioni permettono l'attivazione presso i vari Comuni di tali strutture, affinché questi effettuino preventivamente al rilascio delle affiliazioni le verifiche del caso e, quindi, costanti e rigorosi controlli sulla propria rete di strutture affiliate.
10. Beni confiscati
La materia del riutilizzo dei beni confiscati, che in Liguria sono consistenti sia nel numero sia nell'incapacità generale di riutilizzo effettivo, necessitano di un approccio e di interventi decisi e precisi. Prima di tutto occorre considerare che la nuova norma, recentemente approvata dal Parlamento, consente la vendita dei beni confiscati non utilizzabili. Fatto positivo, considerando che buona parte dei beni confiscati venivano abbandonati e/o non utilizzati, e non vi erano nemmeno i fondi per la messa a norma di quelli necessari per funzioni istituzionali o progetti sociali. Inoltre buona parte della gestione dei beni confiscati era (ed è ancora, considerando che la nuova organizzazione con l'Agenzia Nazionale deve ancora entrare a regime) vedeva – anche in considerazione dell'impossibilità di vendita – una spesa pubblica crescente sia per la “custodia” dei beni confiscati non utilizzati, sia per il mantenimento in esercizio di progetti di riutilizzo di immobili e terreni che anziché rappresentare un elemento di effettivo riscatto sociale e di attivazione di progetti di sviluppo economico e occupazionale, rappresentavano l'instaurarsi di attività sorrette da ingenti finanziamenti pubblici, senza i quali anche le più note realtà sarebbero andate in crisi.
Poi occorre considerare che la gestione dei beni confiscati ha coinvolto un numero di beni che rappresentano le “briciole” e che vedevano spesso assegnazioni monopolistiche da un lato o assegnazioni clientelari.
Vi è poi l'aspetto inerente le confische di aziende. Qui il dato è altrettanto devastante in quanto buona parete delle società poste sotto sequestro e poi a confisca finivano per essere liquidate e quindi chiuse, con una conseguente ricaduta negativa sui lavoratori che, non sempre, erano parte del circuito criminale dei soggetti detentori delle quote societarie a cui l'azienda veniva confiscata.
Appare quindi di assoluta inefficacia e inutilità l'articolo della proposta di legge così formulato. Su questo ambito la Regione dovrebbe assumersi il compito di promuovere un'iniziativa estremamente concreta che si sviluppa in questi termini:
- riunire i Prefetti, l'Agenzia del Demanio, l'Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati, i Sindaci dei Comuni in cui sono siti i beni confiscati, e definire un protocollo d'intesa per istituire presso le Prefetture un “tavolo per i beni confiscati” a cui chiamare le associazioni di volontariato attive sul territorio disponibili ad attivare progetti partecipati (ovvero definiti con il concorso della popolazione residente ed operante nelle zone ove si trovano i beni confiscati) di utilità sociale, ovvero di definire sulla base delle esigenze istituzionali quali beni confiscati siano da destinare, quali invece rispondono alla realizzazione dei progetti rispondenti ai bisogni sociali, quali invece possono essere destinati alla vendita così da reperire fondi alle casse pubbliche, magari da utilizzare per le sistemazione, in accordo con l'Agenzia Nazionale, dei beni destinati a fini istituzionali e di quelli destinati per progetti di utilità sociale;
- riunire gli incaricati dell'Amministrazione Giudiziaria delle aziende confiscate, nonché le rappresentanze dei lavoratori e gli Amministratori delle società pubbliche e/o partecipate, così da verificare, in prima istanza, l'assorbimento da parte delle società pubbliche e/o partecipate delle aziende (mezzi, beni e personale) confiscate. Verificare in seconda istanza, attraverso l'incontro con le rappresentanze delle associazioni/organizzazioni di categoria (Confindustria, Lega Coop, Confesercenti, CNA, Confartigianato, Cia, Assedil,...) la possibilità di sostenere, anche con il concorso delle realtà economiche consolidate della regione, l'assorbimento di tali aziende confiscate o la promozione di percorsi di cooperative con gli stessi lavoratori delle aziende confiscate.
La scelta di svolgere un ruolo decisivo come Regione nell'ambito dei beni confiscati, ovvero di promuovere una corresponsabilità della comunità e degli Enti Locali nel garantire che le aziende confiscate non producano l'espulsione dal mercato del lavoro dei lavoratori onesti e che i beni immobili vengano riutilizzati effettivamente per fini sociali e istituzionali, significa dare prova di grande maturità e coerenza. Inoltre il segnale che i beni immobili confiscati vengano utilizzati per progetti rispondenti agli effettivi bisogni sociali, attraverso il concorso di impegno degli Enti Locali, delle associazioni e dei cittadini stessi, significa dimostrare concretamente che l'aggressione ai beni dei mafiosi è davvero “utile” alla collettività. Certo è che ciò significa rifiutare la logica della “delega” da parte delle Istituzioni a qualche soggetto particolare, così come anche quella della clientela o del semplice uso di quei beni come “immobili qualsiasi”. Il segnale che le Istituzioni possono dare in questa particolare “partita” sono determinanti al coinvolgimento della cittadinanza nel collaborare per colpire le mafie ed i loro prestanome.
11. I Servizi Sociali
11.1 – Affidamenti ai servizi sociali
La prevenzione ed il contrasto alle organizzazioni mafiose passa anche attraverso un'efficace attività di controllo effettuata dai Servizi Sociali.
Le organizzazioni mafiose, da tempo, hanno acquisito una straordinaria capacità di ottenere, per i propri affiliati e per soggetti comunque legati/collegati al sodalizio mafioso, l'applicazione dell'affidamento ai servizi sociali dei detenuti, sia per permette a questi di uscire dal carcere, sia per ottenerne la “riabilitazione”.
Tale pratica è resa possibile sia attraverso le assunzioni presso imprese e ditte direttamente controllate e intestate ad esponenti delle cosche o a queste collegati, così come anche ad imprese di terzi vittime di attività estorsiva (l'assunzione è quanto viene richiesto dall'organizzazione mafiosa).
Tali assunzioni, con conseguente affidamento ai Servizi Sociali, nella grande maggioranza dei casi è puramente fittizia. Infatti “gli assunti” non si recano praticamente mai al lavoro, e quando si recano al lavoro hanno comunque costanti e molto spesso anche visibili rapporti con gli esponenti dell'organizzazione mafiosa, ivi compresi pregiudicati a questa appartenenti e/o legati/collegati.
Tale pratica è possibile perché viene sistematicamente omessa ogni attività di controllo sull'effettiva attività lavorativa svolta dai soggetti beneficiari dell'affidamento ai Servizi Sociali.
Altro settore ove si registra un'assenza di controlli e verifiche da parte delle Pubbliche Amministrazioni è quello relativo all'elargizione di sostegni a soggetti pregiudicati per reati di mafia o reati satellite.
Anche in questo ambito, così come nell'elargizione di concessioni di ospitalità, di case popolari, di esenzioni dal pagamento, ad esempio, delle refezioni scolastiche, si è registrata l'assenza totale di controllo e di denuncia in merito a soggetti notoriamente noti per l'appartenenza ad organizzazioni di stampo mafioso.
Risulta pertanto evidente che su tale settore occorra, da parte della Regione e degli altri Enti Locali competenti, un cambio di marcia radicale, anche considerando che le normative vigenti (senza necessità di ulteriori nuove deliberazioni normative) già prevederebbero l'effettuazione di costanti controlli.
11.2 – Sostegno da parte dei Servizi Sociali ed altri benefici
12 – Funzionamento dell'apparato burocratico della Regione (e degli Enti Locali)
Nel rispetto della normativa nazionale vigente e delle direttive europee occorre procedere ad una maggiore attività di indirizzo, controllo e sanzione sulla struttura degli Uffici e delle diverse Direzioni.
Non è infatti possibile che esista (si pensi solo alla questione delle pratiche di VIA, piuttosto che a pratiche relative a settori “chiave” come la gestione delle Cave e la loro trasformazione a “Cava- Discarica”, per fare solo due esempi) una gestione fortemente viziata da “discrezionalità” ed in alcuni casi palese superficialità.
Molteplici pratiche e gestioni amministrative anche della Regione Liguria hanno dimostrato che vi è stata un'agevolazione, in diversi ambiti, a soggetti della criminalità organizzata. Non è questione se ciò sia avvenuto per ingenuità o altro, il punto da affrontare è, chiaramente, evitare che tali agevolazioni, per qualunque tipo di ragione, possa ripetersi.
Occorre quindi che siano predisposti strumenti di indirizzo maggiormente vincolanti, anche con riforme delle normative regionali vigenti, ma anche maggiore attività di controllo e sanzione dei funzionari che si evidenziano adottare provvedimenti che agevolino soggetti che non ne avrebbero il diritto. In questo quadro diviene evidente che occorra, anche per i diversi Enti Locali, adottare le modifiche ai Regolamenti di Organizzazione degli Enti Stessi.
13 – Autoriforma della politica
Ogni punto sopra esposto non può eludere il punto centrale di un'azione di prevenzione e contrasto alle organizzazioni mafiose, ovvero un autoriforma della politica che renda impermeabile la stessa alle infiltrazioni ed ai condizionamenti della organizzazioni di stampo mafioso.
Quanto sta emergendo dalle diverse attività di controllo (Commissioni di Accesso) e di indagine (reparti investigativi e magistratura) dimostra che nell'ambito politico, trasversalmente alle diverse formazioni politiche, vi sono pesanti condizionamenti ed infiltrazioni.
I casi eclatanti emersi dalle indagini - indipendentemente dai risvolti e rilievi penali che vi possono essere o meno - e che hanno evidenziato frequentazioni, elargizione di contributi economici, acquisizione di pacchetti di voti e tessere, da parte di molteplici esponenti politici con cariche pubbliche (Comuni, Province, Regione, Parlamento), rappresentano un elemento inquietante che deve essere affrontato e risolto prima di tutto dalla politica stessa.
Non è infatti tollerabile che politici ed amministratori pubblici in cambio di “consenso” o altro abbiano stretto, consapevoli o meno, un patto con esponenti delle organizzazioni di stampo mafioso, così come evidenziato pubblicamente, con atteggiamenti e frequentazioni, tali impropri ed indegni rapporti.
Occorre, perché ogni azione, anche legislativa, risulti credibile, che i diversi partiti non solo adottino dichiarazioni “di intenti”, bensì che facciano pulizia al proprio interno ed anche nell'ambito di coloro che hanno selezionato per cariche pubbliche.
Senza questo passaggio di autoriforma (che deve essere rigoroso e senza sconti o “deroghe” e che deve rendere evidente e concreto che quanti - per ingenuità o contiguità, quando non per complicità - hanno avuto anche semplici frequentazioni e rapporti con soggetti della criminalità organizzata, vengono messi ai margini dalla politica) non si “farebbe muro” contro le costanti e ripetute azioni delle organizzazioni mafiose volte a mantenere la loro capacità di condizionamento della gestione della cosa pubblica.
La politica non può tollerare, al proprio interno, così come nell'ambito delle Istituzioni, negli organi elettivi e amministrativi, che vi siano soggetti che hanno operato in raccordo e rapporto con esponenti della criminalità organizzata, anche per pura ingenuità o imbecillità.
La lotta alla mafia è anche fatta di segnali e questi devono essere, sempre e concretamente, chiari e inequivocabili. Se, in taluni casi, si adottassero giustificazioni a comportamenti impropri di questo quel politico o amministratore pubblico, o ci si rifugiasse sulla “non rilevanza” penale ti tali frequentazioni e/o amicizie, si darebbe un pessimo segnale.
In tale contesto devono quindi anche essere valutati i soggetti che sono stati collocati dalla politica nell'ambito di gestione della cosa pubblica, come le società partecipate, gli enti di controllo e di altra natura quali, ad esempio, anche le Aziende Sanitarie.
Conclusioni
La necessità di un efficace azione di contrasto al radicamento delle organizzazioni mafiose ed al riciclaggio passa dal conoscere il fenomeno nella sua complessità e nell'adottare, senza mezze misure, tutti i provvedimenti necessari di prevenzione e contrasto.
Promuovere leggi e norme senza un'adeguata conoscenza del fenomeno o affrontando solo parzialmente il problema, rappresentano palliativi pericolosi quanto inefficaci.
Non vi è più tempo da perdere e non si possono offrire soluzioni inadeguate.
Occorre un'assunzione piena di responsabilità trasversale che deve tradursi in un intervento complessivo, come auspichiamo di aver reso evidente.
Si resta a disposizione per per fornire ulteriori utili elementi di valutazione e proposta, anche portando, se necessario, esempi concreti e specifici sulla realtà ligure.
Non ci si è qui dilungati nello specifico delle necessarie riforme complessive nei diversi ambiti e settori citati, anche perché occorre capire se vi sia o meno un'effettiva volontà di modifica da parte degli organi dell'Assemblea Legislativa della Regione Liguria.
In caso di disponibilità alla valutazione delle modifiche sostanziali della proposta di Legge in questione, così come delle altre Leggi Regionali vigenti, ci si consideri pienamente disponibili ad offrire, gratuitamente, il nostro pieno supporto.
Genova, 8 febbraio 2012
l'Ufficio di Presidenza C. Abbondanza, S.Castiglion, E.D'Agostino