A Savona e' una afosa mattina di luglio, la gente si prepara per andare al mare.
Io e la Signora Mimosa ci apprestiamo ad andare in ospedale, in Oncologia, per le cure programmate. Gentilmente, i medici le hanno prenotato più terapie in una sola giornata, in modo da arrecarle meno disturbo possibile.
La Signora Mimosa arriva nel reparto, entra, saluta, effettua il prelievo, poi la accompagno al bar a fare colazione e ci sediamo per attendere i risultati.
Intanto entra il Signor Mughetto, tutto agitato perche' sua moglie, la signora Lavanda, e' caduta nel corridoio. Mughetto si affretta a chiamare il personale per disinfettare la ferita, che sanguina. Il Signor Mughetto e' premuroso, preoccupato, la signora Lavanda, gracile di corporatura e minata dal male, si regge a stento in piedi. Quando la accompagneranno in sala prelievi, dovranno aiutarla a camminare, perche' barcolla. Una pena infinita.
Anche se oggi fuori l'afa e' insopportabile, nel reparto di Oncologia c'e' una buona temperatura, con il condizionatore che funziona a regime medio, rinfrescando ma senza esagerare: le condizioni ideali per i malati e per i parenti che li accompagnano.
Il Signor Girasole esce dalla sala prelievi evidentemente provato. Pallido, trema, lo sguardo spaventato. Si siede davanti a me. Lo attendono sulle sedie vicine, impazienti, i congiunti, anche lui e' ancora digiuno. La famiglia, premurosa, gli si stringe intorno e la figlia gli sporge una brioche con la marmellata di albicocche, la sua preferita – ne ha alcuni alberi nell'orto, gli ricorda la sua infanzia. Il Signor Girasole si schermisce, non ha fame, ma la ragazza insiste perentoria. “Devi mangiare, niente storie, sei debole.”
E Girasole si mette a sbocconcellare svogliatamente la sua brioche, poi ci si appassiona e per fortuna gli ritorna un po' di colorito in volto. La figlia gli porga anche un bicchiere d'acqua, ma quella non gli va giù, davvero, non ce la fa a trangugiare altro, neppure il the, che le infermiere, accoglienti e provvidenziali, mantengono sempre sul tavolino self-service in un angolo del corridoio, per i pazienti che lo desiderano. Il Signor Girasole, sempre di fronte a me, si mette a parlare del piu' e del meno con la sua famiglia, aspettando i risultati delle analisi. Se gli esiti saranno confortanti, sara' sottoposto in mattinata alla chemio. Io guardo fisso per terra, ma penso e penso a quanto dolore c'e' in questo reparto, in questa città....
La signora Calla, alta alta, magra, magra, entra e saluta tutti cortesemente. Si avvicina alle infermiere con fare discreto, sussurra loro qualcosa con fare guardingo e subito viene messa in attesa di fronte alla sala delle visite, munita di numerino...rosso o verde.
Altri pazienti attendono di fare i prelievi, altri per le medicazioni, altri attendono i risultati delle analisi per poi andare a fare la terapia. Il reparto e' dotato di una segreteria, tre sale mediche, due ambulatori e poi, dietro una porta con accesso a codice, altre numerose sale di cura, tra cui la famigerata sala 3, dove vengono effettuati prelievi e terapie, dove vengono indirizzati quasi tutti i malati. Mi si stringe il cuore.
Il personale e' molto gentile, tutti ti salutano affabilmente, ti sorridono, ti chiamano per cognome, ti ascoltano con attenzione guardandoti negli occhi, ti danno consigli o ti mandano dal medico per le visite. Davvero un buono staff, umano ed efficiente, amichevole.
Mentre i pazienti, lentamente, arrivano, i tre medici stanno visitando, ognuno nella sua saletta. Qualcuno di loro questi giorni e' in ferie, ma si sa, luglio e' un ottimo mese per prendersi qualche giorno di vacanza...dopo tutto, con un lavoro, cosi stressante, immersi nel dolore altrui, tutti i giorni, hanno ben bisogno, ogni tanto, di cambiare un po' aria....c'e' di che impazzire.......
Quando viene chiamato il Signor Ranuncolo, un uomo di media eta', sportivo, abbronzato e dall'aspetto assolutamente sano, nonostante il reparto dove e' in cura, mi colpisce che entra con lui tutta la sua famiglia, la moglie, la prole....
Io non vorrei osservare, me ne sto concentrata tentando di pensare ai fatti miei, ma l'atmosfera e' cosi pensante, la' dentro, con quel groviglio di sofferenze intrecciate, di lotta per la vita, nonostante il comfort ed il calore umano, che non mi riesce neppure di leggere.
E come me tanti altri, malati ed accompagnatori. Ognuno immerso nei suoi tristi pensieri, ogni tanto si alzano gli occhi, ci si guarda, ci si scruta, ci si interroga sul perche'. E gli sguardi restano muti, gli occhi pieni di disperazione. Anche se non vuoi, anche se non vorresti, ti viene naturale di scambiare uno sguardo con gli astanti, di regalare un sorriso solidale, di liberare una sedia dalle borse di libri che ti sei portata per ingannare il tempo nell'attesa, per lasciar sedere un malato, di chiederti <<perche' a lui e' venuto il cancro e non a me?>> (almeno per ora).......e non saperti dare una risposta....
La gente che entra in Oncologia e' tanta, un flusso continuo per tutta la mattina, giovani, di mezza eta', più anzianotti, arrivano da soli, con parenti, coi figli, spavaldi o spaventati, ognuno reagisce a modo suo. A me pare una processione ininterrotta, drammatica, incalzante, invece la Signora Mimosa interrompe le mie riflessioni ed esordisce: “Guarda, pero', oggi c'e' davvero poca gente, di solito non si riesce a trovare una sedia libera........” Rabbrividisco, tra me e me, e mi domando nel panico: PERCHE' TUTTO QUESTO? La provincia di Savona: una serra avvelenata per troppi fiori ammalati...........
Un istante dopo entra la Signora Sterlizia, saluta e sorride amabile. Non puoi non notarla: bella, giovane, elegante, esuberante, alla moda, allegra, raggiante, fino un filino troppo rumorosa, considerate le circostanze, dispensa sorrisi e cicaleccio a chi conosce. Attira su di sè tutti gli sguardi. Ti viene da pensare che sia venuta ad aspettare un parente, che sia venuta a parlare con un medico, che le serva una ricetta.........invece quando il dottor Fede la chiama, lei estrae allegramente la cartella clinica dalla borsa ed entra nell'ambulatorio..........
Io sono sempre piu' triste e depressa. La domanda “perche' a loro sì e a me no???” non mi abbandona un minuto, oscillo tra la rabbia, l'impotenza e l'imbarazzo.
Mentre vago con la mente, immersa nei miei pensieri, vedo entrare un altro personaggio, che si accaparra subito gli sguardi di tutti gli astanti, la Signora Dalia. Anche lei giovane, bella, distinta, abbronzata, elegante, ci saluta tutti e si va a sedere vicino ad una sua conoscente, la Signora Iris, anch'essa in attesa. Nel piccolo ambulatorio risuonano le loro voci giovanili: “Come stai?” “Bene, e tu?” e iniziano un fitto chiacchiericcio sotto voce. Sono due pazienti oncologiche, apparentemente due buone amiche in conversazione, ...sorridenti e spensierate......mi viene un nodo nello stomaco. Una di loro ha l'avambraccio bendato, con le cannule della terapia pronte che penzolano...ammiro la sua forza, e torno a rabbrividire.
La cosa raccapricciante e' quanti siano questi malati, e l'eta' media, spesso molto bassa, ragazze giovani, giovani spose. Ce n'e' una, la Signora Flora, accompagnata dal marito, Signor Glicine, di cui portero' sempre il ricordo con me con me finche' campo. Il suo sguardo rassegnato, la pelle giallastra per il morbo, sciupata nonostante la giovanissima eta', la triste bandana a coprire pietosamente la testa calva, e gli occhi di lui, muti, imploranti, speranzosi e al tempo stesso disperati, mi resteranno a lungo nel cuore. Anche in nome loro portero' avanti la mia battaglia per la prevenzione del cancro, tentando di evidenziare ed eliminare le cause scatenanti
La Signora Mimosa, che frequenta Oncologia regolarmente da parecchi anni, ormai conosce molti pazienti, e dispensa a tutti una parola, un sorriso, un consiglio. Io resto a testa bassa, impotente di fronte a tanto dolore ed a tanta forza.
Si lascia andare: “Sai, ti ricordi la Signora Gelsomina, la sorella dell'amico di zia, Enzo? Anche lei era in cura qua, ogni tanto la vedevo arrivare con una torta – era una cuoca eccezionale – si lasciava dietro un profumo di zucchero vanigliato....Non ce l'ha fatta, se ne e' andata la settimana scorsa. Suo marito, il Signor Tulipano, non ha retto il dolore, e dopo quattro giorni l'ha raggiunta. Un famiglia finita in meno di una settimana...” Taccio, un nodo mi sale in gola. Li ricordo, felici e spensierati, un po' di tempo prima, per le vie del mio quartiere, o a zappare il loro orticello in Piemonte ed a raccogliere le verdure per tutto il vicinato. Uniti nella vita e nella morte.
Vicino alla Signora Mimosa va a sedersi il Signor Giacinto, si salutano, incrociano gli sguardi, poi Giacinto sprofonda nel silenzio e nell'immobilismo. Durante la mattina, per i vari trattamenti e per la visite, i pazienti cambiano posto molto spesso, a seconda di dove fanno la coda, ma il Signor Giacinto resta lì, immobile, senza una parola, davanti agli ambulatori, aspettando il suo turno. Per caso, a meta' mattina, mentre gli sono vicino, vedo che estrae il fazzoletto dalla tasca ed asciuga gli occhi. Più volte. Sudore? Ohime', abbasso lo sguardo, ma temo siano lacrime.
Mimosa, per ingannare l'attesa, mi racconta ancora: “Queste chemioterapie sono potenti veleni, ma sono la nostre unica speranza di salvezza. Hai sentito il Dottor Carita', devo solo pregare che funzioni, non c'e' nessuna certezza che riesca a fermare le mie metastasi, ma io ci spero davvero. VOGLIO VIVERE ANCORA. VOGLIO VEDER CRESCERE LA MIA NIPOTINA Fiorellina. Ti ricordi di quel caso pietoso, della Signora Verbena, incinta, con un tumore gia' molto avanzato, che doveva fare la chemio? La chemio e' incompatibile con la salute del feto, ci ha rinunciato per salvare la piccola Genzianella e Verbena e' morta, ma per fortuna la bambina e' nata, e' viva e sta bene!.” Non posso crederci....Neonata e gia' orfana, penso io...Genzianella e' viva, sì, ma come si puo' star bene senza le cura amorevoli di una mamma? Senza conoscerla? Senza sentire le sue ninne nanne o il calore del suo petto? Una tristezza infinita mi assale, le lacrime mi pungono ancora gli occhi. Il magone mi soffoca.
Mi piacerebbe sapere che cosa dicono i medici di tutto questo, tranne pochissimi pero' non commentano e non si sbottonano. Ma forse che percentuali di questo tipo di patologie tumorali e leucemiche sono normali in una tranquilla provincia boscosa, baciata dal mare? Temo proprio di no...
Mentre aspetto la Signora Mimosa, che nel frattempo e' entrata nelle sale delle terapie, càpito di nuovo davanti alla famiglia del Signor Girasole, che lo sta aspettando....cerco di concentrarmi sul libro ma non riesco, provo a disegnare ma non esce nulla, il filo del lavoro all'uncinetto non mi scivola tra le dita sudate, penso, penso, penso incessantemente, poi sento qualcosa di caldo che mi scende dalla guance, capisco che sto iniziando a piangere, ma non riesco a fermarmi. Sto troppo male a vedere tutto questo. La figlia di Girasole mi guarda si sfuggita, capisce, abbassa lo sguardo. Ci scambiamo una occhiata intensa, lei mi esprime solidarietà, ma resiste. Invece le lacrime mi colano dagli occhi, sommessamente, silenziosamente, non so respingerle, un nodo mi attanaglia l'ugola, non so combattere tutto questo dolore, se non lasciandolo sgorgare dalla mia anima. Con un senso di rabbia e di impotenza indescrivibile.
Tra questa umanita' dolente mi sento quasi in colpa di essere (forse, per ora) sana, mi sento fuori posto, ma non posso non partecipare al loro dolore muto. La cosa che piu' mi colpisce nei malati oncologici sono gli occhi. Resto immersa nei miei pensieri, ma se per caso alzo lo sguardo, e incontro gli occhi di qualcuno, ci vedo un muro nero, un mare di sofferenza, ed anche un punto interrogativo nero e disperato: Perchè? Perchè a me?
Perche' i nostri politici non si fanno in giro in Oncologia? Tanti politici rampanti ed imprenditori spavaldi, fatevi in giro tra i malati di cancro, e ponetevi un po' di domande sullo stato di inquinamento della nostra provincia. Perche' i malati sono così tanti? Perchè non fate nulla per fermare questa strage silenziosa, che urla vendetta?
Poi, in mezzo a tante lacrime, una nota quasi allegra. Dalla sala terapia esce la cugina di Girasole, la Signora Violetta, che lei in cura. Un donnino mingherlino ma pieno di verve e di energia. E' confusa, ha sbagliato ora dell'appuntamento e per un disguido ha dovuto aspettare a lungo. Ansima. Racconta che si sente sollevata perche' si e' tolta il peso della dolorosa terapia, che sta meglio, domani le tolgono i tubicini e sara' piu' libera. Si siede davanti a me – io sempre con gli occhi bassi, cercando di interessarmi al mio depliant – pian pianino si calma e tenta di scherzare coi parenti. Li saluta: “Allora ci vediamo <<su>>.”
Il Signor Girasole la sgrida: “Ma non vuoi vivere ancora un po'? Vuoi andare <<su>> in Cielo? e lei “Ma hai capito male, con <<su>> intendevo ad Altare, venite <<su>> a trovarmi e vi do' un po' di verdura dell'orto...”
Altare? Ma cosa c'e' ad Altare che fa ammalare la gente? Non e' uno sperduto paesino in mezzo ai verdi boschi? Comunque l'atmosfera si fa piu' leggera e alla famigliola scappa un debole sorriso.....
Passa qualche minuto, Mi sento degli occhi addosso, devo avere ancora i miei lucidi, anche se sono seminascosta in un angolo appartato. E' un angelo biondo che mi fissa, la Signora Nontiscordardime. Trent'anni nemmeno, capelli biondi corti, sguardo sbarazzino, fossette, sorriso comunicativo, la Signora Nontiscordardime mi fissa incredula e sorride. Eppure lei e' seduta in attesa di medicazione, io in teoria sono solo una dama di compagnia...lei sorride, e io lacrimo....anche lei mi restera' nel cuore, coi suoi occhi da cerbiatta e le sue fossette nelle guance da bambina, tutta vestita di bianco, diafana come un fantasma.....Dio mio, ma cosa ci fa qui una così?
Un Angelo....Ma sara' mica malata anche lei? - mi chiedo con trepidazione. Non ho risposta, perche' nel frattempo la signora Mimosa esce dal corridoio ed ha finito i trattamenti. Adesso andiamo a prendere le medicine in farmacia e torniamo a casa. Nel corridoio Mimosa, con noncuranza, mi dà la mazzata finale: “Sai, a furia di venire qui ci si conosce, ci si incontra, si scambiano due parole, ci si fa coraggio. La tragedia è che ogni tanto uno sparisce, e non sai mai se e' guarito, se gli hanno sospeso la chemio o se e' morto. Si vive così, rubando ogni attimo, e ringraziando il Male per ogni giorno che ti lascia ancora vivere..decentemente.”
Questo racconto e' dedicato, con tanto rispetto e tanta dedizione, a tutti coloro che si sono ammalati, che combattono contro il male o che non ci sono piu', se non nei nostri cuori.
Ai politici, ai nostri amministratori, ai direttori delle industrie inquinanti di Savona e provincia una sola, drammatica, cruciale domanda:
Perche'? E perche' così tanti?
Chi rendera' mai giustizia a tutte queste vittime innocenti? Chi dara' un senso a tutta questa orribile sofferenza? Tutto questo non ha un prezzo? Non vi sentite colpevoli? “Anche se voi vi sentite assolti, siete lo stesso coinvolti...diceva Fabrizio De Andre'....”
Esimi signori, e se capitasse a voi ed ai vostri cari, cosa fareste? Lo sapete che SIAMO TUTTI SULLA STESSA BARCA? RESPIRIAMO TUTTI LA STESSA ARIA, ASSORBIAMO TUTTI GLI STESSI VELENI? PERCHE' NON VI PRENDETE SERIAMENTE CURA DI NOI E DEL TERRITORIO, E NON INIZIATE UNA POLITICA DI PREVENZIONE AMBIENTALE DELLE PATOLOGIE TUMORALI, ANZICHE' SOLO DI CURA?
In bocca al lupo a Tutti Noi Cittadini Savonesi, combattendo con coscienza critica e determinazione per un mondo meno inquinato e meno terribile. Bastaveleni! Basta.