Che Albenga sia stato un centro rilevante in epoca Romana è cosa risaputa. Molti i siti archeologici venuti nel tempo alla luce con l'avanzare dell'urbanizzazione, anche al di fuori della cinta muraria che delimita il centro storico cittadino.
Si penserà che gli abili amministratori / cittadini ingauni sfruttino a pieno, oltre che goderne, i meriti dei loro antenati, soprattutto ora che le ustioni economiche da turismo stagionalizzato iniziano a far male. La via culturale sembra esser praticabile anche col mare d’inverno, non più un film in bianco e nero visto alla TV. In molti centri balneari, specie fuori regione, chiusi gli ombrelloni si spalancano le porte di musei, ristoranti e attività sportive.
Albenga viceversa pare godere di una sorta di immunità da questo meccanismo semplice e virtuoso - se comparato al patrimonio della Città e dintorni.
Un nostro affezionato lettore ce lo sottolinea e ci invita a verificare. "Se qualche turista o anche un semplice cittadino, volesse visitare alcuni siti di epoca romana alle porte di Albenga troverebbe il cammino sbarrato - riporta. In effetti, e' quello che accade con i resti del Pilone e dell'Anfiteatro romano situati non lontano dalla via Julia Augusta (spesso meta di escursioni), in zona Monte a Vadino: la strada di accesso ai due monumenti - meraviglia tutta italiana - è infatti privata e chiusa da un cancello. Il che ovviamente significa che per riuscire a visitare i siti - oltre al già menzionato Anfiteatro, al mausoleo cimiteriale, all'abbazia medioevale di S. Martino (ora ristrutturata e divenuta agriturismo) bisogna citofonare e chiedere il permesso. Avete capito bene.
A quanto pare i proprietari della via - che sarebbero tre, due privati e un agriturismo - sarebbero formalmente obbligati ad esaudire le richieste di passaggio (anche se l'unico citofono presente è quello dell'agriturismo). Rimane il fatto che la visita è legata alla presenza in loco dei titolari che invece non è affatto garantita, nè regolamentata in base ad orari di visita.
Naturalmente tutto regolare, con la benedizione della Soprintendenza. Lascia a dir poco stupefatti la decisione del Comune di cedere la strada senza preoccuparsi di tutelare l'interesse pubblico con norme certe. E certo non sembra l'atteggiamento corretto ai fini di valorizzare i beni archeologici di una cittadina famosa per il suo patrimonio storico, con un bel contromano rispetto alle tanto declamate politiche di valorizzazione.
Quale inquilino sano di mente avrebbe interesse ad un continuo andirivieni davanti a casa, con turisti che citofonano periodicamente, oltretutto quando ha speso fior di quattrini per acquistare una proprietà in zona tranquilla?
Le migliori vedute dell'ultima amministrazione per "concentrare l'attenzione sull'enorme valore storico, artistico e architettonico di Albenga e riscoprire le meraviglie del suo preziosissimo Centro Storico" sembrano quelle di sagre e concorsi di bellezza tra le mura, oltre che illuminare con gli immancabili Led la pavimentazione di via Enrico d'Aste in armonica soluzione estetica con la cattedrale di S. Michele. Il costo di cotanta tecnologia a sproposito, tuttavia, resta ancora da appurare.
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