Il 25 novembre 1999 i governi di Italia, Francia e Principato di Monaco hanno firmato un accordo che sancisce l'istituzione nel Mediterraneo di un'Area Marina Protetta a carattere sovranazionale, denominata “Santuario Internazionale per i Cetacei”. Una ricorrenza che verrà celebrata giovedì prossimo al teatro Ariston di Sanremo in occasione del Festival dell'Ambiente dal Comune di Andora e dall'Accademia Kronos da sempre in prima linea in difesa dei cetacei.
Le acque del Santuario sono delimitate a Ovest da una linea congiungente la foce del Rodano e Capo Falcone in Sardegna e a Est da una linea che idealmente congiunge Capo Ferro, situato sulla costa nord orientale della Sardegna, e Fosso Chiarone, situato sulla costa occidentale italiana. È questa un'area dove la presenza di tali animali è considerata la più elevata di tutto il Mediterraneo, un vero e proprio habitat essenziale per la loro sopravvivenza, esteso per circa 96.000 Kmq. Sebbene l'esistenza dei cetacei in quest'area marina fosse nota fin dall'antichità, è solo a partire dai primi anni Ottanta del secolo scorso che sono stati effettuati sistematici studi e ricerche mirate, compiute sia in mare aperto che su individui spiaggiati. I dati raccolti hanno consentito di riconoscere l'interessante valenza biologica del bacino Ligure-Corso-Provenzale, facendo così emergere la consapevolezza della necessità e dell'urgenza di una sua tutela. L'abbondanza di cetacei in un'area relativamente ristretta è certamente un fatto di notevole valore scientifico, naturalistico ed educativo che impone, di conseguenza, scelte responsabili a livello di tutela e di gestione. Nel mondo moltissime specie sono a rischio di estinzione o sono state drammaticamente ridotte di numero a causa dell'indiscriminata caccia commerciale, protrattasi per lunghissimo tempo senza una saggia e accorta regolamentazione.
Attualmente i cetacei sono, fortunatamente, animali protetti e tutelati da diversi accordi internazionali. Nel Mar Mediterraneo sono state sino a oggi segnalate 19 specie di Cetacei, delle quali 7 transitano o stanziano regolarmente nell'area del Santuario Internazionale dei Cetacei, mentre le altre sono invece più rare. Le più frequenti sono: Stenella Striata, Balenottera comune, Grampo, Capodoglio, Zifio, Globicefalo, Tursiope. Rare e occasionali: Delfino comune, Orca, Pseudorca, Steno, Balenottera minore.
Il Mar Ligure, soprattutto nella sua porzione occidentale, raggiunge profondità notevoli a breve distanza dalla costa; la piattaforma continentale, che per definizione si estende a 200 metri di profondità dalla riva, è infatti poco estesa. Oltre la piattaforma, lungo la scarpata, il fondale marino scende rapidamente fino ai 2.000 metri, dando inizio all'ambiente pelagico. Una serie di fattori, quali l'azione dei venti di maestrale e di tramontana, le correnti e, soprattutto, la condizione di omeotermia invernale, consentono il rimescolamento delle acque e la conseguente risalita in superficie dei sali nutritivi che in altri mari rimangono invece in gran parte confinati nelle acque profonde. L'apporto di tali sostanze permette lo sviluppo del fitoplancton, che si trova alla base della rete alimentare e costituisce il nutrimento dello zooplancton, a sua volta preda di pesci, cefalopodi e mammiferi marini. L'abbondanza di cibo fa sì che nell'ambito del Mediterraneo le acque alto tirreniche rappresentino una delle aree a maggiore concentrazione di cetacei. Il gamberetto eufasiaceo Meganyctiphanes norvegica che popola riccamente il Mar Ligure, è l'alimento principale della balenottera comune (Balaenoptera physalus), la quale, insieme ad altre sei specie di cetacei, frequenta regolarmente le acque liguri. L'altra specie più avvistata in Liguria è la Stenella striata, la cui presenza stimata in tutta l'area del Santuario dei Cetacei è di circa 25.000 esemplari. Ognuna delle specie presenti è caratterizzata da un habitat preferenziale, strettamente correlato alla profondità del fondale: si possono così distinguere specie costiere, di scarpata, pelagiche. Tuttavia, non esistendo in mare confini precisi, i mammiferi marini possono spostarsi liberamente ed essere talvolta avvistati in zone inusuali. Solcando le acque del Santuario dei Cetacei, non è impossibile che anche ai naviganti più distratti sia talvolta capitato di imbattersi in balene e delfini; tuttavia è certo che nella maggior parte delle occasioni la casuale vicinanza di questi splendidi abitanti del mare sia passata loro del tutto inosservata. Infatti anche il whalewatching, non diversamente da quanto avviene durante le pratiche di birdwatching, richiede un'attiva e attenta partecipazione da parte dell'osservatore: la prima semplice regola, insomma, è che se vogliamo davvero avvistare i cetacei, dobbiamo avere la pazienza e la curiosità di cercarli con lo sguardo. Naturalmente è essenziale che le condizioni del tempo siano sufficientemente buone: in una giornata tersa e luminosa, in assenza di vento e di onda lunga, sarà ben difficile non scorgere anche a distanza di un miglio un Cetaceo che fende o rompe la liscia superficie dell'acqua. Con il peggiorare delle condizioni meteorologiche e marine, chiaramente le probabilità di avvistamento diminuiscono sempre più. Sono essenzialmente tre i fattori che ci consentono di riconoscere la presenza di un cetaceo in mare aperto: poiché devono risalire in superficie per respirare potremmo vedere il soffio che in alcune specie, come il Capodoglio e la Balenottera, è particolarmente vistoso, oppure il dorso scuro e la pinna dorsale che taglia la superficie dell'acqua. Le specie più piccole di Cetacei si possono invece riconoscere facilmente anche dagli spruzzi che fanno nell'acqua quando saltano o si alimentano. Abituarsi a far scorrere lo sguardo ritmicamente seguendo la linea dell'orizzonte, condividere la perlustrazione della superficie dell'acqua con due o tre compagni per meglio coprire l'ampiezza del mare che ci sta di fronte, mettersi il più alto possibile sulla barca in modo che la vista dell'orizzonte si allarghi... sono questi solo alcuni dei segreti della difficile arte di trovare i Cetacei. E certo può essere di grande aiuto anche conoscere già le caratteristiche e le forme di ciò che ci aspettiamo di avvistare: un soffio che si staglia più scuro del cielo sullo sfondo, un dorso nero, una pinna... sono tutti segnali che è importante imparare a cogliere e riconoscere. Avvistato qualcosa di “sospetto”, si potrà poi cercare conferma avvicinando lo sguardo con l'uso di un binocolo: ogni specie possiede, infatti, caratteristiche fisiche e comportamentali che consentono, a una attenta osservazione, l'identificazione più precisa.