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Attualità | 03 gennaio 2011, 07:35

Savona: chiesa & pedofilia, la lettera di Alessandro Pennestri

Savona: chiesa & pedofilia, la lettera di Alessandro Pennestri

Pubblichiamo integralmente la lettera che Alessandro Pennestri ha inviato a Savonanews.it in relazione al caso chiesa & pedofilia esploso ormai da un anno in provincia di Savona.

Io auspico che a Savona ognuna delle persone che in qualche modo, nel corso degli ultimi 30/40 anni a Savona, sia venuta a conoscenza di casi più o meno gravi (se mai sia possibile fare una classifica della gravità delle conseguenze su una vittima  pur anche dell'atto di pedofilia ritenuto meno invasivo) di reato di approccio sessuale su bambini e adolescenti non ancora sessualmente maturi, analizzi con serenità, ma allo stesso tempo approfonditamente, le ragioni più intrinseche che ci hanno fatto prendere parte ad un atto di incoscienza collettiva dove ognuno di noi ha ritenuto più conveniente non parlare, non denunciare, non vedere , non sentire, non vivere.

Nel momento stesso in cui una vittima prende atto di essere tale o di esserlo stata, diventa un sopravissuto e comincia un percorso, per niente facile, di riscatto nel quale affiora la tragica consapevolezza di essere stato  per primo uno degli ingranaggi della morbosa macchina del silenzio. La presa di coscienza di questa complicità è importantissima, sia per i sopravissuti che per chi è venuto a conoscenza dei fatti. Capire che cosa in noi ha partecipato alla realizzazione di un abuso o di un danno ad altri provoca inizialmente  una spropositata paura, ma allo stesso tempo, ci rendiamo conto che questa reazione è naturale, e non significa che noi siamo colpevoli e nemmeno che chi ha inflitto del male sia innocente,  infatti quest’ultimo dovrà subire le leggi che la società impone nella misura in cui era cosciente di quello che ha fatto.  

Chi fra la gente teme di essere giudicato come parte attiva nel perpetuarsi di atti di violenza, non ha nulla da temere, perché molto più facilmente e naturalmente di un sopravissuto riesce a  capire di non essere un complice del pedofilo in senso prettamente legale, ma semplicemente di non essere stato ben consapevole degli atteggiamenti e delle aspettative in gioco. Solo ora che abbiamo capito , abbiamo anche la facoltà di modificare gli eventi e di non ricadere nel tranello di quella che ORA SI diventerebbe bieca ipocrisia.

Infine un dato pratico, non c'è bisogno di nessuna prova per inoltrare una denuncia, basta il sospetto e le autorità competenti potranno verificare se vi sono situazioni effettivamente pericolose. Questo dovremmo già averlo capito, ma molti, anche il Vescovo, si ostinano a credere di poter denunciare solo se vedono con i propri occhi. Le vittime vedono con i propri occhi, ma loro sono le uniche persone che non potranno mai essere accusate di ipocrisia rispetto al loro silenzio, che ahimè molto spesso non è una scelta. Il silenzio ha provocato  incomprensione, sensi di colpa,  paure ingiustificata e anche reiterazione dei reati. Solo parlando ed ascoltando apertamente, il risultato sarà diverso. Questo è lo spirito con le quali le vittime del savonese hanno ultimamente chiesto di confrontarsi.

alessandro pennestri

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