Ho letto con molto interesse la risposta del Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, alla “lettera aperta” che le 64 testate di partito, delle Cooperative Mediacoop e non-profit e della Fisc, la Federazione italiana settimanali cattolici, hanno inviato alla massima carica dello Stato negli ultimi giorni.
Una lettera che invita, di fatto, il nostro Presidente a intervenire per contrastare i tagli lineari al Fondo per l’editoria. Napolitano, correttamente, ha difeso il pluralismo dell’informazione e il lavoro svolto da questi giornali sottolineando che “condivide la preoccupazione per i rischi che ne potrebbero derivare dalla mortificazione del pluralismo dell’informazione”.
Tutto giusto e condivisibile, ma anche questa volta l’editoria online, che, in questo momento, non rientra in questo Fond in alcun modo, nè a livello legislativo, nè sotto il profilo pratico, è stata ancora una volta, a sorpresa, dimenticata dal tema del dibattito. Una sorta di “figlio minore” che nessuno vuole riconoscere, pur riconoscendone la crescita costante e l’appeal tra il grande pubblico.
Questa riflessione come presidente dell’Associazione Italiana Giornali Online, mi addolora, perché, ancora una volta, (non a caso ho partecipato personalmente alla conferenza stampa tenutasi nei giorni scorsi al Senato sul tema in esame), siamo stati dimenticati.
Eppure proprio le testate della carta stampata inserite nel fondo per l’editoria ci hanno chiesto, attraverso il senatore Vincenzo Vita (PD), di dare massima eco alle giuste richieste di sopravvivenza delle testate della carta stampata. Dobbiamo, quindi, aiutare la carta stampata quando è in difficoltà, perché ci viene riconosciuto un impatto mediatico e una diffusione nettamente superiore a quella della carta stampata tricolore, ma non ci possiamo neppure permettere di parlare o di difendere i nostri interessi, perché altrimenti andremmo inevitabilmente contro gli interessi di queste 64 testate.
In sintesi, i portali online (a partire da quelli registrati presso i tribunali territoriali) li leggono tutti, fanno parte della vita di ciascuno di noi, rispondono alle esigenze di pluralismo dell’informazione, ma non si capisce perché non vengano equiparati agli altri mezzi tradizionali.
Una strana dimenticanza delle istituzioni e della politica italiana, a partire dal parlamentare VITA, che promette, come è giusto che sia, rigore ed equità nel controllo delle prossime erogazioni pubbliche alle testate (per evitare nuovi casi di utilizzo indebito di denaro), ma, soprattutto, una riforma generale dell’editoria. Caro senatore VITA, per quel periodo avremo anche noi dell’online la possibilità e l’onore di essere considerati alla pari degli altri mezzi, o dovremo continuare a essere considerati “Figli di un dio minore”?
I tempi sono maturi per una nuova legge sull’editoria, su nuovi criteri di calcolo ed assegnazione dei fondi, ma anche per l’inserimento delle testate online registrate nel Fondo. Come abbiamo sottolineato di recente: “O aiuti a tutti o a nessuno!”