Era il 5 giugno del 2008 quando il Secolo in Prima nazionale a firma di Giovanni Vaccaro titolava: "Il Registro Navale fa le pulci alla cultura di Albisola. Ma sfugge una B di troppo - "BiBBlioteca certificata dal RINA"
Nel pezzo, scaricabile integralmente QUI si spiegava come nientemeno che il "Team Leader" estensore di un'inutilissima certificazione iso 14001 pagata a nostre spese, avesse per sole 4 volte messo una doppia B alla parola biBBlioteca :-)
Siamo oggi a constatare come - in una recentissima corrispondenza "Top" tra "Vip" quale è l'amministratore delegato Ugo Salerno, faccia sgoggio di sè un bel
360%
E cosa significa? Trecentosessanta gradi (360°) una cosa di geometria da seconda media nonchè di grande attinenza con la navigazione stessa essendo le coordinate espresse appunto in Gradi (°) primi (‘) e secondi (''). Il goniometro... la bussola... E sulla tastiera, almeno quella italiana, i due tasti % e ° non sono neppure vicini.
Ma questo è niente e fa quasi ridere, non ci fosse da piangere. Per capire meglio ruoli e responsabilità (anche nella tragedia Costa) di quest’altro fiorfiore d’italianità, rimandiamo ad un impeccabile commento - che integralmente riportiamo - tratto dal blog del sempre bravo Marco Preve.
A voi:
"Il RINA Spa oltre ad essere una società per azioni, è un’Ente morale nonché istituzione di pubblica utilità (Ente Pubblico) conosciuto dai più come organismo preposto alla classifica del naviglio (infatti è assoggettato alla vigilanza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti alla stessa stregua dell’ANAS e dell’ENAC).
Detto per i profani, la Certificazione è quell’attestazione di idoneità alla navigazione che vien rilasciata dal RINA solo e se l’imbarcazione risulta in regola con tutte le normative di sicurezza, a norma con i dispositivi antinquinamento, e con qualsiasi altra prescrizione prevista dalle Convenzioni internazionali.
Ma non solo. Vien rilasciata la certificazione solo se c’è l’evidenza che la società rispetta (nel tempo) anche tutte le prescrizioni e/o normative.
Come si può notare, la classificazione navale è solo un aspetto della mission RINA.
Il RINA ha anche un fondamentale compito di vigilanza.
Infatti la società di certificazione genovese ha specifici compiti ispettivi e di prevenzione. Facciamo un’esempio banale. Se il RINA ha conoscenza di pratiche marinaresche potenzialmente pericolose (per se e per gli altri) il RINA ha l’obbligo istituzionale (non solo morale) di codificare norme di comportamento, imponendo specifiche e ben determinate procedure, obbligando gli armatori ad evitare tali consuetudini rischiose per l’incolumità di cose e/o persone (eventualmente sanzionandoli).
Recita l’intro del documento “Modello 231 RINA”: “Lavoriamo con la volontà di costruire un business sano e destinato a durare nel tempo, rispettoso delle persone, della società e dell’ambiente in cui esso si svolge… Principi e valori che debbono essere perseguiti da ogni impresa e tanto più si sente stimolato a farlo il Gruppo RINA, non solo in ragione della presenza internazionale, ma soprattutto considerando la natura stessa delle sue attività volte alla salvaguardia della sicurezza della vita umana ed alla tutela dell’ambiente. Il Gruppo opera infatti, in larga misura, in aree di attività, quali la classificazione di navi, le attività di certificazione ed i servizi avanzati all’industria promuovendo la consapevolezza che l’attenzione alla sicurezza e all’ambiente e più in generale, l’attenzione alla qualità, sono comportamenti che aumentano il vantaggio competitivo e di conseguenza il valore delle organizzazioni che li perseguono… l’obiettivo principale del Gruppo, in ogni sua estensione, è operare per il miglioramento della sicurezza”.
Ora la domanda è: fare la “rasetta alla costa” (cioè il pericoloso passaggio sotto costa ritenuto fra le prime cause del naufragio) è un giochetto innocuo oppure è una roba abbastanza pericolosa? Beh, dopo la conta dei danni e dei morti, la risposta è sotto gli occhi di tutti noi.
Ma allora, se così è, perché il RINA non ha mai preso provvedimenti?
Non risulta infatti che abbia mai imposto l’abbandono di questa pratica rischiosissima (pur essendone benissimo a conoscenza). Non ha mai neanche lontanamente immaginato di sviluppare all’uopo un’apposita normativa, prevedendo appositi processi decisionali (tipo come neutralizzare un comandante ciucco, imbottito di coca, con pulzella in gabina mentre s’appresta ad ordinare il transito della nave sugli scogli).
Più banalmente, non risulta neppure che il RINA abbia mai pensato, neanche informalmente, di contattare gli armatori che hanno l’assurda consuetudine di fare la “rasetta alla costa” suggendo comportamenti più virtuosi.
E’ sempre stata semplicemente lì a guardare, tollerando (colpevolmente) queste pratiche scellerate.
Sulla Costa Concordia rispettati piu’ elevati standard sicurezza? Direi proprio di no.
Dal momento che il RINA (pur sapendolo) ha lasciato libera la Costa Crociere di continuare a praticare 'sto modus operandi criminale. Ti può andare bene una, due, 10, 50 volte ma prima o poi è inevitabile che ci scappi il morto. Com’è accaduto pochi giorni fa all’Isola del Giglio.
Per chi non lo sapesse il RINA è una struttura super organizzata, con competenze tecniche vastissime. Ha sedi in tutto il mondo, conta più di 1400 dipendenti, inoltre ha in organico ingegneri esperti in tutte le materie tecnico-scientifiche.
Last but not least, per il raggiungimento degli “elevatissimi” standard di qualità e sicurezza spende ogni anno milioni di euro e ore-uomo per scrivere, sviluppare, ottimizzare e perfezionare al massimo grado normative e regolamenti tecnici in ambito marittimo.
Se il registro Italiano Navale Spa avesse perso (anche solo) 5 minuti del suo preziosissimo tempo mettendo nero su bianco quanto su esposto questo gravissimo incidente (forse) non sarebbe mai successo. Non è difficile farlo. Basta scriverlo sui manuali di sicurezza navale imponendo il divieto di 'sta pratica scellerata.
Basta scrivere una cosa del tipo: “tutte le navi della Costa non devono fare la rasetta alla costa. Devono stare minimo 3 miglia distanti dagli scogli, E’ fatto analogo divieto anche a tutte le altre compagnie. Chi verrà colto in flagranza di reato a fare le rasette sarà punito severamente”.
Visto quanto ci vuole? (regolamento scritto in meno di 5 min.).
Una domanda sorge spontanea: ma perché una tale norma non la si è mai voluta codificare? Bel quesito. Boh non si sa. Forse fa comodo fare così (giustamente se non c’è la norma non c’è alcuna violazione della norma ed è sempre tutto ok).
L’interrogativo andrebbe posto a qualcuno del RINA (che non sia lo Scerni ovviamente, perché lui qualche giorno fa ha già preso le distanze dalla società).
A nostro modestissimo modo di vedere il Registro Italiano Navale è corresponsabile per quanto accaduto alla stessa stregua dell’armatore (se addirittura non di più).
Il primo documento scritto del RINA è un piccolo volumetto di 1861 (stampato a Genova nella tipografia Pellas) che conteneva i primi regolamenti e spiegava le finalità dell’istituto:“… a quest’uopo son stati inventati i Registri Generali, nei quali sono scritti, come in universale inventario della navigazione, i bastimento d’ogni bandiera, colla precisa indicazione della loro nazionalità, del tempo e luogo in cui furono costruiti, della natura e qualità della costruzione, della fiducia che meritano, dello stato e condizione in cui trovansi così nel corpo come negli attrezzi, della navigazione di cui son capaci, e di tutte le altre specialità e condizioni che il commercio è interessato a conoscere.
Ognuno intende facilmente di quanta utilità siano questi Registri: ai proprietari delle navi, che in qualunque più lontana regione trovano la stessa facilità a noleggiarsi che hanno in casa loro, e ai commercianti, che possono noleggiare e assicurare qualsiasi nave non mai prima conosciuta, con quella medesima sicurezza che avrebbero se l’avessero veduta costruire… I suoi statuti (del RINA) con molto studio preparati, coll’esperienza emendati, ed un’amministrazione severa, giusta e imparziale … raggiunsero il triplice scopo propostosi dai fondatori; di recare un’immensa economia sui premi di sicurtà, di rialzare la moralità ed il credito della Marina, e di diminuire (e sperasi in breve togliere affatto) quei sinistri scandalosi che sono effetto non dell’infortunio ma della malafede … “.
E’ in queste parole del 1861 la risposta al quesito.
Fare la “rasetta alla costa” uccidendo decine di persone non è un caso fortuito.
“Non è un effetto dell’infrotunio ma della malafede”.
Purtroppo ancor oggi vi son bastimenti che fa “scandalosi sinistri”, mentre c’è chi deve controllare ed ha il compito di vigilare, che guarda altrove.
PS: Irragiungibile voglia di sicurezza? La sicurezza è un diritto. E dobbiamo pretenderla."
rif. blog Marco Preve "Trenette e Mattoni"
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