Savona - 16 aprile 2010, 15:59

Più carbone (e nucleare) per tutti

L'8 novembre 1987 l'Italia fu chiamata alle urne sul nucleare, e la risposta fu un NO secco. Uno dei quesiti proponeva "Esclusione della possibilità per l'Enel di partecipare alla costruzione di centrali nucleari all'estero." Contrari furono il 71,9% dei votanti. Poco importa. Tricche & ballacche e ENEL nel 2006 annuncia l'acquisizione della Società slovacca di elettricità, che la ricava al 38% dal nucleare.

 

Abbiamo Scherzato.

 

Poi apri un giornale l'altroiteri e leggi a tutta pagina una celebrazione d'azienda "Demont torna al nucleare all'estero: ora puntiamo l'Italia" (sic)

 

La "notizia" è la commessa tecnologica per la centrale nucleare ENEL di Mochovce, in Slovacchia, 850 km in linea d'aria da qui.

 

Segue l'intervista a Fabio Aztori che oltre ad essere amministratore delegato del Gruppo Demont è anche presidente dell'Unione industriali di Savona, che a domanda risponde: "... non c'è vento o sole che tenga, bisogna RIEQUILIBRARE le fonti di generazione verso il CARBONE E IL NUCLEARE".

 

Non c'è che dire, un bel passo avanti che ci riporta agli anni 60 o peggio, all'800. Consigliamo gita a Vado o a Bragno per verificare de visu.

Va detto che le dichiarazioni di Atzori sarebbero suonate più eleganti se pronunciate da altri. Dichiarazioni non proprio disinteressate visto che il Gruppo Demont, del quale è amministratore delegato e responsabile del settore caldaie, è fornitore di Tirreno Power sul controverso progetto di ampliamento della centrale di Vado con la "Fornitura ed installazione di 4 preriscaldatori acqua di alimento ad alta pressione CCGT + Unità a carbone (2 x 400 MW CCGT + 2 x 320 MW carbone) www.demont.it/index.php

 

Con la controllata SALPA Spa la DEMONT si è occupata della bonifica delle aree di Cengio e con la FIDIA della costruzione del delizioso Crescent. Ora la commessa da 23 milioni di euro per la centrale nucleare ENEL di Mochovce, in Slovacchia.

 

Ma la storia è molto lunga e interconnessa, e questo commento, breve.

Bene per l'occupazione di 1200 dipendenti, ma che il presidente dell'unione industriali savonese si spinga ad affermare, poche righe dopo un bel "più carbone in generale", suona male. Non solo in una provincia e una regione come questa già abbondantemente piagata dal carbone in tutte le sue forme e in tutti i suoi sperimentati effetti, ma anche alla luce di un palese conflitto di interessi diretti, che forse suggerirebbe, giusto per fair play e per rispetto della popolazione, una maggiore prudenza.

 

Mario Molinari