L’Assessore Bracco (Caccia e Pesca) della Provincia di Savona ha presentato i dati sull’abbattimento dei cinghiali che, secondo lui, avrebbero con successo comportato una diminuzione dei rimborsi per i danni all’agricoltura. 8249 cinghiali nel 2010 per un totale, secondo quanto riporta l’ENPA savonese in un suo comunicato di tono opposto, di ben 15.000 ungulati, ivi compresi caprioli e daini. Secondo L’ENPA il numero dei cinghiali non è diminuito, fatto questo da far pensare che il problema non è il cinghiale ma la caccia al cinghiale. Le autorità locali non si sarebbero attivate in favore di seri studi scientifici ed il prelievo degli ungulati è di fatto un prelievo per fini venatori. Lo dimostrerebbero le recenti richieste di immissione di cervi, guarda caso avanzate da associazioni venatorie, mentre qualcuno, sempre secondo l’ENPA savonese, sta pensando a portare i mufloni. Tutti ungulati da far sparare, insomma.

Pochi giorni addietro sulla questione cinghiali-caccia erano intervenute la LAC e la LAV di Torino. Tre decenni di prelievi nel Parco de La Mandria, per non risolvere niente. La mancata soluzione, però, è funzionale all’attuale gioco venatorio. Per spezzarlo, secondo le Associazioni, occorre da un lato fare uscire l’attività venatoria dalla gestione del cinghiale e dall’altro vietare trasporto, allevamento e detenzione di cinghiali. Il sospetto è che, al di là del formale divieto di immissione in natura, gli allevamenti siano sempre funzionali a questo scopo. E’ stato scoperto di recente in provincia di Cuneo ma analoghe perplessità vengono avanzata per altre regioni.

In Veneto, ad esempio, secondo Renzo Rizzi, del Coordinamento Protezionista Vicentino, gli allevamenti di cinghiali non hanno più motivo di esistere. I cinghiali, infatti, non possono più essere utilizzati per le immissioni a fini venatori. Nonostante ciò, gli allevamenti sono ovunque, guarda caso specie nella provincia vicentina. Si tratta della provincia che raccoglie il maggior numero di cacciatori del Veneto. Eppure, nonostante le mille note richieste di intervento per sparare agli ungulati che danneggerebbero colture e patrimonio forestale, proprio nella provincia di Vicenza, non potendo più finanziare la liberazione di cinghiali, hanno iniziato ad immettere un altro ungulato estraneo alla fauna locale. Si tratta del muflone. Indovinate quale categoria di soggetti l’ha voluto? Secondo i protezionisti i soldi per trovare soluzioni (ove esiste il problema) andrebbero attinti aumentando la tassa di concessione venatoria. Si è mai sentito che chi causa il danno debba fare pagare la collettività (vedi i rimborsi agli agricoltori)? I cinghiali ora presenti in Italia non sono originari del nostro paese. Hanno soppiantato il piccolo cinghiale mediterraneo ed i nuovi provengono da popolazioni del centro Europa. Animali ben più grandi di quello che, prima degli interventi venatori, viveva in Italia. Non solo più grandi, ma si sospetta pure incrociati con maiali domestici. Evidentemente avevano una logica nel prelievo venatorio e le cattive abitudini sempre dure a morire

(GEAPRESS)