Venerdì alle ore 21, nella sala De Mari del Palazzo di Città di Cairo, si terrà una serata a tema con l’antropologo Gabriele Mina, sul tema "La Danza della Piccola Tarantola: Un rito di possessione e guarigione raccontato da una musicologa e da un antropologo", curato dalla musicologa Mariangela Lammardo.
Secondo la leggenda la tarantola con il suo morso provocherebbe offuscamento dello stato di coscienza e crisi isteriche. La tradizione popolare ritiene che alcuni musicanti potessero, con la musica, di guarire o almeno lenire lo stato di "pizzicata". Attraverso una suonata, che poteva durare anche giorni, cercavano di trovare la combinazione di vibrazioni con le note dei loro strumenti.
Il tarantismo, considerato come fenomeno storico-religioso, caratterizzò l'Italia meridionale e in particolare la Puglia (nello spacifico il Salento), fin dal Medioevo. Le vittime più frequenti del tarantismo erano le donne, poiché, durante la stagione della mietitura, le raccoglitrici di grano erano maggiormente esposte al rischio di essere morsicate dalla tarantola. Attraverso la musica e la danza era però possibile dare guarigione ai tarantati, realizzando un vero e proprio esorcismo a carattere musicale. Ogni volta che un tarantato esibiva i partricolari sintomi associati al tarantismo, dei suonatori di tamburello, violino, organetto, armonica a bocca e altri strumenti musicali iniziavano a suonare nell'abitazione del tarantato oppure nella piazza principale del paese. I musicisti cominciavano a suonare la pizzica, una musica dal ritmo sfrenato, e il tarantato cominciava a danzare e cantare per lunghe ore fino allo sfinimento. La credenza voleva infatti che, mentre si consumavano le proprie energie nella danza, anche la taranta si consumasse fino ad essere annientata. Non è quindi da escludere che il ballo venisse utilizzato originariamente come vero e proprio rimedio medico, a cui solo in seguito sono stati aggiunti i connotati di rito di guarigione.