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Attualità | 05 novembre 2011, 09:59

Pedofilia, L'Abuso: "I corsi di prevenzione della Diocesi? Pura ipocrisia"

Oltre a cercare di fare in modo che non accadano più simili crimini, si mettano in grado di non nuocere ai bambini anche i sacerdoti pedofili di cui si ha testimonianza

Pedofilia, L'Abuso: "I corsi di prevenzione della Diocesi? Pura ipocrisia"

Stamane vengo informato, che in evidenza sulla locandina de Il Letimbro, il periodico della Diocesi di Savona-Noli, finalmente si parla di pedofilia, quella che ha travolto le Diocesi di tutto il mondo, e come i savonesi sanno bene non poteva risparmiare l’intera Diocesi di Savona che negli ultimi trent’anni è stata indiscussa maestra di omertà ed insabbiamenti che continuano tutt’ora.

Non ho resistito alla curiosità e sono uscito a cercarne una copia. Leggo e l’articolo è un inno all’ipocrisia, comincia con la parola “prevenzione” che se non vado errato vuole dire, oltre a cercare di fare in modo che non accadano più simili crimini, si mettano in grado di non nuocere ai bambini anche i sacerdoti pedofili di cui si ha testimonianza. Naturalmente la coscienza impone che non necessariamente questi pedofili siano perseguibili dalla legge laica, ma quando ci sono di mezzo pesanti sospetti e testimonianze di vittime ascoltate dal Vescovo, anche se prescritte, si prendano almeno delle precauzioni. Già ma serve una coscienza per farlo!

All’undicesima riga della prima colonna, l’autore Marco Gravino ha già terminato le credenziali della Diocesi di Savona, ma l’articolo continua, per ben sei colonne. Appunto all’undicesima riga, prima colonna, si cominciano a sfoggiare le credenziali di Cismai la cui collaborazione viene presentata come una novità assoluta per la Diocesi di Savona, addirittura a livello nazionale. Forse Cismai non conosce bene i fatti sicuramente omessi, accaduti in questa Diocesi, poi continua facendosi forza sulle credenziali di Dante Ghezzi, psicologo e psicoterapeuta del centro “Tiama” , Maria Selvini, Antonello Angeli, cita Unicef e Save the cildren.

Purtroppo nelle sei colonne non fa accenno alle vittime, parla solo delle persone sopracitate come educatori per i sacerdoti e i laici che collaborano con la Diocesi, verrebbe da pensare che il problema sia molto più grave di quanto si voglia far vedere. Non si parla delle ritorsioni fatte a molte vittime e testimoni per dissuaderli a denunciare, alle persone che hanno testimoniato la verità davanti ai magistrati, malate costrette senza lavoro, senza casa, ma con lo sfratto da parte del Vescovo Lupi e del Vicario Antonio Ferri che ha riguardo possiede un ottimo curriculum di omertà e coperture al fianco di mos. Dante Lafranconi. Una situazione misera e molto triste soprattutto quando gli autori si ritengono uomini di Dio, davanti alla quale persino l’onnipotente dovrebbe costituirsi parte civile.

Qualche giorno fa, in una telefonata con Pablo Trincia de "Le Iene", programma che si sta occupando molto di questo grave problema, mi riferiva che hanno centinaia di segnalazioni, tutte su preti cattolici. Sulla sua pagina di Facebook scrive “Ogni volta che mandiamo in onda un servizio su un prete che si "intrattiene" con dei minori veniamo inondati di messaggi privati, segnalazioni sul sito e fax che denunciano altri casi simili. In Sicilia come in Toscana, in Veneto come in Campania. Sono tanti. Troppi. E' come se da un mondo sommerso e oscuro si aprissero ogni volta nuovi spiragli di verità. Qualcuno scrive in forma anonima anche solo per raccontare quello che gli è successo e sfogarsi. Qualcun altro chiede aiuto. Ma è un continuo. Per non parlare di tutti quei casi che non vengono denunciati e non vedranno mai la luce. Quello che ho imparato (meglio dire "vissuto") mentre realizzavo il servizio insieme all'ottimo collega autore Giorgio Romiti, è che gli abusi nel mondo ecclesiastico (e nel mondo in generale) non si sviluppano solo a causa di un sistema sostanzialmente distorto, che li costringe al volo di castità e alla rinuncia di una famiglia; ma trovano anche terreno fertile nell'humus sociale di paesini dove a contare è prima di tutto la paura di essere giudicati, di essere i primi a denunciare, di gettare un sasso nello stagno del silenzioso quieto vivere attorno al quale vivono comunità che spesso scelgono di girarsi dall'altra parte e far finta di nulla. Perché - per quanto paradossale - in alcuni posti un prete che tocca è comunque più tollerabile del ragazzo che lo denuncia. E quindi non stupitevi, se vi dico che la vera difficoltà di questo pezzo è stato interagire con i protagonisti della vicenda: convincerli a parlare, a denunciare, a lasciar perdere le opinioni degli altri. Sconfiggere la piaga dei preti che adescano, molestano e se ne approfittano (perché di "piaga" stiamo parlando) significa superare questa cultura del silenzio così diffusa tra le sue vittime”.

com.

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