IL PUNTO DI MARIO MOLINARI - 21 marzo 2011, 19:07

Matteo Renzi ("PD") e il giornalismo da rottamare (e qui nel ponente ligure come stiamo?)

Oggi il punto ospita un pezzo "fuori piazza" del Collega Stefano Tesi, che meriterebbe di essere letto dagli addetti ai lavori tutti, e non solo.

Il primo cittadino di Firenze attacca frontalmente la stampa, invoca l’abolizione dell’Ordine e accusa i giornalisti essere una “casta”, preferendo comunicare tramite Facebook. I giornalisti protestano. Ma non si chiedono perchè nessuno li difenda.

Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, non contento di aver bellamente ignorato, nelle scorse settimane, l’esistenza degli organi di informazione e delle figure istituite dalla legge per fare da tramite tra i pubblici amministratori e i giornali, cioè l’ufficio stampa comunale, preferendo “comunicare” con il popolo via Facebook, ora affonda il colpo e:
- taccia i giornalisti di essere una “casta” (accusa francamente poco originale);
- invoca l’abolizione dell’Ordine (come sopra);
- dice che se nasce qualche polemica la colpa è sempre loro (e ti pareva);
- dileggia la categoria e i suoi rappresentanti con ironia tanto grassa quanto prevedibile.
Lo scopo è chiaro: “rottamarci” tutti, riducendoci insomma a utenti di FB, costretti ad abbeverarci direttamente alla “fonte” delle notizia, cioè lui, senza fare domande scomode.
Ovvio che a fronte di tutto questo occorre ribellarsi ed opporsi in modo (come si dice in sindacalese) “durissimo”. Tanto duramente, cioè, quanto la bistrattata categoria è oggi capace e può. Cioè poco e male, purtroppo.
Poi però bisogna anche provare a cambiare punto di osservazione, mettersi nei panni degli altri e chiedersi perché, di fronte ad attacchi tanto violenti e demagogici, sia così modesta la quota di opinione pubblica disposta a schierarsi a difesa dei giornalisti. E come mai la gente non ci stima, ci chiama “giornalai”, non crede alla nostra funzione né alle nostre parole. E’ solo qualunquismo? Solo ignoranza?
Pure su questo forse ci sarebbe bisogno di una seria ed approfondita riflessione. Ma, sul punto, le istituzioni giornalistiche tacciono con inusuale tenacia. Mai un interrogativo, mai un’autocritica, mai una presa d’atto di tanta palese ostilità. Fino a dove si spingono i demeriti dei professionisti dell’informazione e dove cominciano le responsabilità? Silenzio tombale.

I giornalisti sono bravissimi ad autoassolversi. A fare le vittime. Come se esserlo bastasse a depurarci anche dalle nostre colpe. E come se la nostra perdita di prestigio, di credibilità, di autorevolezza, di centralità nel sistema non fosse dovuta anche allo smarrimento della professionalità, dell’imparzialità, della deontologia. Di tutti quegli elementi che rappresentano cioè i fattori costitutivi del giornalismo.
Sia chiaro: Renzi sbaglia a dire quello che dice. E fanno bene ordine e sindacato ad indignarsi.
Meglio farebbero, tuttavia, se si indignassero (rectius: si fossero indignati) quando i loro rappresentati infangano impunemente la categoria, con grande danno per tutti. Se così fosse, forse il primo cittadino di Firenze, e tanta gente con lui, ci penserebbe due volte prima di additare la stampa come un medium superfluo e un interlocutore fastidioso di cui farsi beffe.

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Chi è Stefano Tesi:

Mi chiamo Stefano Tesi, faccio il giornalista e questo è il mio blog. Per fortuna, tanto nella vita che nel mio sito www.stefanotesi.it, non mi occupo solo di giornalismo. Mi occupo, anche e soprattutto, delle mie passioni e delle mie ossessioni. Le quali solo talvolta sono o diventano un lavoro: la musica (hey hey, my my, r’n'r can never die), i viaggi, i libri, le tradizioni, gli stili di vita, la società, le idee, il paesaggio, il mondo rurale, l’agricoltura, il vino con annessi e connessi, i beni culturali, il costume, l’Inter (eh già!), il calcio, lo sport, sole&acciaio. E poi di libera professione giornalistica, ovviamente: da oltre vent’anni è il mio lavoro. Il mio chiodo fisso è invece salvare dalla rovina il natio borgo selvaggio nelle Crete Senesi.


Il parlar aspro? Diciamo che mi viene facile. Come in “Quasi Famosi” Lester Bangs dice al giovane aspirante collega: “Sii onesto. Onesto e spietato”. Ecco, così io, nel parlar, voglio esser aspro.


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Stefano Tesi