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Eventi | 13 settembre 2011, 17:17

Finale Ligure, ultimi incontri con gli autori di "Un libro per l'estate"

Si avvia alla conclusione l'edizione 2011 della rassegna di incontri con gli autori "Un libro per l'estate", organizzata dalla Libreria Centofiori con il patrocinio del Comune di Finale Ligure. In programma ancora due appuntamenti, il 16 e il 17 settembre, con Alma Abate e Bruno Gambarotta. Gli incontri si terranno in piazzale Buraggi a Finalmarina (inizio ore 21, ingresso libero).

Finale Ligure, ultimi incontri con gli autori di "Un libro per l'estate"


 

Di seguito le schede informative fornite dalla Libreria Cento Fiori:

 

Venerdì 16 settembre
ALMA ABATE
“ULTIMA ESTATE IN SUOL D'AMORE”
Edizioni Neri Pozza

Conduce Farian Sabahi

 

Alma Abate è nata a Tripoli, in Libia. A seguito dell’ascesa al potere del colonnello Gheddafi e della conseguente cacciata dei cittadini italiani che lì vivevano da generazioni, si è stabilita a Milano dove ha lavorato via via come interprete, traduttore, redattore, speechwriter, copywriter, libera professionista nell’ambito della comunicazione d’impresa. Questo è il suo secondo romanzo.

 

Il 2011 non segna solo il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Segna anche i cento anni dall’inizio dell’avventura coloniale in Libia, considerata all’epoca un mero scatolone di sabbia gestito alla meno peggio da un impero ottomano ormai al capolinea: un’occasione imperdibile, agli occhi di un’Italia giolittiana smaniosa di affermazione internazionale. Per accendere l’entusiasmo patriottico sull’ineluttabilità dell’invasione, fu necessario ricorrere a quella che si potrebbe definire la prima massiccia campagna di informazione governativa condotta nel nostro paese, al momento sprovvisto di televisione. Fu così che nel 1911, sul palcoscenico del Teatro Balbo di Torino, l’avvenente chanteuse Gea della Garisenda vestita del solo tricolore sabaudo mandò in delirio il pubblico, intonando per la prima volta una marcetta destinata a popolarità ancora maggiore durante il ventennio fascista: “Tripoli bel suol d’amore sarai italiana al rombo dei cannon…"
A seguire intellettuali, giornalisti, affaristi e avventurieri si prodigarono a illustrare visioni paradisiache di un luogo rispetto al quale ad avere le idee chiare erano in pochi. E fu così che l’Italia entrò in guerra contro la Turchia, e Tripoli si ritrovò insignita dell’attributo di “bel suol d’amore”. In una sanguinosa escalation di rappresaglie e controrappresaglie, per arrivare all’occupazione totale della “quarta sponda” la “passeggiata coloniale” avrebbe richiesto altri due decenni, ingenerando atrocità di ogni genere e l’annientamento, tra deportazioni ed eccidi, di circa un ottavo dell’intera popolazione libica. Sembrano viceversa mancare dati attendibili sul numero di nostri soldati mandati a morire in suolo libico fino al 1931, a occupazione completata, come pure durante il secondo conflitto mondiale. Così come mancano dati relativi al numero di vittime tra gli sventurati spediti a furor di popolo a colonizzare il deserto dietro la promessa di un fazzoletto di terra e abbandonati da un esercito in rotta alla mercè dei vincitori, o tra la popolazione civile residente nelle città costiere soggette a devastanti bombardamenti aerei e navali da parte delle truppe alleate.
E’ difficile, in un contesto di questo tipo, riuscire a farsi un’idea anche solo di massima dei costi economici, militari e umani di un’avventura, sulle cui responsabilità l’Italia non ha ancora saputo soffermarsi a riflettere. E d’altro canto, far sì che ciò accada è compito più adatto a uno storico o a un politico, che a uno scrittore.
Cosa c’entra, allora, in tutto ciò, un romanzo come questo? C’entra eccome. Perché chi in Libia è nato, vi ha vissuto e ne è stato cacciato, rientra nei costi. I famosi costi umani che oggi chiameremmo, con elegante eufemismo, danni collaterali.
A suo modo, è di parte di questi costi che il romanzo racconta. Dei circa cinquantamila tra ebrei e italiani costretti ad abbandonare frettolosamente, avventurosamente la Libia tra il 1967 e il 1970. E più ancora, della generazione dei giovani nati a guerra finita: la più incolpevole, la più negata. Ragazzi e ragazze accolti dai loro coetanei, al loro rimpatrio forzato in Italia, con l’indiscriminato epiteto di colonialisti e fascisti. Rei di aver vissuto un incancellabile brandello di giovinezza in una terra considerata sino ad allora come propria, e condannati a non farvi mai più ritorno. Collocate alla vigilia del colpo di stato di Gheddafi del 1969, le vicende del romanzo traggono liberamente origine da ricerche bibliografiche e testimonianze dirette, narrate con il linguaggio scoppiettante di un’adolescente allergica a menzogne, mistificazioni, sbavature sentimentali. Quella di Sara, delle sue ribellioni, delle sue amicizie, delle sue malefatte, del suo primo tormentato amore per un giovane arabo, è la storia di un microcosmo di vite tutte destinate a ritrovarsi interrotte, senza possibilità di ritorno. Quella della famiglia di Sara, uomini e donne dalle origini più disparate, è la storia di tre generazioni che in Libia sono approdate in pace nel sogno di poter trovare un lavoro, o vi si sono stabilite nel desiderio di rifarsi una vita, o addirittura vi sono nate e cresciute, tutte ugualmente in bilico, tutte ugualmente destinate a ritrovarsi interrotte.
Quella dell’ultima estate di Sara in suol d’amore, è la storia di un’irripetibile commistione di lingue, religioni, nazionalità e culture di cui in Italia non si è mai saputo nulla. La storia di una straordinaria convivenza tra musulmani, ebrei e cristiani che, per un attimo, è sembrata sul punto di poter funzionare. Ma è soprattutto la storia di Sara: Sara avventurosa quanto un guerriero Navajo, inquieta quanto un giovane Holden, pasticciona quanto un Huckleberry Finn, appassionata quanto L’amante di Marguerite Duras. Sara e la pungente ironia con cui si diverte a vivisezionare gli adulti, le fantasie con cui si difende, i libri dietro cui si nasconde. Sara maldestra femminista ante litteram, tutta ginocchia sbucciate e ribellione, che in quell’ultima magica estate, ubriaca di libertà, scopre se stessa, l’amicizia, l’amore, il mondo. Il SUO mondo, Tripoli: bel suol d’amore di un tempo perduto, oggi martoriata “sposa del mare” una volta di più oggetto di morte, distruzione, dolore. 

Sabato 17 settembre
BRUNO GAMBAROTTA
“LE RICETTE DI NEFERTITI”
Edizioni Garzanti

Conduce Gloria Bardi
  
«Abbiamo tra le mani il mitico quaderno di cucina di Nefertiti, le dodici ricette di cui tutti favoleggiano da secoli e che si credevano perdute per sempre. Caro Paolo Maria, è giunta l'ora di fare il botto.»

È l'evento archeologico dell'anno. Dai depositi del museo egizio è emerso un documento straordinario: dodici ricette annotate su papiro, le uniche ricette dell'Antico Egitto giunte sino a noi. È straordinario anche perché opera della regina Nefertiti, una tra le donne più belle e affascinanti di tutti i tempi. E secondo alcune indiscrezioni, queste ricette sarebbero addirittura i manicaretti che la regina preparava per accendere il desiderio del suo sposo Akhenaton!
I dodici papiri sono affidati all'egittologo Paolo Maria Barbarasa, ma proprio quando il presidente della Fondazione dei santi Pasquale e Scolastica, che sostiene le sue ricerche, ha deciso di presentarli al pubblico, scompaiono improvvisamente per poi riemergere, accompagnati da sconvenienti messaggi erotici, fra le mani di dodici rispettabili signore. Come farà il mite studioso a recuperare i preziosi reperti in una sola settimana? E che ruolo ha nell'intrigo la signora Angelica, sua moglie? Nella sua frenetica indagine, Paolo Maria Barbarasa si ritrova al centro di un irresistibile girotondo di figure femminili della Torino bene, scossa da una comica e paradossale «guerra dei papiri» in cui ognuno cerca di cavalcare l'onda a proprio vantaggio.
Con Le ricette di Nefertiti Bruno Gambarotta ha cucinato un romanzo divertente, una farsa scatenata e maliziosa che attraverso il fascino dell'antico Egitto dipinge vizi e tic contemporanei.

com.

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