Attualità - 22 marzo 2011, 11:27

Stalking o cuore spezzato?

Fa sicuramente più impressione del solito leggere di una donna denunciata per stalking: specie quando si tratta di un’insegnante cinquantenne, quindi di una persona matura e di cultura, non della classica ragazzina scemotta che perde la testa.

Stalking o cuore spezzato?

Fa sicuramente più impressione del solito leggere di una donna denunciata per stalking: specie quando si tratta di un’insegnante cinquantenne, quindi di una persona matura e di cultura, non della classica ragazzina scemotta che perde la testa.

Per carità: la testa l’ha persa evidentemente anche questa signora, se è arrivata a mandare 65 sms al giorno al suo ex compagno.


Però, con tutta la comprensione del caso per la vittima (a chi non è capitato, anche se magari in misura un po’ più contenuta?), a volte viene da chiedersi se la legge sullo stalking non diventi un comodo escamotage per persone che semplicemente vogliono togliersi di mezzo una seccatura.


Non stiamo parlando di questo caso specifico, sia chiaro, anche perché senza conoscere direttamente la storia e i protagonisti sarebbe quantomeno azzardato trarre conclusioni: ma da quanto leggiamo sembra che la definizione di stalking ci stesse tutta.


Copiamo da Wikipedia: “per stalking si intende un insieme di comportamenti molesti e continui, costituiti da ininterrotti appostamenti nei pressi del domicilio o degli ambienti comunemente frequentati dalla vittima, ulteriormente reiterati da intrusioni nella sua vita privata alla ricerca di un contatto personale per mezzo di pedinamenti, telefonate oscene od indesiderate”.


La signora savonese, a quanto pare, ha seguito l’intero copione e quindi si può accettare la reazione del sessantenne che l’ha denunciata… anche se resta sempre un po’ difficile pensare che questo genere di molestie possa indurre “ansia e paura” (altre condizioni necessarie a identificare il reato) quando viene effettuato da una donna nei confronti di un uomo.


Tolto il caso specifico, comunque, l’impressione è che le denunce per stalking, ma soprattutto l’utilizzo della definizione stessa, a volte siano un po’ abusati.
Un’amica di chi scrive le raccontava giorni fa di aver ricevuto una decina di sms dal classico “tampinatore” che ci provava: “Questo è stalking bello e buono!”, sosteneva la ragazza.


In realtà no: questo, semmai, è tacchinaggio DOC, attività che parte dalla notte dei tempi e che si presume non possa finire tanto presto, perché in tal caso rischierebbe di finire anche la razza umana.


Più che altro, però, ci interessava toccare l’argomento delle “persecuzioni” (o presunte tali) dopo che il signore o la signora di turno sono stati piantati: perché alla fine di una relazione – anche questo dalla notte dei tempi – ognuno reagisce in modo diverso. C’è chi si ritira sull’Aventino e non si abbasserebbe mai neppure a confessare di aver versato una lacrima; c’è chi parte alla carica con la teoria del chiodo-schiaccia-chiodo; e c’è chi cerca disperatamente di recuperare un rapporto che riteneva importante, anzi fondamentale (chi non ha pensato la stessa cosa del suo ultimo amore, almeno per i primi due mesi dopo che è finito, scagli la prima pietra) e quindi, a volte, esagera.


Può esagerare anche molto, anche “troppo”. Sempre chi scrive ha sopportato strenuamente tre mesi di rose rosse, lettere appassionate, telefonate e incontri “casuali” praticamente ovunque (un po’ troppo ovunque perché fossero casuali) da un suo ex che non si capacitava di essere diventato tale.
Però, diciamolo: a volte siamo noi stessi ad aver illuso (e magari ad esserci illusi) che fosse Amore con la A maiuscola, quando invece, se non proprio un calesse, era quantomeno una storiella da poco. Ma non si può pretendere che la scoperta sia sempre contemporanea: magari lei si sveglia una mattina e pensa “ma che ci sto a fare con questo? E’ solo una storiella”. E lui si sveglia alla stessa ora pensando “Oggi potrei chiederle di sposarmi”. Perché l’amore a orologeria non c’è. E neppure il disamore.


Diciamolo: a volte siamo noi ad essere un po’ carogne. A pretendere che i sentimenti (o i non-più-sentimenti ) dell’altro si sintonizzino in automatico con i nostri.


Ma non funziona così. E allora, se l’altro reagisce in modo insistente e sicuramente seccante, non è detto che stia commettendo automaticamente un reato. Magari è solo disperato, infelice, svuotato di una cosa che gli riempiva l’esistenza e che adesso gli ha lasciato un buco dentro che non sa come riempire.
Chiamare i carabinieri se il poveretto (o la poveretta) manda qualche sms di troppo, sinceramente non sembra molto gentile.
Sembra piuttosto un modo di scaricare la responsabilità di aver spezzato un cuore, trasformando ai propri occhi, prima ancora che agli occhi della legge, la “propria” vittima in un persecutore, liberandosi così la coscienza. Il che può essere comodo, ma non è molto umano.


Sia chiaro: il “vero” stalking è un reato. Un reato grave, specie perché in molte – troppe occasioni - ha dato luogo e vere e proprie tragedie. Il vero stalking, però, nasce da una mente malata, deviata, marcia.
La disperazione è tutta un’altra cosa.
Prima di chiamare i carabinieri, forse, bisognerebbe sforzarsi di distinguere… e magari di trovare cinque scomodissimi e sgradevolissimi minuti per chiarirsi in modo civile, pacato e definitivo, senza bisogno di mandare in galera nessuno.



Valeria Rossi

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