E' stato trovato ancora vivo il feto di 22 settimane morto in seguito alle 3 dopo la mezzanotte all'ospedale di Rossano. E' stato ritrovato vivo dal cappellano che entrato nella stanza dove si trovava il feto che ha dato l'allarme. Fino a quel momento il medico e il personale presente al momento dell'aborto si era curato unicamente della madre: neppure un'occhiata al bimbo. E' un aborto. Poco importava se quel feto era vivo e respirava. Una storia cruda, di un cinismo da fare spavento. Potremmo fare i sentimentali e dire che è stato lasciato lì al freddo, da solo, magari ha piantoma non vogliamo. Ognuno pensi ciò che vuole. La verità stavolta, non è opinabile. Nessuno si è preso cura di lui, questa è la triste realtà. Nessuno ha provato a rianimarlo come anche la legge impone. E' questa la dolorosa considerazione che il Centro Aiuto Vita ingauno fa all'indomani del decesso del neonato. Quanto è accaduto ci dimostra ancora una volta quanto sia facile "banalizzare" l'aborto, che si riduce sempre di più ad una semplice operazione di routine e non interessa a nessuno porgere, neppure uno sguardo, a quel feto che potrebbe essere ancora vivo. Probabilmente, in questo caso, avrebbe avuto reali possibilità di sopravvivenza, magari qualcuno avrebbe potuto prendersene cura, forse quel "feto" sarebbe diventato un bimbo e sarebbe stato adottato e amato. Invece è morto nell'indifferenza più totale. Mai come oggi si fa urgente una "cultura per la vita" che ci guidi verso un maggiore rispetto della vita stessa e tuteli in modo più adeguato i più piccoli e i più deboli, coloro che non possono ancora far sentire la loro voce. Lo dichiara Ginetta Perrone presidente del Centro Aiuto Vita ingauno.