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Attualità | 10 settembre 2010, 17:12

"Evviva i puri di cuore che hanno il coraggio di ammettere che Tirreno Power deve chiudere"

"Evviva i puri di cuore che hanno il coraggio di ammettere che Tirreno Power deve chiudere"

Sono certo che l’indifferenza mostrata dal Sindaco di Vado Ligure all’eventualità di una chiusura della centrale di Tirreno Power rappresentasse una forma di provocazione all’azienda e non un sentimento reale suo e dell’Amministrazione di Vado che, altrimenti, sarebbe molto grave. Tuttavia, col tempo i nodi vengono al pettine e confermano quanto come CGIL stiamo ripetendo da tempo. Ci sono due modi per affrontare la questione della centrale. La prima è quella di trattare con l’azienda, anche contestando con forza le questioni non risolte o non affrontate dal loro piano industriale, con l’obiettivo di raggiungere un accordo che dia garanzie di miglioramento ambientale inequivocabili. Certo, in questa ipotesi l’azienda mette sul piatto una richiesta di aumento di potenza, ma le trattative si fanno per l’appunto per provare a conciliare esigenze diverse. Se si ritiene che questa via non sia percorribile esiste la seconda strada, quella del rifiuto di un qualunque dialogo con l’azienda, quella delle denunce e della criminalizzazione. Questa strada può portare a due risultati alternativi. Il primo è che non si faccia il terzo gruppo e tutto rimanga com’è. Non certo un gran risultato. Il secondo che alla fine si "riesca" davvero a far chiudere l’azienda (se poi lo stesso investimento viene recuperato in Albania con investimenti tecnologici inferiori poco importa perché da tempo stiamo già applicando il federalismo del senso civico), perdendo 400 posti di lavoro tra diretti e indotto ma perdendo anche una delle aziende più importanti del territorio e tutte le potenzialità ad essa connesse (basta polo energetico universitario, basta elettrificazione del porto e collegamenti diretti con le aziende locali, basta teleriscaldamento, basta sviluppo di un indotto etc.) oltre a guadagnare una vasta area abbandonata su cui sarà difficile costringere qualcuno ad investire soldi per la bonifica. Queste, e non altre, sono le uniche alternative e per questo, siccome riteniamo che l’unica via percorribile sia la prima, da giorni stiamo invitando le Istituzioni ad aprire una trattativa vera.

Se chi è deputato a trattare non si siede intorno ad un tavolo e il dibattito rimane sui giornali finisce sempre di più per distaccarsi dalla realtà, per assumere i contorni della filosofia pura e di un dialogo sui massimi sistemi che si alimenta di calunnie, disinformazione, accuse. Personalmente sono stufo di affermazioni ipocrite del tipo "siamo per l’occupazione ma basta a qualunque tipo di sviluppo industriale"; oppure "lo sviluppo moderno e ambientalmente compatibile è quello dei centri commerciali e del turismo" come se una vita da precario e da sfruttato in quei settori non provocasse gli stessi danni alla psiche che i fumi di una centrale provocano ai polmoni (e certamente siamo più ambiziosi noi che ci poniamo l’obiettivo di superare tutti e due i problemi). Giustamente tante associazioni contestano l’assenza della politica, l’incapacità di adottare politiche industriali serie, ma mi spavento quando quelle stesse persone che danno tanta preziosa attività nelle associazioni e nei blog, nel contestare la classe politica la sostituiscono affidandosi ai Report, alle iene e ai gabibbi nella convinzione che una società giusta si possa basare sulla denuncia e mai sulla costruzione di percorsi condivisi. Infine, mi fa paura un mondo in cui un’opinione di un qualunque peppe71 (ogni riferimento è puramente casuale) è ritenuta più attendibile di quella di un professore universitario perché senz’altro più disinteressata e genuina e meno condizionata da interessi forti. Io credo che, tornando alla centrale, tutto questo vada a danno della vera maggioranza silenziosa interessata a questa vicenda. Scusatemi ma credo che non sia vero che il 90% delle persone sia contrario all’ampliamento. Credo che la maggioranza delle persone chieda di capire qualcosa di più, chieda di avere garanzie che non ha. Noi tutti non li stiamo aiutando. Le associazioni e i comitati rappresentano interessi di parte, non hanno ruoli istituzionali e, giustamente, possono essere radicali. Ma le Istituzioni no. Le Istituzioni hanno il compito di aiutare questa maggioranza silenziosa a capire, hanno il dovere di portare loro dei risultati. Questo è quello che ci aspettiamo e che chiediamo al di là delle caselline del sì o del no.

Francesco Rossello

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