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Finalese | 13 marzo 2019, 09:45

Il sogno di "Osky", ingegnere finalese che attraverserà l'Italia a piedi per dire no alla sclerosi multipla

Il viaggio "Osky4Aism" partirà domenica 17 marzo da Genova e si concluderà sempre nella Città della Lanterna dopo 259 giorni di cammino, 18 regioni, 6000 km percorsi. Anche "30 ore per la vita" seguirà l'evento

Il sogno di "Osky", ingegnere finalese che attraverserà l'Italia a piedi per dire no alla sclerosi multipla

Un giro d’Italia a piedi, partendo da Genova il prossimo 17 marzo e ritornando a Genova dopo 6000 km percorsi e 259 giorni di cammino.

Questo è il progetto di Marco Togni, ingegnere finalese 36enne, che per un anno della sua vita ha scelto di mettere in “stand-by” qualsiasi altro progetto e di dedicarsi con anima e corpo a questa iniziativa benefica, a sostegno dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla). Il “viaggio” (fisico, certo, ma soprattutto interiore) di Marco sarà seguito anche nell’ambito della maratona “30 ore per la vita”.

Marco è soprannominato dagli amici “Osky” e per questo motivo la sua “missione” ha preso il nome di Osky4Aism. L’ingegnere inizierà a camminare partendo da via Fillak, a due passi da quel Ponte Morandi protagonista di una grande tragedia alla vigilia dello scorso ferragosto ed il rientro è previsto sempre nella Città della Lanterna attorno a sabato 30 novembre (giorno più, giorno meno), dopo aver toccato tutte le 18 regioni peninsulari della nostra nazione.

Sui tre maggiori canali social attuali, Facebook, Instagram e Youtube, sono attivi dei profili “Osky4Aism” sui quali sarà possibile seguire le varie tappe di questo percorso.

Abbiamo intervistato Osky per farci raccontare qualcosa di più non solo sugli aspetti tecnici della vicenda, ma soprattutto sulle emozioni che ne detteranno il passo.

Innanzitutto come hai progettato un giro d’Italia a piedi?

“Era un’idea che avevo in mente da una decina d’anni, posso definirla il mio classico sogno nel cassetto. Lo scorso anno, però, durante una vacanza a Boston, è come se fosse scattato qualcosa, come se si fosse accesa una lampadina. Ho iniziato a mettere in fila idee su idee fino ad arrivare al punto che mi sono accorto che ormai la maggior parte del progetto era fatta, non dovevo tirarmi indietro”.

In tempi di crisi come questi quanto coraggio ci vuole a lasciare un lavoro?

“Io mi occupo professionalmente di far quadrare i principali aspetti gestionali e logistici di un’azienda. Per cui il mio lavoro di per sé è già molto itinerante: quando ho contribuito a risanare tutti gli aspetti che necessitavano di ottimizzazione capisco che il mio lavoro con quel cliente è finito, ci salutiamo e inizio presso un altro. Stavolta, però, anziché riprendere l’attività presso una nuova azienda ho messo lo zaino in spalla…”

E come pensi che cambierà la tua vita dopo questi 259 giorni di cammino?

“In realtà è già cambiata tantissimo. A cominciare dal fatto che con tutto il personale Aism che mi ha seguito ho stretto un legame sempre più forte, fino ad arrivare al punto che nei miei sogni questa inizialmente era una camminata, comprendente anche una finalità benefica. Nel rapportarmi con i miei interlocutori il quadro in me si è rovesciato: ora prima di tutto viene lo scopo umanitario e poi il giro d’Italia. Il mio modo di essere è cambiato in tutto: nel mio lavoro ero abituato ad agire da solo o dialogando con team molto ristretti, adesso ho capito che cosa vuol dire fare un forte gioco di squadra coinvolgendo numerosi interlocutori”.

Quando rientrerai, quale sarà la prossima missione?

“Non voglio ancora pensarci. Sto per realizzare un grande sogno nel cassetto e voglio mettere tutte le mie energie in questo”.

Alberto Sgarlato

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