LE EMAIL ALLA REDAZIONE - 29 novembre 2010, 08:59

Savona: Paolo Franceschi risponde a Di Tullio e a Rossello

Gentile Direttore, le recenti dichiarazioni di noti esponenti politici e sindacali locali a favore degli investimenti per l’ ampliamento della centrale a carbone e della piattaforma Maersk devono indurre ad una riflessione un poco più profonda sul perché non tutti gli investimenti possano essere considerati desiderabili per un territorio, la provincia di Savona in questo caso. I destini di un territorio e di una popolazione dipendono in buona parte dalle scelte operate da chi ne ha il potere. Spesso il vero potere sta nel capitale, a dimostrazione della preminenza dell’ economia sulla politica. Gli obiettivi del capitale sono notoriamente quelli di aumentare a dismisura, senza curarsi troppo spesso di eventuali “effetti collaterali” sui singoli individui che compongono una comunità. Investimenti, anche ingenti in determinati territori possono portarli alla miseria anziché al benessere. Benessere è una parola difficile da descrivere, un termine complesso, che non comprende solo il concetto di ricchezza, ma di un insieme ben più numeroso di fattori , che comprendono l’ ambiente, l’ organizzazione del tessuto sociale, la salute, il lavoro. Per fare un esempio facilmente comprensibile, prendiamo ad esempio gli investimenti delle multinazionali nei paesi del terzo mondo, in primis la deforestazione. Per un capotribù di in villaggio dell’ amazzonia l’ arrivo di capitali potrebbe significare molti nuovi posti di lavoro, che serviranno per aprire strade nella foresta, per guidare enormi camion, ruspe, e per tagliare gli alberi delle lussureggianti foreste pluviali. Con questi posti di lavoro si potranno pagare stipendi, si potrà dare lavoro a molte persone: una cosa buona, per amministratori locali, impreparati o in cattiva fede, che, ingannati o complici, potranno pensare di aumentare così il proprio consenso fra la propria gente. Ma la deforestazione distrugge per sempre le foreste, e al posto di queste avanza il deserto: si prepara così un futuro di miseria ancora maggiore per le popolazioni locali, quando le multinazionali,completato il massacro, se ne andranno. Gli stati ricchi importano merci (legname pregiato) ed esportano desertificazione, preservando al contempo intatto il proprio patrimonio boschivo. Un esempio più vicino a noi, (quanti casi in provincia di Savona) risiede nella costruzione di enormi centri commerciali nelle periferie cittadine, su terreni di poco valore, che permettono di dare posti di lavoro, certo, ma a che prezzo? Nei nostri paesi città e un caposaldo dello sviluppo urbano, del tessuto sociale ed economico è costituito mproprio dai piccoli commercianti, spesso proprietari dell’ edifico in cui esercitano la propria attività commerciale e dell’ edificio in cui vivono, che si cureranno di abbellire e di farne manutenzione. I commercianti hanno tutto l’ interresse a salvaguardare la pulizia, l’ ordine, il decoro e la convivenza sociale del borgo in cui vivono. Loro sono del posto, e hanno anche l’ interesse ad assumere persone del posto, il che finisce per aumentare ulteriormente la coesione sociale. I centri commerciali sono invece in mano a grandi società che vengono da fuori, spesso anche dall’ estero, non hanno interesse ad assumare mano d’ opera locale, ma manodopera a basso costo, senza alcun ritorno diretto occupazionale per gli abitanti locali. Inoltre, essendo ubicati in zone decentrate, obbligano a servirsi dell’ automobile anche coloro che no potrebbero fare a meno, rendendo difficile la vita alle persone che un’ auto non se la possono permettere. Il centro commerciale causerà inevitabilmente l’ impoverimento dei piccoli commercianti locali, molti dei quali saranno costretti a licenziare i collaboratori, e, nella peggiore delle ipotesi, a fallire, divenendo loro stessi disoccupati in competizione per un posto di lavoro. Ne soffrirà di conseguenza tutto il paese, il centro si svuoterà, le vie saranno sempre più deserte, aumenteranno la delinquenza, diminuiranno i lavori di manutenzione che danno da vivere ai piccolo artigiani locali, e la città andrà incontro al degrado. Di contro aumenterà il traffico veicolare a livelli ancora più insopportabili e il disagio delle persone anziane e meno abbienti. A questo punto anche noi avremo capito che non ha alcuna importanza pagare un phon 2 euro in meno, per avere questi risultati. Questo è un altro esempio di come investimenti sbagliati, fatti in nome dei posti di lavoro, si traducano in definitiva in danni economici per la comunità. Lo stesso discorso, ma molto più in grande vale purtroppo per la centrale a carbone e per la piattaforma di Vado Ligure. Il miraggio di investitimenti milionari acceca i più, nella speranza di avere posti di lavoro assicurati. Ma anche in questo caso si tratterà di posti di lavoro maledetti. Vediamo insieme il perché- Una centrale a carbone è molto redditizia perché il costo del combustibile che utilizza è molto a buon prezzo. La stessa quantità di energia viene prodotta a costi più bassi, e questo consente di massimizzare i profitti. Ma c’ è un rovescio della medaglia. Bruciare carbone comporta infatti enormi costi in termini di danni alla salute, alle abitazioni, agli edifici pubblici e ai monumenti, alle altre attività produttive come il turismo e l’ agricoltura. Questi costi però non sono contabilizzati, perché non vengono pagati dalle aziende, ma ricadono sulla popolazione locale. Si parla di questi costi come costi esterni o esternalità, proprio perché vengono fatti ricadere sulla società civile e non sui proprietari della centrale a carbone. Abbiamo chiesto all’ Ufficio Externe della Comunità Europea, che dal 1991 studia metodiche sempre più sofisticate per quantificare in maniera corretta le esternalità delle centrali a carbone, di quantificare i costi esterni di una centrale con le caratteristiche di quella di Vado Ligure in termini di emissioni, di ubicazione, di popolazione, di attività economiche di tipo turistico, culturale, artigianale e agricolo. I risultati sono stati assai illuminanti. Secondo Externe i danni totali in termini sanitari ammonterebbero a quasi trenta milioni di Euro all’ anno, mentre i danni totali supererebbero ampiamente i cento milioni di euro all’ anno, se si aggiungono anche i costi per l’ eccesso di emissioni di CO2. Quindi ecco la dimostrazione che investimenti che apparentemente dovrebbero arricchire una comunità, in realtà la impoveriscono. Qul fiume di denaro infatti si trasformerebbe in enormi profitti per pochi, e in danni ingentissimi per la società che andrebbero in qualche modo a parassitare. I risultati di scelte simili sono in realtà sotto gli occhi di tutti, e sono testimoniati dal continuo e progressivo degrado del sistema produttivo, dell’ aumento delle patologie, dell’ aumento del traffico veicolare, in una parola del peggioramento della qualità della vita, che si accompagna alla perdita di posti di lavoro in attività molto più adatte ad un territorio dal clima mite, incredibilmente bello, come il nostro, soleggiato e ventoso, molto più adatto ad attività a basso impiego di territorio, di cui siamo terribilmente carenti, ma ad alta intensità di mano d’ opera, come il turismo, l’ arte, il piccolo artigianato, la nautica, l’ agricoltura biologica e di nicchia, la cultura, la piccola industria manifatturiera. Entrrebbero a buona ragione in questo settore la raccolta differenziata dei rifiuti con riciclo e recupero totale della materia, che non preveda combustione, la progettazione, la produzione l’ installazione e l’ utilizzo di infrastrutture per la produzione di energia pulita e rinnovabile. La mazzata finale al nostro territorio verrebbe poi dalla realizzazione della piattaforma portuale che porterebbe all’ interramento di buona parte di una delle baie potenzialmente più belle della Liguria, compresa nel santuario dei cetacei, ad un passo da centri turistici di grande bellezza e richiamo per un turismo di qualità. Anche qui investimenti improntati al degrado del territorio, all’ aumento sproporzionato del traffico pesante, all’ approdo di gigantesche navi portacontainer con la capacità di inquinare con i loro enormi motori diesel come città di parecchie decine di migliaia di abitanti. Si assisterebbe al vero e proprio incarceramento di alcune migliaia di abitanti fra una enorme piattaforma di cemento ricoperta da alte pile di container, costruita dove prima c’ era il mare, con alle spalle una centrale a carbone già definita centrale in città, di fianco una discarica che raccoglie da sola tutti i rifiuti solidi urbani di due province (Savona e Imperia), pronta a scoppiare per precipitarci come a Napoli in una crisi che troverebbe logico sbocco nella combustione degli stessi nella centrale a carbone, come del resto già previsto dall’ attuale piano Provinciale per lo smaltimento dei Rifiuti, approvato dalla Amministrazione Regionale. Dobbiamo ricordare a questo punto che quando le condizioni ambientali sono già molto compromesse, ogni ulteriore aggravio del carico degli inquinanti porta a situazioni di crisi molto maggiori del prevedibile. Quando parliamo di danno sanitario dobbiamo ricordare cosa significa in termini economici, in quanto pare che ormai sia questo l’ unico metro di giudizio. Ebbene, non ci sottrarremo ad alcuni esempi, un po’ macabri ma esemplificativi. Il rapporto di CittadinanzAttiva sulle malattie croniche dimostra che la spesa sostenuta da chi soffre di una malattia cronica per farmaci, presidi, ausili e aiuti esterni è di circa 1500 euro al mese. Uno studio presentato dalla Fondazione Istud il 14/12/2007 a Roma ed effettuato al Policlinico Umberto I di Roma ha messo in evidenza che: - il 72 per cento dei familiari di un malato di tumore denuncia infatti una perdita economica "rilevante" dovuta al mancato guadagno per la permanenza in ospedale; - il 38 per cento subisce delle perdite stimabili tra i 700 e i 1.000 euro al mese; - il 25 per cento lamenta delle perdite addirittura superiori ai 1.200 euro mensili; - il 22 per cento addirittura lascia il lavoro; - il 13 per cento è costretto a mettersi in aspettativa. Ci sono poi i costi psicologici dei malati cronici: I sopravissuti a lungo termine al cancro insorto in età adulta sono sottoposti ad un serio stress psicologico , che si traduce spesso in un minore rendimento sul lavoro o addirittura nell’ abbandono del posto di lavoro. In definitiva tutte le cause che abbiamo individuato, per l’ ottenimento di cui alcuni sindacalisti supportati da alcuni politici invitano allo sciopero generale, condurranno a nostro parere all’ impoverimento, alla perdita di posti di lavoro, e in definitiva a peggioramento della qualità della vita degli abitanti di gran parte della provincia di Savona*. *Queste nostre affermazioni sono supportate dagli studi del progetto Externe della Comunità Europea.

Dottor Paolo Franceschi ISDE Italia (Medici per l’ Ambiente), Sezione di Savona