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| 28 dicembre 2012, 09:20

L’alluvione di Savona del settembre 1992

L’alluvione di Savona del settembre 1992

Era un tranquillo martedì di settembre, il 22, la pioggia era iniziata dal giorno prima e da pioggerellina era diventata sempre più insistente sulle case e sui quartieri di Savona, senza smettere neppure un minuto, ma quello che non si poteva vedere e immaginare era ciò che si preparava nell’immediato entroterra Savonese , infatti in quelle zone a monte di Savona, dalle nubi scure cadeva una quantità impressionante di precipitazioni che formava rivoli, torrentelli, ruscelli, cascate  che sempre più impetuosi e violenti scendevano dalle alture sino ai principali corsi d’acqua che procedevano velocemente a sfogarsi verso la costa, trascinando con sé ogni sorta di detrito, alberi di medio e grosso fusto, vegetazione, materiale di risulta, rifiuti vari e tutto questo materiale avrebbe prodotto una serie di tappi lungo i corsi d’acqua che discendevano verso il mare.

Basta ricordare che il torrente Letimbro che attraversa Savona passando sotto una decina di ponti e passerelle riceve acqua da ben 22 affluenti minori, più uno molto importante che è il Lavanestro.

La stessa situazione di pericolo si crea per il torrente Quiliano che riceve due affluenti e che corre per circa 15 chilometri nella valle omonima sino a Zinola, per sbucare in mare aperto. Medesima cosa ad Altare accanto a cui scorre il Bormida...

Quindi dopo due giorni ed una notte di precipitazioni ininterrotte, accade l’inevitabile, una serie di valanghe d’acqua, scendono verso il mare ad alta velocità, convogliando nel loro fronte tonnellate di materiale che colpisce con incredibile violenza i piloni dei ponti oppure saltandoli, esondando dagli argini in muratura, invadendo in moltissimi punti le strade provinciali e bloccando di fatto la circolazione stradale.

E’ una tragedia: in un punto a Vado Ligure, il Quiliano esonda con violenza, ed entra addirittura in una casa a piano terra, ne esce trascinando con sè una giovane madre con la sua bimbetta di tre anni, entrambi perderanno al vita.

A Montemoro, nei pressi della provinciale del Cadibona crolla una villetta unifamiliare abitata da una coppia, la moglie muore sepolta dalle macerie della loro casetta, il marito viene salvato.

Il primo fronte si apre ad Altare dove le strade sembrano essere colpite da un bombardamento aereo, voragini ovunque, montagne di detriti, gente trascinata dall’acqua per le strade, auto ribaltate che sembrano essere passate sotto una pressa, negozi sventrati ed allagati da un metro d’acqua, lampioni strappati come stuzzicadenti o piegati dalla piena, la stazione ferroviaria chiusa, collegamenti interrotti e assicurati solo dall’autostrada Savona – Torino.

Sull’altro versante, la bomba d’acqua scende a valle come un diretto, raggiunge Santuario, dove assedia l’ospizio, salta letteralmente il ponte danneggiandolo e continua in direzione di Savona. Raggiunge il centro del capoluogo gonfiando il Letimbro, nelle cui acque galleggia di tutto alberi, auto, pneumatici, carogne di animali.

Crolla il ponte, quello più verso il mare, della linea  ferroviaria con un fragore incredibile, poi viene fatta a pezzi la passerella pedonale alla foce. Tutti i ponti vengono interdetti alla circolazione, la città è tagliata in due tronconi, mentre il torrente in piena continua sfogarsi in mare.

Sotto un cielo plumbeo centinaia di Savonesi assistono increduli ed angosciati, al passaggio della valanga d’acqua che in più punti tracima e allaga alcuni quartieri. Le auto posteggiate sulle strade ai margini del letto del torrente vengono spostate in fretta e furia per impedire che cadano nel torrente. In alcuni punti gli argini di cemento sprofondano sotto la violenta spinta dell’acqua. I parapetti metallici dei ponti subiscono l’impatto violentissimo dell’acqua e delle cose che vi galleggiano, alcuni sono divelti altri deformati e rimangono in sede precariamente.

Una massa di acqua fangosa, densa e scura invade il mare, allargandosi a macchia d’olio e colma le spiagge di tonnellate di detriti di ogni genere che vi rimarranno per settimane.

Si mobilita la Protezione civile e vengono fatti affluire dei mezzi anfibi in attesa del peggio. Verso il tardo pomeriggio la pioggia cala di intensità e il pericolo viene a cessare, l’indomani il sole splende su una provincia messa in ginocchio, con tre morti e decine di miliardi di lire di danni, con fabbriche chiuse, collegamenti stradali e ferroviari interrotti e con la sensazione di forte precarietà che ti assale quando la natura e l’incuria del territorio ti fanno tornare alla realtà.

Anche io ero sugli argini ad osservare con un misto di paura e curiosità quello spettacolo, avevo in mano la mia macchina fotografica reflex e scattai queste foto per testimoniare questo disastro che colpì Savona.

Roberto Nicolick

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