La carne “halal” (come la kosher ebraica) si ottiene mediante giugulazione (ovvero il taglio della gola con un coltello affilato), in cui l’animale muore dissanguato, esattamente come avviene nella macellazione “occidentale” ma senza alcun tipo di stordimento preventivo, come invece avviene nel nostro paese.
Un’operazione in cui gli animali restano pienamente coscienti, sperimentando così atroci sofferenze, sicuramente maggiori che nei macelli europei. Eppure i precetti islamici non vietano di stordire preventivamente l’animale ma chiedono soltanto che non sia ferito, per evidenti motivi igienici. Tale preventivo stordimento viene interpretato come una “ferita” ma da sempre meno comunità musulmane, al punto che in molti paesi europei (Germania, Danimarca, Norvegia, Austria) ma anche nei più popolosi paesi islamici al mondo (Indonesia e Malaysia) lo stordimento preventivo è accettato dalle autorità religiose islamiche.
Purtroppo in Italia, proprio sfruttando tale errata interpretazione del Corano, si è formata una fiorente catena di macellerie islamiche che basano la loro esistenza proprio sulla carne “halal”, soprattutto a danno di capre, pecore e montoni, spesso provenienti dall’Australia e Nuova Zelanda. Le norme italiane ammettono deroghe alla macellazione per motivi religiosi; ma secondo l’ENPA non è accettabile che in uno stato laico e civile sia ancora ammessa la macellazione secondo riti che urtano la sensibilità della maggior parte degli italiani: l'integrazione con i popoli e il rispetto per le altre culture e tradizioni non possono giustificare la richiesta di derogare a leggi che tutti dovremmo essere chiamati a rispettare.
L’ENPA, che comunque persegue il vegetarianesimo, ha quindi preso carta e penna e scritto alla Sindaco Guarnieri, appellandosi alla sua sensibilità verso il mondo animale, chiedendole di annullare l’iniziativa e tornare alla carne “occidentale” e, magari, incrementare i menu vegetariani di cui è ricchissima la cucina araba.