Savona - 28 marzo 2011, 07:55

Berruti – Marson: “faccia a faccia” su tutto ciò che ai savonesi interessa poco

Nel confronto apparso stamattina sul Secolo XIX, Berruti e Marson sembrano interessati quasi esclusivamente al cemento (in varie forme e colori). Ma Savona si aspetta altre risposte,

Ormai da diversi anni i “faccia a faccia” politici hanno perso la connotazione a cui i non-più-giovanissimi erano abituati. Se un tempo, infatti, ognuno elencava i propri programmi e faceva le proprie promesse (raramente mantenute, ma glissiamo su questo), oggi ci si dedica fondamentalmente a demolire in modo sistematico programmi e promesse dell’altro.
Ma a questo, ormai, siamo assuefatti. Amen.
Non ci piace (sappiatelo), ma lo sopportiamo.
Diventa un po’ meno facile sopportare confronti che vedano un candidato opporsi ad un politico già in carica, laddove l’attacco arriva tutto da una parte (“hai sbagliato tutto qui, non hai fatto niente lì”), mentre il rivale si difende con molti musi lunghi (“non è vero, brutto cattivo, sono stato bravissimo”) e ben poco altro.
Diventa del tutto insostenibile, però, un confronto come quello apparso stamattina sul Secolo XIX tra lo sfidante Paolo Marson e il detentore del titolo (di Sindaco) Federico Berruti, nel quale si parla di tutto tranne che di ciò che discutono, invece, i savonesi per strada, nelle case, nei bar.


Perché l’attacco di Marson, per esempio, in pratica è fondato sull’accusa di  non aver spianato e ricostruito da zero Savona, possibilmente in Pianura padana o giù di lì.


Perché gli argomenti sono di questo tenore: “Il Priamar è isolato”.  
Sarà anche vero (a noi non sembra: è accessibilissimo, ha pure un megaparcheggio davanti. Al massimo potrà non essere sufficientemente valorizzato, ma “isolato”  non lo definiremmo proprio), ma sta lì dal 1500.
Che facciamo, lo spostiamo altrove?


Oppure: “L’ospedale è scomodo, sta in collina”.
Eh. Succede, quando si vive in Liguria, dove la costa è larga due metri e mezzo e subito dopo ci si ritrova - appunto - in collina a meno di non spianare l'Appennino.

E ancora: “Il Letimbro taglia in due Savona”.
Maddai? Sul serio?

A questo tipo di obiezioni ci si aspetterebbe una risposta del tipo: “Che cavolo stai dicendo, Willis?” Invece Berruti risponde seriamente (investendoci buona parte dello spazio a sua disposizione), dopo di che si passa all’altro mega-argomento: megastore vs negozietti cinesi.

Ma ne importa davvero qualcosa a qualcuno, esclusi i due contendenti?
A sentir la gente per strada, no. Chi vuole il megastore ce l’ha e ci va (decentrandosi, forse: ma dove sta scritto che "Savona" significhi solo "corso Italia e via Paleocapa"? Decentrare in qualche caso significa dare possibilità di respiro a periferie che altrimenti non si reggerebbero in piedi); e chi preferisce i cinesi trova (anche) quelli.

Se si ascolta la gente, però, il problema non sembra essere la tipologia dei negozi, bensì i soldi che servono per poterci entrare.

Marson ne fa un problema di infrastrutture e di traffico, Berruti si vanta della piscina.

Va tutto bene, dal punto di vista politico: ma dal punto di vista del cittadino medio, questo “faccia a faccia” appare più infarcito di dietrologia che di programmi futuri.
Più che gli “hai lavorato male” – “no, sono stato bravo”, al cittadino medio interesserebbero le nuove idee.
Vorrebbe sapere come si intenderà lavorare nei prossimi cinque anni.

Marson non ne ha quasi parlato, se non in termini di presunte lacune che però non ci dice come intenderebbe colmare.
Berruti ha fatto qualche accenno,  basato soprattutto su nuovo cemento (di cui si sente tanto il bisogno…), parlando di ponte di Villapiana e di parcheggio del Crescent.


Fortuna che Berruti, al termine del suo intervento, si è ricordato almeno di uno dei punti davvero vitali per la città: la salute pubblica.
Infatti: “L’amministrazione Vaccarezza fa 70 pagine di osservazioni al PUC – ha detto - fa le pulci alla Cittadella dell’Innovazione, fa la guerra ai cassonetti dell’ATI e poi non discute neanche una virgola del progetto Tirreno Power. Penso che i savonesi debbano riflettere su questo”.

Giustissimo. I savonesi devono riflettere sull’aria che respirano, ma anche sulla continua e sistematica distruzione della presunta vocazione di una città che potrebbe davvero essere turistica e quindi dare tanto lavoro in questo settore (e conseguentemente fornire ai suoi cittadini i soldi per entrare nei negozi di cui sopra).

Ci sarebbe da riflettere sull’immigrazione (argomento neppure sfiorato); sulle case popolari (non pervenute) che continuano a non esistere o ad essere troppo poche, a differenza degli ecomostri pensati per gli iper-ricchi che poi restano vuoti, perché gli iper-ricchi a Savona sono quattro gatti.
C’è da riflettere sul sociale, sui giovani, sulla scuola. Sul problema dei rifiuti (la differenziata, dove sta? E il riciclo, inteso come grande risorsa capace di creare - quello sì - moltissimi posti di lavoro?).
E’ di questo che parla “la gente”, ogni giorno, in questa città e su questo pianeta.
A volte viene da chiedersi se i nostri amministratori, o aspiranti tali, abitino nello stesso luogo.

v.r.