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Savona | 20 maggio 2011, 10:09

Savona: le donne, il potere e il corpo della Città (di Betti Briano)

Il cambiamento oggi a Savona è stato interpretato dal protagonismo di alcune donne di buona volontà, cui, anche se non erano sul carro del vincitore, altre donne e uomini hanno dato fiducia, non contro qualcuno ma per qualcosa

Savona: le donne, il potere e il corpo della Città (di Betti Briano)

Per riprendere quell’argomento che immancabilmente viene fuori, a Savona come altrove, in prossimità di ogni scadenza elettorale e sul quale poi ad urne chiuse anziché analisi chiarificatrici si stende il solito velo di rimbrotti a mezza voce; lo possiamo riassumere nel doppio dilemma donne-politica/donne-potere.

Togliere il velo potrà non risolvere il dilemma ma spero serva almeno ad evitare la ripetitività, che oltre a stancare ottunde la percezione della realtà.

Rivediamo il prima.

I candidati sindaco e i partiti fanno anche qui la propria parte mettendo in campo quel tanto di rosa che consenta di stare nei limiti della decenza (più o meno) e delle prescrizioni sulla rappresentanza femminile (grossomodo).

C’è però un imprevisto: per la carica di sindaco si mettono in corsa due candidate, donne molto conosciute e di primissimo ordine, una delle quali sostenuta da due liste a netta maggioranza femminile. C’è anche di più: sia nelle liste delle candidate come in alcune liste collegate agli altri candidati sindaci, oltre alla immancabile nomenclatura, figurano non poche donne affermate nelle professioni, di grande impegno nella cultura e nel sociale.

La politica naturalmente non si ‘accorge’ della novità.

Il sindaco uscente si lancia in un’ardita promessa: se sarà rieletto – udite, udite- ben due posti in Giunta alle donne; ma non tarda a venir fuori che il vero intento sarebbe quello di far strada ad una propria quota rosa accanto a quella targata PD.

Il politichese femminile prende a recitare ancora una volta il solito mantra.

Chi dice che il 30% di donne in lista è poco, ci vuole il 50%; chi sostiene la doppia preferenza di genere, o le quote obbligatorie negli organi esecutivi e tutti quei marchingegni che in decenni si è visto che anziché promuovere funzionano da setaccio alla rappresentanza femminile, nelle mani dei maschi di potere che hanno capito benissimo il funzionamento.

Nei pochi incontri con le candidate vengono fuori invece, da parte di quelle indipendenti dai partiti, racconti interessanti, ricchi di vissuto e di progettualità che confermano l’ipotesi che avevo formulato: la presenza di una controtendenza rispetto alla tradizionale autoesclusione dalla gestione della cosa pubblica, che poteva essere interpretata come sintomo di un comune sentire che individua nella competenza e nel sapere femminile le potenzialità per una vera svolta al governo della città; il mettersi in gioco in prima persona, evitando l’imprimatur della ‘quotazione’, risultava altresì la condizione necessaria per portare il proprio di più al mercato elettorale.

Parole al vento in una politica, ormai è appiattita e confusa con le logiche del potere, che cioè non ha più nulla a che fare con la politica!

 

Veniamo al dopo.

Le urne son chiuse e le cose sono andate come dovevano andare.

Le elette complessivamente sono un numero piuttosto esiguo e le candidate non quotate da nessuno dei decisori che contano sono rimaste puntualmente fuori.

Nella lotta per la divisione delle poltrone, inoltre, rischia di sparire anche il secondo assessorato rosa.

La novità del prima però produce la novità del dopo.

Le due candidate, le sole che si sono assunte la responsabilità di rappresentare un segnale di discontinuità, hanno conseguito complessivamente il 13% dei voti, incarnando comunque e dando volto femminile all’aspirazione di diverse migliaia di cittadini ad una alternativa nel governo della città.

Ma nessuno registra la novità; il politichese maschile e femminile, preso dalla sindrome della sordità e della cecità o ..da altre occupazioni, si tace La lettura dei media del resto non è apparsa meno miope, risultando ad essi come vera sorpresa solo ‘ l’exploit di Grillo’ (senza neppure chiedersi perché altrove exploit non c’è stato).

Io non appartengo alla schiera di coloro che ogni tre parole chiamano in causa la democrazia, la rappresentanza, il popolo, ecc, so benissimo che si tratta di principi che nascono, si fondano e si perfezionano proprio in seguito ed in virtù dell’esclusione della donna dalla cosa pubblica e che, quindi, proprio in quanto donne dobbiamo essere particolarmente caute nel farvi ricorso, stante che non basta declinarli al femminile per cambiarne l’essenza.

Ciononostante ritengo che le istituzioni, proprio nell’interesse della comunità e financo della loro stessa sopravvivenza devono saper guardare avanti e quindi non possono ignorare ciò che si muove nel corpo della città.

Il cambiamento oggi a Savona è stato interpretato dal protagonismo di alcune donne di buona volontà, cui, anche se non erano sul carro del vincitore, altre donne e uomini hanno dato fiducia, non contro qualcuno ma per qualcosa.

Di conseguenza ritengo che questa è la novità cui nella costituzione del governo della città dovrebbe guardare il vincitore se vuole assolvere al compito con saggezza e lungimiranza, anche rompendo schemi prefissati (da chi poi?) che poi alla fin fine significa privilegiare gli aspetti virtuosi rispetto a quelli viziosi della democrazia.

Anche i partiti vincitori, che peraltro non mi pare possano vantare performances elettorali eccezionali, potrebbero posporre al proprio particolare l’opportunità di testimoniare coi fatti quello che predicano sulla partecipazione delle donne.

La politica delle donne è auspicabile che questa volta eviti di intonare il solito mantra e apra finalmente un confronto vero, aperto e soprattutto libero.

 

 

Betti Briano

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