Cinemare a Bergeggi per domani alle 21.30 presenta il film Pirati (nella foto la locandina) di Roman Polanski con un ospite speciale, Giulio Giraud, capitano di regata. La serata ad ingresso gratuito si svolgerà come sempre nella spiaggia libera di Levante, vicino ai Bagni Maiorca.
Di questo film tutti i liguri ne custodiscono memoria perché da anni viviamo con Neptunes, il galeone del Porto Antico - scenografia del film di Polanski che fu ricostruito fedelmente su un originale del Seicento con un lavoro lungo e meticoloso durato ben 5 anni e che costò 8 milioni di dollari. Tante le traversie prima di poter arrivare alla sua costruzione e al primo ciak perché il produttore interpellato, finito il primo trattamento, fu un italiano che si ritirò non appena gli fu presentato il bilancio preventivo. Il progetto passò alla Paramount, alla United Artist e poi ad una serie di altri studios da Hollywood a Tel Aviv: "ogni volta che il progetto veniva congelato di nuovo per me era un grande dolore, un vero shock. Infine lo proposi al tunisino Tarak Ben Ammar e quella fu la volta buona" affermò Polanski.
Durante la lavorazione del film, uscito nelle sale nel Natale del 1986 dopo la presentazione fuori concorso a Cannes, il regista dichiarò che teneva molto a girare questo film perché voleva rivisitare il cinema che gli piaceva di più quand'era bambino: "Ho letto L'isola del tesoro e naturalmente alcuni racconti di Howard Pyle. Quindi mi divertiva l'idea di un film in quello stile: divertente e un po' pauroso allo stesso tempo e con dei personaggi sopra le righe, grotteschi. E poi sentivo che mi sarebbe piaciuto molto fare un film dal ritmo veloce per un pubblico giovane". Il risultato finale più che una rivisitazione dei grandi classici, sarà - con la sua circolarità (inizia e finisce con una zattera sperduta in mare aperto, quasi a sottolineare la potenza effimera del filibustiere che non può mai poggiare i piedi a terra) - una sorta di parodia di film come Il pirata nero, Capitan Blood, I bucanieri e gli altri 'classici del filone' (e nella scena del ratto sicuramente si può ritrovare una versione grottesca de La corazzata Potemkin).
Del film sicuramente va sottolineata la pienezza concettuale con le più squisite e rarefatte materie visive: ci sono l'alba e i tramonti color arancio, i viola dei cieli spagnoli, il mare che non è mai uguale a se stesso perché è segno di strenue simmetrie formali. C'è il gusto e il sentimento del colore come materia e come carne, come simbiosi con la memoria di un cinema che non è mai fermo ma ruota intorno a un universo che a sua volta gira incessantemente. Polanski, non mitizza niente.
Inserisce i temi cari: la coppia, già presente in un suo omonimo corto, del "grasso" e del "magro", ora complici, ora cacciatore e preda nella lotta per la vita; la religione e i suoi valori, mistificati e mistificanti, fortemente irrisi, la ricerca spasmodica di un tesoro-di un potere: il trono d'oro la cui conquista si rivela, hustonianamente, illusoria e vana, deludendo in tal modo le attese di quanti si aspettavano un film d'avventura classico.
I due protagonisti, il Capitan Red (con la faccia "di legno vecchio" di Walter Matthau), e il suo fedele Ranocchio (Chris Campion), oltre a costituire una coppia cosmica, o almeno grottesca, che ricorda quella Abronsius-Alfred di Per favore.non mordermi sul collo (ricordiamo che nel progetto originario del film Polanski pensava di interpretare egli stesso la parte del Ranocchio in coppia con Jack Nicholson) sono funzionali alla rappresentazione di una semplice filosofia di vita, racchiusa con paradigmatica evidenza, nelle prime inquadrature ed in quella finale: "Homo hominu lupus" con l'aggiunta del dubbio sia riguardo la reale verità di questo principio (Red sarebbe davvero disposto a mangiarsi Ranocchio pur di sopravvivere? Cosa farà dello splendido trono, il Novello Re Mida, quando sarà nuovamente ridotto alla fame e minacciato dagli squali?).
E dunque, grazie anche al cinismo che gli è caratteristico, Polanski riesce a divertire, dimostrando ancora una volta come sia breve lo scarto tra il comico ed il drammatico e come nella cornice adatta il primo prevalga senza chiaramente differenzarsi dal secondo.
Anche la descrizione minuziosa e realistica fino alla pignoleria dei particolari, spesso sbandierata dal regista come procedimento narrativo principe, secondo la lezione Kafkiana, per dare vita ad incubi e mestieri, si rivela strumento prezioso per evidenziare gli aspetti paradossali del comportamento comune, le piccole fatalità che possono mandare all'altro mondo o salvare la vita per un pelo, le componenti nauseabonde e repellenti (perciò antiromantiche) dell'avventura, nella fattispecie della vita di mare.
Un punto di vista 'infantile' nei confronti della Storia permette a Polanski (e alla sua strana coppia) di irridere, impunemente e prescindendo da una qualsiasi presa di coscienza, ogni forma di potere, civile e religioso, ed ogni cosiddetto ideale o sentimento.