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Attualità | 16 gennaio 2012, 16:11

Giornalisti: non ci sono privilegi da difendere, pronti alla riforma

Giornalisti: non ci sono privilegi da difendere, pronti alla riforma

È il momento della responsabilità e del coraggio. Le professio­ni hanno, senza dubbio, il dovere di dare risposte alle necessità di cambiamento del Paese.
Ma è anche il momento della verità. Non per rivendicare steri­li diversità o per arroccarsi a difesa di quel che esiste e che lascia insoddisfatti, per primi, proprio noi. Per questo l'Ordine dei gior­nalisti offrirà, oggi, al ministro della Giustizia punti fermi di una proposta di riforma, che sarà perfezionata mercoledì dal Consi­glio nazionale.

La verità impone di affermare che l'informazione non è merce come altre, anche se qualcuno la tratta così: è un diritto primario dei cittadini, sancito dalla Costituzione ed esplicitamente richia­mato assieme a quelli alla salute e alla difesa.

I giornalisti non hanno privilegi da conservare. Quanti, per uscire dal vago, sono a conoscenza che alcune migliaia di loro non riescono a mettere insieme più di 5.000 euro l'anno e che la soglia dei 10.000 euro viene vissuta come una conquista da un gruppo altrettanto numeroso? Quanti sono consapevoli che si può rischiare la vita, minacciati da una delle molte organizzazio­ne criminali, mossi solo dalla voglia di servire i cittadini? E' acca­duto pochi giorni fa, ultimo di un insopportabile elenco, a Gio­vanni Tizian, a Modena. Vive sotto scorta per una retribuzione oraria pari al 20% di quella di una colf. Non è un errore: il 20%!

II presidente del Consiglio, Mario Monti, lo sa Così molti mi­nistri. C'è, nel nostro mestiere, un'area nella quale sono rinchiu­si migliaia di sognatori—professionisti e pubblicisti — che ven­gono trattati come i raccoglitori di pomodori 0 di olive. Un «ca­porale» che li arruola, troppi altri che guardano dall'altra parte mentre vengono sfrattati. Certo, li trattano con dolcezza: li chia­mano precari. Una vergogna che si aggiunge alle altre vergogne.

Il dolore che tutto questo provoca dà coraggio. Così nascono le linee di una riforma indifferibile. L'Ordine dei giornalisti, sia pure con consigli di disciplina autonomi, dovrà far rispettare la deontologia e dovrà creare condizioni per una formazione per­manente. A tutela dei cittadini dovrà esserci un garante del letto­re (il Corriere è stato, credo, il primo ad istituirlo) e c'è, evidente, la necessità che chi si occupa di materia tanto delicata non com­pleti i suoi studi con l'esame di Stato, esame che dovrà affronta­re chiunque vorrà dirsi giornalista, sia che voglia esserlo in ma­niera esclusiva, da professionista, sia che scelga, da pubblicista, di affiancare altra professione.

Noi vogliamo regole che innanzitutto tutelino i diritti dei citta­dini. Chiarendo, subito, che tra i giornalisti non c'è il numero chiuso e che per diventare professionisti è necessario un tiroci­nio proprio di 18 mesi che può essere fatto anche attraverso Ma­ster riconosciuti e attività svolta nelle redazioni.

La riforma che vogliamo prevede un Albo unico, con i due elenchi (professionisti e pubblicisti) che si formeranno con una opzione da esercitare dopo l'esame di Stato. E prevede anche una scelta di grande valore morale, che non consiste tanto nella dove­rosa tutela di quanti oggi sono iscritti nell'elenco dei pubblicisti, ma punta ad offrire alle migliaia tra di loro, che in questi anni hanno subito mortificazioni non solo economiche, la possibilità di accedere all'esame di Stato.

Ci vuole coraggio, per fare scelte come queste in un momento di difficoltà del settore. Noi lo abbiamo avuto. Occorrerà vedere se il governo Monti saprà averlo o non si rifugerà nella strada più comoda del ragionar per mucchi.

Enzo Iacopino - Presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti

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