- 02 aprile 2011, 10:47

Agenzia delle Entrate la spunta su Carige: per il Giudice 10 milioni di Euro devono tornare nelle tasche di tutti

"Un ulteriore e importante passo in avanti, anche in un’ottica di deterrenza all’utilizzo di “prodotti fiscali” con effetti dannosi per l’erario e, in ultima analisi, per la collettività" La materia è estremamente complessa, ma crediamo sia utile la pubblicazione di questo comunicato

Seconda pronuncia della giurisprudenza italiana sul tema delle operazioni di finanza strutturata coinvolgenti giurisdizioni estere.

La Commissione Tributaria provinciale di Genova ha stabilito che le operazioni di finanza strutturata (pronti contro termine su titoli atipici), compiute da Banca CARIGE S.p.A. Cassa di Risparmio di Genova e Imperia e basate sull’utilizzo distorto del credito per imposte pagate all’estero, integrano un abuso del diritto, inopponibile all’Amministrazione finanziaria, e punito con sanzioni amministrative.

Per realizzare i risparmi d’imposta oggetto di contestazione (quantificabili in termini di imposte, sanzioni e interessi in oltre €10 milioni), la banca ha dovuto realizzare investimenti in operazioni di finanza strutturata per circa €200 milioni.

La pronuncia (Sentenza n. 133/13/11 del 2 marzo 2011, appena depositata) fa seguito alla recente sentenza su Credem holding della Commissione Tributaria provinciale di Reggio Emilia dello scorso novembre 2010, sempre in tema di operazioni di arbitraggio fiscale realizzate all'estero dal 2004 in poi, attraverso operazioni finanziarie strutturate.

Nel caso sottoposto al vaglio dei giudici di Genova, l’Amministrazione ha dimostrato, anche attraverso il ricorso ad un puntuale scambio di informazioni internazionale, che la ritenuta d’imposta estera originariamente applicata era stata effettivamente rimborsata alla controparte straniera della Banca italiana, sulla base della normativa dello Stato estero.

La Commissione ha ritenuto pertanto corretto l’operato dell’Agenzia, in quanto “la particolare significatività dell’ammontare del tasso di interesse oscillante fra il 44 ed il 48% ha massimizzato il rendimento dell’operazione creando una ritenuta applicata nel Regno Unito (10% dell’interesse lordo) molto elevata, conseguendone un considerevole credito per imposte pagate all’estero”.


Il risparmio fiscale, secondo la Commissione Tributaria, è stato ritenuto essere in modo manifesto “l’obbiettivo dell’intera operazione sussistendo il credito d’imposta in uno stato e non sussistendo un reale prelievo nell’altro stato”.

Confermate le sanzioni anche in considerazione “delle condizioni particolarmente vantaggiose” che venivano offerte alla Banca “lontane dai rendimenti normalmente ricavabili sul mercato di operazioni similmente rischiose” e che “non potevano che basarsi sull’irregolare ritorno di elementi di convenienza fiscale”. In definitiva, un implicito richiamo al detto “too good to be true” (“troppo bello per essere vero”) richiamato spesso anche da altre amministrazioni fiscali estere, che hanno già contrastato tali schemi di pianificazione fiscale aggressiva, considerati tali anche in seno a recenti rapporti dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse).

Per l’Agenzia delle Entrate la sentenza della commissione ligure rappresenta, unitamente alle diverse definizioni sinora perfezionate – o in corso di conclusione –, un ulteriore e importante passo in avanti, anche in un’ottica di deterrenza all’utilizzo di “prodotti fiscali” con effetti dannosi per l’erario e, in ultima analisi, per la collettività.


Com. A.E.